| ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Alla memoria di 269 vittime
Presentazione - pag. 5
Premessa - pag. 9
LA PERIZIA DI PARTE CIVILE, di Floriano Calvino 15
CONSIDERAZIONI TECNICHE DOPO IL PROCESSO DI PRIMO GRADO, di Sandro Nosengo e Giovanni Bassi - 29
LE COLPE DEGLI IMPUTATI, di Vanni Ceola - 49
LA MONTEDISON: SUPERFICIALITA' E PROFITTO, di Paolo Berti - 75
IL SONNO DELLA RAGIONE HA DISTRUTTO STAVA, di Francesco Borasi - 89
I ROTA: DAI GELATI ALLE MINIERE, di Rita Farinelli - 113
LE OMISSIONI DI CURRO' DOSSI E PERNA, di Lorenza Cescatti - 129
IL RUOLO DEL DISTRETTO MINERARIO, di Sandro Gamberini - 143
DAL VAJONT A STAVA: LA MONTEDISON NON E' CAMBIATA, di Sandro Canestrini - 161
Dalla relazione della Commissione tecnico-amministrativa di inchiesta nominata dal Consiglio dei ministri - 179
Dall'articolo: «I bacini di decantazione dei rifiuti degli impianti di trattamento dei minerali» del prof. Giovanni Rossi (Industria Mineraria, nn. 10 e 11, 1973) - 193 di Floriano Calvino
I colpevoli del disastro La colpa della catastrofica alluvione di melma che il 19 luglio 1985 irruppe nella val di Stava, devastandola e uccidendo 269 persone, va ascritta principalmente alle dirigenze centrali, amministrative e tecniche, del settore minerario della Società Montecatini, poi Montedison, e della Società Fluormine: per aver promosso senza adeguato supporto tecnicoscientifico - dando così prova di negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza delle buone regole - la costruzione nel 1961 del primo e nel 1969 del secondo bacino di decantazione sterili della miniera di Prestavel e la loro sopraelevazione ad altezze rispettivamente di circa 30 e di circa 33 metri, altezza quest'ultima stabilita nel 1975 in base a calcoli errati, ma non raggiunta a causa dell'improvviso rilascio di gran parte del sedimento non consolidato. L'imputazione va estesa alle competenti autorità minerarie: per non aver assolto al compito istituzionale di assicurare che il deposito del materiale sterile fosse realizzato nel rispetto della sicurezza dei lavoratori e dei terzi.
Ogni catastrofe industriale provoca l'emanazione di norme tendenti a far sì che non si ripeta. In attesa di una specifica normativa, vi viene fatto riferimento alle già vigenti ed avanzate «Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e 2 sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione», promulgate con Decreto 27/1/81 dal Ministro dei LL.PP. di concerto con il Ministro dell'Interno e pubblicate sul Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 37 del 7/2/81. Dalle disposizioni e dalle norme tecniche anzidette si può trarre un quadro delle buone regole di condotta che si sarebbero dovute osservare da parte delle società concessionarie e degli organi pubblici di controllo. Le disposizioni obbligano alla presentazione, per l'autorizzazione dell'autorità mineraria, di un progetto dei bacini di nuova costruzione, contenente fra l'altro i risultati di studi geologici, geotecnici, idrologici e, in particolare, indicazioni sui seguenti elementi essenziali: - stabilità dell'insieme manufatto - terreno di fondazione, nelle condizioni corrispondenti alle diverse fasi costruttive e al termine della sua costituzione; - abbattimento e controllo della piezometrica (falda freatica) interna al rilevato; - determinazione delle caratteristiche del materiale da depositare, in varie condizioni di saturazione d'acqua; - calcoli statici per la determinazione del coefficiente di sicurezza, che in nessun caso dovrà essere inferiore a 1,2 per i manufatti in aree pianeggianti ed a 1,3 per quelli ubicati su pendii. (1) Per bacino stabilizzato si deve intendere quello in cui il drenaggio interno da sedimenti fini (limi) ne ha comportato il consolidamento, cioè il rassodamento per graduale espulsione dell'acqua. - calcoli idraulici e statici di progetto; - piano di ricupero territoriale e di stabilizzazione delle aree utilizzate.
