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Alvaro Valdinucci, Riccardo Massimiliano Menotti 'Che Iddio ce la mandi buona', LA FRANA DEL VAJONT - Memoria storica di una catastrofe prevedibile

"...nella pratica è preferibile che un bel
progetto non vada in porto, piuttosto che
abbia successo un progetto dissennato
."
(EPICURO di Samo, 341-271 a. C.)

Volume non in vendita

«È quasi come in Sicilia, mi creda; a Longarone si configurano gli elementi tipici della mafia. Non è questione di partito 'A', o 'B'; c'è un determinato giro fatto di poche persone all'interno del quale non entra nessuno. Il potere è in mano a costoro, cinque o sei persone a Longarone, e poi qualche diramazione fuori, cioè altre persone nei posti giusti, perché un sistema del genere non può sopravvivere se non c'è corruzione».
Fonte: Giampaolo Pansa, sul Corriere della Sera del 9 ottobre 1973; sta riportato sul libro della Lucia Vastano, altro LIBRO CONSIGLIATISSIMO [ove reperibile].

PRESENTAZIONE

(in versione HTML/testo)

"Diga funesta, per negligenza e sete d'oro altrui persi la vita, che insepolta resta", è scritto su una lapide, anonima, presso la diga in memoria di uno dei dispersi del Vajont.

Il 9 ottobre 1963 ero appena dodicenne ma ricordo nitidamente le immagini che la televisione, entrata in casa solo 4 o 5 anni prima e generalmente interdetta a noi ragazzi, trasmetteva soprattutto nei telegiornali ai quali eccezionalmente, nostro padre ci consentiva di assistere.

Ho bene in mente quindi non solo la immensa desolazione della valle di Longarone dove nulla era rimasto in piedi ma anche le immagini, strazianti, dei superstiti inginocchiati, in pianto, sul luogo dove solo poche ore prima sorgeva la loro casa.

Ricordo che pensai che essi avevano perso non solo i beni e gli affetti ma, cosa ancora più tragica e dura, la storia, in qualche modo, di loro stessi, della loro famiglia e della loro comunità. Da allora è questa una considerazione che mi ritorna alla mente ogni volta che per motivi professionali o istituzionali, mi trovo a confrontarmi con i disastri conseguenti ad una calamità naturale.

Il Vajont è naturale solo in minima parte. Il resto, tutto il resto lo hanno fatto gli uomini.
Quando ci è arrivato il dattiloscritto di questo lavoro ho subito pensato che avevamo l'obbligo morale di pubblicarlo.
Non solo per onorare la memoria di Alvaro Valdinucci che sappiamo essere stato funzionario integerrimo e capace del Servizio Geologico di Stato cui va il nostro tributo di grande considerazione e che dovrebbe tornare a essere servizio autonomo dello Stato anche perché le giovani generazioni di geologi devono conoscere nella sua interezza, la storia, anche quella meno nobile, di una delle più grandi tragedie del nostro Paese, devono sapere quanto importante e delicato sia il nostro lavoro, devono comprendere come l'etica nella professione, nella sua accezione più nobile e generosa, segni lo spartiacque fra un grande professionista ed uno qualunque e, nell'ambito universitario, fra un maestro e un burocrate.

Per chiunque, ma particolarmente per un geologo non è una lettura facile e serena.
Non per la crudezza della esposizione e per qualche accento forse troppo rude, quanto piuttosto per i tanti nomi noti che in qualche modo hanno attraversato la nostra vita di studenti di geologia prima, e poi di professionisti entusiasti. Dei miti, oserei dire, per la loro scienza, per la loro sapienza e per le loro pubblicazioni che sono state spesso l'oggetto della nostra avidità culturale e che stanno alla base del nostro sapere. Persone che in qualche caso abbiamo conosciuto e amato.

No, non è una lettura serena. Ma il nostro disagio è infinitesimale rispetto al dolore di quanti persero tutto, anche l'essenza stessa della memoria, individuale e collettiva, fatta certamente di visi e di voci, ma anche di luoghi, di edifici, di paesaggi, di strade, di suoni, di colori e di odori. A questo si somma la nostalgia struggente, che forse si tramuta in rabbia, per quello che avrebbe potuto essere e non è stato.