Il D.M. cui viene fatto riferimento nelle suddette disposizioni riguarda anche la precisa materia dei bacini di decantazione sterili, nella sezione I, dedicata a discariche e, per l'appunto, colmate. Vi sono stabiliti, già nel 1981 i criteri generali e specifici per il loro progetto, la costruzione ed il collaudo. In linea generale, le scelte di progetto devono sempre essere basate sulla caratterizzazione geotecnica del sottosuolo, ottenuta per mezzo di rilievi, indagini e prove. I calcoli di progetto devono comprendere le verifiche di stabilità, tenendo conto della natura dei terreni presenti nel sottosuolo. I risultati delle indagini, degli studi e dei calcoli geotecnici devono essere esposti in una relazione, che farà parte integrante degli atti progettuali, al pari della relazione geologica. Il collaudo dovrà accertare la rispondenza delle opere eseguite alle previsioni progettuali e quella dell'esecuzione alla normativa, tenendo conto di tutti i dati rilevati nel corso della costruzione.
L'insieme delle norme tecniche e delle disposizioni attualmente vigenti ci fornisce una precisa cognizione di quanto si sarebbe dovuto fare nelle fasi della progettazione, autorizzazione, costruzione, collaudo e progressiva sopraelevazione dei bacini di decantazione di Prestavel. Sappiamo che, invece, poco o nulla è stato abbozzato fra quanto occorreva porre in essere per rispettare le buone regole dell'arte. In particolare è mancato - ed è passato inosservato agli occhi delle autorità minerarie - il ricorso a specialisti di provata competenza nelle discipline afferenti alle condizioni di sicurezza: geologia, geotecnica, idrologia, costruzioni idrauliche. Soprattutto costruzioni idrauliche, perché, se è vero che i bacini di decantazione non sono dighe, è altrettanto inconfutabile che siano egualmente delle opere idrauliche, non di rado impegnative, di grosse proporzioni e gravide di maggiori rischi a confronto di normali manufatti "asciutti".
A riprova di ciò sta il fatto che la Commissione Internazionale delle Grandi Dighe, con sede a Parigi, si è sentita in dovere di redigere nel 1982 un manuale bilingue di 240 pagine, interamente dedicato all'argomento. Gli specialisti delle varie discipline interessate agli aspetti tecnico-scientifici dei bacini minerari di decantazione sterili esistono da gran tempo in Italia e sono spesso chiamati a prestare la propria opera anche all'estero. Esistevano senz'altro al tempo delle decisioni di realizzare i bacini di Prestavel, come liberi professionisti o come universitari, con proprie associazioni e riviste tecnico-scientifiche. Prima di Stava e specialmente dopo Stava so per certo che molti di essi sono stati chiamati a controllare discariche e colmate in tutto il Paese. Le società concessionarie della miniera di Prestavel, tuttavia, si son volute arrangiare, impegnando semplicemente la scarsa competenza specifica di personale dipendente, tanto per il concepimento e l'avvio degli impianti di decantazione, quanto per il loro esercizio routinario. Il risultato si è visto.
La responsabilità di quanto e accaduto in val di Stava ricade pertanto sui vertici della dirigenza tecnica e amministrativa delle società concessionarie e su chi non ha provveduto a far loro osservare l'irregolarità della loro condotta, benché preposto ad uffici pubblici a tal fini istituiti. L'ingegnere minerario o il perito minerario, direttore o capo servizio della miniera o della laverìa, non potevano assolutamente sommare in sè le competenze specialistiche necessarie. E' vero che il tecnico di miniera è un tuttofare, in genere preparato in ottime scuole italiane ad occuparsi di molti settori dello scibile, più di ogni altro tecnico industriale, ma proprio per questo non è in grado di assolvere a compiti propri del professionista che si dedica interamente alla geologia, alla geotecnica, all'idraulica, eec. Le società industriali di una certa importanza, se alle prese con problemi specialistici non consueti, creano propri uffici-studi o servizi tecnici centralizzati, ma non di rado fanno ugualmente ricorso a consulenti esterni, come di regola è giusto pretendere che facciano le imprese minori. Anche i dirigenti degli organi pubblici di controllo, come il Genio Civile del Corpo delle Miniere, sebbene si tengano costantemente aggiornati sotto il patto tecnico-scientifico, si avvalgono spesso di specialisti privati o ne suggeriscono l'impiego alle imprese. Nel caso dei bacini di Prestavel è purtroppo mancato il necessario supporto tecnico-scientifico, sia da parte degli imprenditori, sia da parte dei competenti Uffici minerari.
Come si è comportata la Montecatini nel 1961, allorché si trattò di decidere l'ubicazione e le modalità costruttive del primo bacino? Malgrado fosse la maggiore industria chimica italiana, adusa a giovarsi della collaborazione di ogni tipo di consulente, anche straniero, e una delle principali compagnie minerarie del Paese, si rivolse ad un giovane dipendente della miniera.
Il luogo prescelto era una radura in parte acquitrinosa, donde il nome di Pozzole della località. Secondo l'ing. Rossi, la presenza di pozze d'acqua nell'area del bacino offriva la garanzia dell'impervietà del sottosuolo e quindi dell'impossibilità d'inquinamento della falda freatica sottostante. Il rilevato di materiale filtrante avrebbe drenato l'acqua del deposito, prima che potesse eroderne la scarpata. Nel suo articolo del 1973 il prof. Rossi ammonisce che per la scelta dell'ubicazione di un bacino di decantazione «non sara mai sufficientemente auspicata la collaborazione tra l'ingegnere minerario, l'ingegnere geotecnico ed il geologo». Peccato che, essendogli mancata a Prestavel tale collaborazione - certo non per colpa sua - abbia scelto la località Pozzole, dal sottosuolo ghiaioso, permeabile, con falda freatica saltuariamente affiorante in polle sorgive, cioè tutto il contrario di come lui se l'era immaginata! Con buona pace, comunque, per l'inquinamento paventato, dato che l'effluente veniva scaricato tal quale nel vicino Rio di Stava, donde avrebbe avuto modo di passare egualmente nelle falde idriche sotterranee.
Nel suo articolo il prof. Rossi aggiunge che l'ingegnere geotecnico provvederà ad accertare le condizioni di stabilità delle sponde e delle fondazioni del bacino e che per eseguire i calcoli di stabilita «occorre conoscere la posizione della falda freatica all'interno dell'argine». Peccato che i calcoli statici a Prestavel siano stati affidati - come il prof. Rossi asserisce davanti al Procuratore - all'impresa costruttrice delle infrastrutture, cioè alla ditta dell'ing. Piombo di Bolzano, la cui competenza geotecnica è tutta da dimostrare e la cui presenza in cantiere per sorvegliare la futura falda freatica all'interno dell'argine era comunque inverosimile in partenza.
Nell'articolo su «L'Industria Mineraria» il prof. Rossi riferisce che le prove di resistenza sui terreni consistettero in prove di carico 'in situ' e ne dimostrarono la scarsa resistenza, per cui fu provveduto a realizzare la conduttura delle acque chiarificate con particolari accorgimenti. Va notato che nel giugno 1985 la conduttura si ruppe irrimediabilmente; e dire che erano stati collocati nei bacini solo i 3/4 del materiale preventivato nel 1961!
Da quanto finora detto si evince che nel 1961 fu prescelto un sito per il primo bacino - condizionando cosi anche l'ubicazione del secondo - di caratteristiche assolutamente inadeguate, senza far nulla per correggere almeno in parte tali caratteristiche. Il terreno di fondazione era permeabile ed acquifero fino a livello della superficie, quindi in grado di contenere acqua, che il rilevato, addossandosi i suoi fanghi al pendio naturale, avrebbe contribuito a mettere in pressione. Il terreno di fondazione era molle in alcuni punti e causa di cedimenti differenziali, anche lungo l'appoggio della pericolosa condotta delle acque chiarificate, sepolta sotto il rilevato. Il terreno era in pendenza, e quindi tale da richiedere un margine di sicurezza più ampio rispetto al terreno in piano, in quanto più rischioso.
A dispetto di tanto infelici premesse, nel 1969, con la miniera affidata alia direzione dell'ing. Fiorini, la Montedison - nata nel 1967 dalla nota fusione - decise la costruzione del secondo bacino, fondandolo in parte sulla "sabbia mobile" (eufemismo per melma) del primo bacino. Non è da credere che si facesse assegnamento sul consolidamento di tale melma per graduale, seppur tardivo prosciugamento per drenaggio. Infatti, il primo bacino fu conservato attivo, come luogo di ulteriore decantazione delle acque sfiorate dal secondo, cioè fu mantenuto costantemente coperto da uno specchio d'acqua e pertanto fu sede di continua infiltrazione Per questa ragione nel 1985 proruppero anche dal primo bacino melme ivi depositate da almeno 16 anni (!) in condizioni di consolidamento impedito.