Potevamo non pubblicare un testo che, sebbene con qualche iperbole, non fa altro che esporre i fatti cosìcome sono avvenuti ed accertati? Potevamo, a cinquanta anni di distanza, non sottolineare che quella tragedia è prima di tutto una tragedia della scienza? Poi tragedia degli uomini che sottovalutarono le dimensioni del fenomeno ma anche delle istituzioni che avevano il diritto/dovere di controllare. Uomini e istituzioni che ebbero almeno due chiare occasioni per intervenire e, incomprensibilmente non lo fecero.

- La prima fra il gennaio ed il giugno 1957 quando SADE chiese ed ottenne di elevare l'altezza della diga "da 202 a 266 metri e portare il livello del massimo invaso da quota 677 a 722,50 metri elevando la capacità a 150 milioni di metri cubi". L'esame del progetto venne affidato a una Commissione composta dagli ingegneri P. Frosini, L. Gasparini, A. Piccoli, G. Di Ricco, F. Arredi, G. Supino e dal geologo F. Penta; tutti membri di diritto o esperti del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Il 15 giugno 1957 il Consiglio Superiore, riunito in assemblea generale, espresse voto favorevole per il progetto, manifestando inoltre stima, compiacimento e plauso per il progettista Semenza, presente in aula, e per i suoi collaboratori. Nel voto venne precisato che occorreva completare le indagini "nei riguardi della sicurezza degli abitati e delle opere pubbliche che verranno a trovarsi in prossimità del massimo invaso".

- La seconda occasione si presentò dopo il febbraio del 1960, quando avrebbero potuto decidere di non proseguire nell'invaso. Il resto è morte e devastazione che, anche se non viene detto, arriva fino ai nostri giorni.

Lo scopo di questo lavoro è certamente il ricordo ed è anche modesto ma sentito omaggio alle vittime di questa immane tragedia e a tutta la comunità di Longarone di Erto e Casso di allora e di oggi. Ma vuole essere mònito per tutti, uomini di scienza, tecnici ed istituzioni ad applicare con sempre maggior rigore il principio della prudenza che è non solo virtù teologale che favorisce il discernimento fra bene e male, ma la qualità essenziale di un grande professionista che valuta con ponderazione ciò che è opportuno fare agendo in modo da evitare rischi inutili per sè e per gli altri.

Vittorio d'Oriano                                    
Presidente della Fondazione Centro Studi del Consiglio Nazionale Geologi

PREFAZIONE

Non è mai facile analizzare la successione dei fatti all'indomani delle tante catastrofi che hanno costellato la storia del nostro Paese, troppe volte impudicamente definite "naturali", quando invece erano da attribuire ad errori o ancor peggio ad omissioni ed a speculazioni. La difficoltà non risiede tanto nel ricostruire gli eventi e nel definire i profili di responsabilità, ma nel farlo con il dovuto distacco rispetto alla pressione morale esercitata da chi ha perso i propri cari o i propri beni e pretende di conoscere la verità e dalla ingerenza di chi questa verità vorrebbe piegarla al proprio interesse.

Tutto questo diventa ancor più vero dopo una tragedia come quella del Vajont, di così grandi proporzioni e così lacerante per la storia di questo territorio e per la vita di quelli che sopravvissero.

Ma sono passati 50 anni e non deve restare nascosto più nulla, neanche quelle zone grigie che non configurano più responsabilità giudiziarie, a tanti anni ormai dai processi e dalle sentenze che seguirono, ma entro le quali si individuano errori di valutazione e conseguenti decisioni sbagliate di funzionari dello Stato e di noti uomini di scienza.

Al compianto Alvaro Valdinucci va riconosciuto di aver saputo analizzare e descrivere i fatti già nel 1993, a trenta anni di distanza dall'evento, con la capacità dello storico che attinge alle fonti, dell'uomo di scienza che si avvale della conoscenza, ma anche con l'autorevolezza di funzionario integerrimo del Servizio Geologico di Stato.