La progettazione del secondo bacino fu anch'essa «fatta in casa»; si direbbe che sia stato creato a immagine e somiglianza del primo, per imitazione artigiana, seguendo istruzioni puramente orali, visto che non è stato reperito alcun documento scritto o grafico che avesse la parvenza di un''espressione di intenti costruttivi.
Bisogna arrivare al 1975, cioè 6 anni dopo l'entrata in esercizio del secondo bacino, con la concessione già passata alla Fluormine e la direzione della miniera affidata all'ing. Morandi, per ottenere una relazione tecnica di carattere progettuale.
La relazione d'altra parte non era una manifestazione di improvviso scrupolo tecnico-scientifico espressa 'motu proprio' dalla nuova concessionaria. Per vero si era resa necessaria in quanto, alla domanda avanzata il 12 giugno 1974 dalla Fluormine di occupare ulteriore terreno boschivo con il bacino, il Comune di Tésero, preoccupato aveva chiesto in data 1 agosto 1974 un parere all'Assessorato Industria della Provincia autonoma di Trento, provocando così la richiesta del 13 agosto 1974 da parte del Distretto Minerario, afferente allo stesso Assessorato, di uno studio sulle condizioni di stabilità presenti e future del bacino.
Oltre un anno dopo, il 27 ottobre 1975 la Fluormine mandava al Distretto Minerario lo studio dal titolo «Ampliamento bacini di decantazione. Relazione tecnica».
Per la raccolta degli elementi progettuali e per i calcoli di stabilità la Fluormine non ha fatto ricorso a professionisti di provata competenza e specializzazione, bensì ancora una volta, al pari della Montecatini nel 1961 e della Montedison nel 1969, al personale impiegato presso la miniera, questa volta con la collaborazione - che non sarebbe affatto esatto chiamare esterna - dell'ing. Antonio Ghirardini.
L'ing. Ghirardini - interrogato dal Procuratore della Repubblica il 4 settembre 1985 - era stato per 33 anni alla sede di Milano della Montecatini, dove seguiva la progettazione di impianti idroelettrici che, com'è noto, la società affidava a studi professionali esterni. Da poco più di un anno era alle dipendenze della società 'Solmine' del gruppo EGAM, dove si occupava della progettazione di "infrastrutture" non meglio specificate.
Fu incaricato nel giugno 1975 dall'amministratore delegate della 'Solmine e della Fluormine, cariche riunite nella persona dell'ing. Bonetti, di redigere insieme ai tecnici della miniera ed al direttore generale della Fluormine, ing. Toscana, uno studio di fattibilità del sovralzo del secondo bacino.
L'ing. Ghirardini si è dichiarato estraneo a quel particolare campo, ma competente in fatto di stabilità dei rilevati in terra. La cosa pare tuttavia discutibile, almeno dal punto di vista tecnico-scientifico, ciò non toglie che effettivamente avesse una certa pratica empirica in materia di rilevati non idraulici, per esempio stradali. Fatto sta che, recatosi a Prestavel, redige una nota in cui dice che la scarpata del bacino presenta inclinazioni veramente eccezionali e che la sua stabilità è al limite. Suggerisce campionature, prove, ricerca della falda, esame analitico e comparative delle risorgive esterne (lui le aveva viste). Ritiene indispensabile un addolcimento della scarpata, dai 40 gradi attuali a non più di 32-35 gradi.
Delle indagini richieste viene fatto ben poco. In particolare, non viene eseguita alcuna attendibile verifica della consistenza dei sedimenti di fondazione del secondo bacino, appartenenti al primo, né alcuna prova geotecnica per accertare le caratteristiche dei materiali fini interessati dal più profondo dei due cerchi di scorrimento analizzati, cui viene attribuito arbitrariamente un angolo d'attrito di 30 gradi; quanto alla falda interna al rilevato, si finisce per assumere che addirittura non esista!
I calcoli di stabilità, con tali premesse, danno risultati apparentemente positivi, anche se i coefficienti di sicurezza dichiarati (1,14 e 1,26) oggi non sarebbero considerati accettabili e, come presto vedremo, non lo erano neppure all'epoca.
Va intanto osservato che lo "specialista" Ghirardini, che si riconosce autore di quei calcoli, era così competente in geotecnica da non aver considerato cerchi di scorrimento veramente critici, cioè dotati dei minimi coefficienti di sicurezza, come prescritto dal più elementare dei trattati o manuali.
I suoi calcoli, che avrebbero dovuto costituire la base per il placet geotecnico ad un'elevazione del bacino fino a quota 1491 (fittizia), cioè ad altri 14 metri di sopraelevazione, rifatti ora dai periti di parte Prealpi Mineraria in una memoria del novembre 1985, rivelano un coefficiente di sicurezza inferiore all'unità, e precisamente di 0,95! Il rilevato denunciava pertanto un'assoluta insicurezza.
Va inoltre tenuto presente che è falsa l'affermazione contenuta a pag. 8 della citata relazione tecnica, secondo la quale il valore del coefficiente di sicurezza da adottare «può oscillare tra 1,1 e 1,2», come appare dalla fotocopia della tabella annessa allo studio di I. D. Vincent, Direttore del settore ricerche e sviluppo della società del Molibdeno del Colorado, (The tailing structure and its characteristics from the metallugist's view points), pubblicato recentemente negli atti del Congresso di Tucson - Arizona».
Infatti la tabella è tratta invece dallo studio di C. O. Brawner & D. B. Campbell della "Golder, Brawner & Associates Ltd." di Vancouver, Canada (The tailing structure and its characteristics. A soils engineer's viewpoint), pubblicato negli atti del medesimo congresso. Ma, a parte l'incredibile scambio tra metallurgista e geotecnico, che dimostra scarsa attenzione, la tabella dice chiaramente, anche isolata dal suo contesto, cose ben diverse da quelle che vi hanno letto i distratti estensori della relazione tecnica. Per vero, la tabella stabilisce che il valore minimo del coefficiente di sicurezza da adottare nel caso di Prestavel è di 1,5, perché il calcolo è stato basato (casomai) sui parametri di picco della resistenza al taglio (angolo d'attrito) e perché la situazione locale lascia prevedere che persone e beni sarebbero danneggiati dalla rottura del bacino.
Col senno di poi - qualcuno direbbe - è stato purtroppo dimostrato che già nel 1975 i bacini di Prestavel erano in condizioni di insicurezza. Nessuna meraviglia, dunque, che dopo aver dato segni premonitori di cedimento (rottura di tubazioni), il rilevato sia giunto a completo collasso nel corso dell'ultima sopraelevazione di un metro e mezzo.
La pericolosità dei bacini tuttavia non emerse in tutta la sua minacciosa realtà, perche il direttore generale e l'amministratore delegato della Fluormine avevano affidato il richiesto studio a persona incompetente tratta dai propri uffici, anziché rivolgersi a specialisti, per esempio in geotecnica od in costruzioni idrauliche.
La colpa va attribuita anche a chi approvò acriticamente quella relazione tecnica non firmata, senza aver avuto modo di conoscerne e valutarne gli autori e senza aver esperito un minimo di riscontri sulla rispondenza dei dati di laboratorio allegati ai parametri assunti nei calcoli, cosa che gli avrebbe permesso di rilevare l'arbitrarietà dei 30 gradi di angolo d'attrito. Quanto meno, una lettura attenta della relazione avrebbe svelato la mancata ricerca del cerchio critico e l'assunzione di limiti di sicurezza in netto disaccordo con l'esibita citazione bibliografica.
Tale fu la condotta del Reggente il Distretto Minerario di Trento, ing. Aldo Currò Dossi, che 10 giorni dopo l'invio della relazione tecnica Fluormine, il 7 novembre 1975 diede al Comune di Tesero parere favorevole all'ampliamento dei bacini.
Il discorso sul senno di poi è fuori luogo. Gli errori e le omissioni contenuti nella relazione tecnica della Fluormine vanno riferiti a cognizioni ben diffuse anche a quel tempo nell'ambiente minerario, almeno in senso qualitativo e metodologico (si veda l'articolo del prof. Rossi del 1973 sulla rivista della categoria) e certamente note anche alla data di inizio della formazione di quei bacini di decantazione.
Ma se vogliamo fissare la nostra accusa ad un testo tecnico ben preciso, che sicuramente era passato per le mani o dell'ing. Ghirardini, o dell'ing. Toscana, o dell'ing. Morandi, coautori della relazione, ci possiamo limitare al citato articolo di Brawner & Campbell, che si deve supporre che uno almeno di loro abbia letto, visto che ne ha estratto e utilizzato - seppure a sproposito - la famosa tabella dei coefficienti di sicurezza.