Pubblicare questo dattiloscritto, che solo ora è giunto al Consiglio Nazionale dei Geologi grazie alla perseveranza del geologo Riccardo Massimiliano Menotti, ricercatore del CNR che con Valdinucci ha collaborato alla stesura del testo, dopo che per tanti anni esso è stato deliberatamente rimandato al mittente da chi avrebbe invece potuto e dovuto diffonderlo, è stato prima di tutto un obbligo morale nei confronti della ricerca della verità, non solo di quella del Vajont, ma delle tante verità che in questo Paese non sono ancora emerse, legate a fatti tragici, ma sottaciute o rese segrete per presunti motivi di interesse generale e di sicurezza.

Le verità possono far male, ma alleviano il dolore di chi ha pagato il prezzo altissimo di aver perso i propri cari, le proprie cose e, come nel caso del Vajont, la propria identità e le proprie sicurezze.

Sono tanti i figli di Longarone, Castellavazzo, Erto e Casso che hanno visto modificata la loro vita da quella terribile onda, che hanno deciso di andare via o di rimanere a vivere in un'altra Longarone, che non è più quella di prima e che, pertanto, hanno dovuto affrontare un'infanzia e poi una vita adulta molto diversa. Ma lo hanno fatto sulle loro spalle, pagandone interamente il prezzo, perché nessuno di questo li potrà mai risarcire.

A loro il Consiglio Nazionale dei Geologi con il proprio patrocinio, dedica la pubblicazione di questo volume; a loro va tutto l'affetto della comunità geologica italiana, che gli è debitrice.

Gian Vito Graziano -                             
Presidente del Consiglio Nazionale Geologi

PREMESSA

"Alle 22,39, lo schianto. Il fronte di roccia largo mille e settecento metri si abbatte sul lago. Ed ecco il bagliore accecante dei corto circuiti, il buio della valle del Piave... Un urto d'inimmaginabile violenza scaglia contro il cielo cinquanta milioni di metri cubi di acqua. La montagna si insedia nel lago, risale come un treno impazzito per decine di metri la sponda opposta. Scompaiono S. Martino, Pineda, Le Spesse, le ridenti frazioni di Erto. L'ondata denuda il bastione di roccia su cui sorge Casso... Una colonna altissima scavalca la diga,... Precipita nella gola, raschiandola... e spinge davanti a sè un vento di morte. Su Longarone s'abbatte come un colpo di maglio, cancella il paese per sempre..." [18].
Era il 9 ottobre 1963. Per ricordare dopo cinquant'anni l'immane catastrofe del Vajont proponiamo la cronistoria e al contempo una revisione di quanto è stato scritto sull'argomento.

Abbiamo seguito la traccia segnata dalla Procura della Repubblica di Belluno nel dispositivo di rinvio a giudizio [19] e abbiamo ricostruito una "storia" che non è stata mai pubblicata, perché un certo mondo accademico non ha mai accettato il quadro sconcertante ricostruito dalla Magistratura; quel mondo dei vari Giorgio Dal Piaz, Ardito Desio, Michele Gortani, Bruno Martinis, Francesco Penta, Raimondo Selli, Livio Trevisan, che, a vario titolo e con tempi diversi, ha fin dall'inizio avallato e difeso una precisa posizione: l'eccezionalità e la conseguente 'imprevedibilità' della Frana del Vajont!

È sufficiente scorrere le pagine del "rinvio a giudizio", delle relazioni delle tre Commissioni d'inchiesta (ENEL; Ministero dei Lavori Pubblici; Parlamento), delle conclusioni dei Collegi Peritali nominati dal Tribunale di Belluno, per farsi un'idea precisa, inequivocabile della necessità che ha guidato politici, tecnici e scienziati ad abbracciare la soluzione che salvava tutti e tutto.

Nel 1995 muore Alvaro Valdinucci, Geologo del Servizio Geologico d'ltalia; era intervenuto all'indomani del disastro e aveva contribuito alla ricostruzione [25, 26, 27, 28, 29, 30, 31]. Nel 1993 ho collaborato con Alvaro Valdinucci alla stesura di questo lavoro: la ricerca "sul disastro o meglio sulla strage del Vajont..., per una rigorosa ricostruzione dei fatti" [3]. Un centinaio di cartelle, poche figure, una bibliografia essenziale, volevamo dare il nostro contributo nel trentesimo anniversario, non trovammo l'editore, soltanto il periodico 'Verde Ambiente' ci dette spazio e pubblicò (n.6/1994) una sintesi dal titolo "La frana del Vajont"[12], citato nello spettacolo teatrale "Il racconto del Vajont" di Marco Paolini.