Se non ne avessero fatto uso, dimostrando così di conoscerlo, li si potrebbe accusare di insipienza; ma, dato che hanno conosciuto quell'articolo e potuto così confrontare le prescrizioni di specialisti con la realtà progettuale e gestionale dei bacini di Prestavel, allora il nostro giudizio deve essere ben più severo.
In allegato è accluso il testo completo della pubblicazione di Brawner & Campbell. Bastano poche citazioni da essa tratte per legittimare la domanda: possibile che alla Fluormine non si fossero mai chiesti, leggendola, cosa stessero preparando a Prestavel? «In considerazione della rottura di molti bacini nel passato e della crescente altezza da raggiungere, il progetto delle nuove strutture deve basarsi su sani principi d'ingegneria e non su regole empiriche obsolete». «Col metodo 'a monte', come l'altezza del bacino aumenta, la superficie potenziale di scorrimento si porta a sempre maggiore distanza dalla scarpata esterna e all'interno delle melme. Come risultato si ha che l'argine esterno contribuisce sempre di meno alla stabilità, al crescere dell'altezza. Il coefficiente di sicurezza, allora, si riduce all'unità e a quel punto il bacino si rompe». «La massima pendenza accettabile della scarpata dipende dalla resistenza al taglio del materiale sterile e/o della fondazione, dalla densità del materiale, dall'altezza del rilevato e dalla distribuzione delle pressioni dell'acqua». «Noti la sezione del bacino, il metodo di costruzione, le proprieta dei sedimenti e delle fondazioni, si fa l'analisi per stabilirne quantitativamente la stabilità. Numerose superfici di rottura vengono analizzate. Quella che dà il coefficiente di sicurezza più basso rappresenta il coefficiente di sicurezza delle scarpate o di scarpata e fondazione insieme». «Una delle decisioni più importanti è la scelta del coefficiente di sicurezza da adottare. I seguenti valori sono stati consigliati in una Guida preliminare al progetto di discariche minerarie in Canada (1972). Si assume che l'analisi di stabilità abbia individuato la superficie di rottura critica e che i parametri usati nell'analisi siano noti con ragionevole certezza di essere rappresentativi delle effettive condizioni esistenti nel rilevato». (**) Caso 2 - Località dove è prevedibile che persone o beni non sarebbero danneggiati in caso di rottura del bacino.
Da quanto esposto si traggono precise conclusioni di ordine giudiziario. Nel 1961 la Montecatini stabilì incancellabili premesse alia catastrofe della val di Stava, iniziando la costruzione del primo bacino di decantazione sterili in luogo inadatto e rischioso e proseguendola con modalità pericolose e fissate empiricamente e successivamente replicate nella costruzione da parte della Montedison e della Fluormine del secondo bacino, sovrapposto al primo. Nel 1975 la Fluormine, pur avendo avuto occasione e motivo di sottoporre finalmente ad un serio controllo la stabilità dell'intero impianto di decantazione - grazie all'unico doveroso intervento compiuto in 24 anni dall'autorità mineraria, perché attivata dal Comune di Tesero - ha continuato peraltro ad eludere le regole dell'arte, frattanto consolidatesi nella letteratura tecnico-scientifica e nella pratica degli specialisti, ed a perseguire un indirizzo progettuale errato, che non poteva concludersi altrimenti se non con la rottura dei bacini e la fuoruscita di un'enorme massa melmosa il cui consolidamento nel corso del tempo era stato impedito da erronee modalità gestionali, in assenza degli indispensabili dispositivi di controllo e nell'indifferenza degli organi pubblici.
Dalla Società Prealpi Mineraria, subentrata nel 1982 nella conduzione dei bacini dopo tre anni di sosta, non ci si poteva attendere altro che un comportamento imitativo di quello tenuto dalle maggiori società che l'avevano preceduta, considerati anche il limitato livello professionale della sua dirigenza e l'assenza di stimoli da parte degli organi di controllo pubblico a migliorare, con l'interessamento di consulenti esterni, le condizioni di sicurezza dei bacini. Il concorso della Prealpi Mineraria nella colpa della catastrofe di Stava appare pertanto più sfumato dal punto di vista tecnico-scientifico, ancorché la società abbia detenuto la responsabilità dei bacini negli ultimi quattro anni di esercizio, decisivi ma predeterminati.
Problemi col sito? Dissensi? Un tempo, leggevi queste cose e ti trovavi su www.vajont.org. |