Nel cinquantesimo anniversario ripropongo la "storia", così come Alvaro Valdinucci l'aveva impostata.

R. M. M.

RIASSUNTO

Si propone una puntuale e completa cronistoria del Bacino del Vajont. Dall'analisi dei documenti e dalla ricostruzione degli avvenimenti si deducono la prevedibilità della grande frana del 9 ottobre 1963 e le pesanti responsabilità di tecnici, imprenditori e politici. Il rischio non fu calcolato; l'incolumità di alcune migliaia di persone fu messa in pericolo; la catastrofe, che provocò duemila vittime, poteva essere evitata con uno studio geologico serio e non condizionato, con una simulazione su modello idraulico opportunamente dimensionato, con una collaborazione interdisciplinare e infine con la conoscenza di relazioni e dati tenuti criminosamente nascosti.

ABSTRACT

This paper points out a precise and complete chronicle of the Vajont Reservoir.
Analysing the papers and reconstructing the events, the prevision of the Great Vajont Landslide and the technical, industrial and political heavy responsability is proved.
The ENEL-SADE electric company and state test-committee did not estimate the risk and endangered the life of some thousand people. The disaster, that caused around two thousand victims, could be avoided by a serious and free geological study, by a true hydraulic scale model simulation, by a technical-scientific cooperation and by the knowledge of reports and data that have been kept secret criminally.

RÉSUMÉ

Dans ce travail les auteurs proposent l'historique complet et fidel du bassin de retenue du Vajont. D'après l'analyse des documents et selon la reconstruction des événements on tire que le grand éboulement du 9 10.1963 était à prévoir et que les lourdes responsabilités des techniciens, des entrepreneurs et des hommes Politiques impliqués resultent évidentes. On n'avait pas évalué les risques possibles; on avait mis en danger l'intégrité de quelques millier d'hommes, tenement qu'il y eut la catastrophe, qui provoqua 2.000 victimes. Une telle catastrophe aurait pu étre évitée tout simplement à l'aide:

a) d'un étude géologique serieux et surtout pas subordonné aux intéréts personnels;

b) d'une simulation sur modéle hydraulique complet de toute indication dimensionnelle;

c) d'une collaboration interdisciplinaire.

Enfin, on ne peut pas l'oublier, des documents importants et des éléments donnés ont été criminellement cachés.

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Finito di stampare il 10 settembre 2013

Alvaro Valdinucci (1918-1995)
Geologo, Funzionario del Servizio Geologico d'ltalia, ha contribuito con lavori di indiscusso valore scientifico alla conoscenza geologica del territorio italiano. E' Autore di circa mille fra relazioni inedite e pubblicazioni. Promuove e costituisce la Sezione di Geologia Applicata, si dedica agli studi geologico-tecnici ed protagonista nei momenti pi tragici che hanno colpito l'Italia: il Terremoto del Belice, le Alluvioni del Bellunese, il Terremoto del Friuli, la Frana di Ancona, la Frana di Orvieto, la Frana di Todi, le Frane di Nerano e Termini nel napoletano, le Frane di Civita di Bagnoregio, il Terremoto dell'Irpinia, l'Eruzione dell' Etna nel 1982, la Frana di Agrigento...
"In seguito a richiesta telegrafica del Commissario Governativo per il Vajont, in data 5.11.1963, su designazione della Direzione del Servizio Geologico", il Ministero Industria e Commercio incarica Alvaro Valdinucci "di eseguire accertamenti e studi sulla zona del Bacino del Vajont, colpita dal catastrofico evento".

Riccardo Massimiliano Menotti
Geologo, Primo Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche, presso l'Istituto di Fisica Applicata "Nello Carrara" dellArea di Ricerca di Firenze, e stato Assegnista presso l'Istituto di Geologia e Paleontologia dell'Università degli Studi di Roma e "Reservoir Geologist" presso FAGIP spa di San Donato Milanese, ha partecipato a progetti di ricerca, nazionali e internazionali, su tematiche inerenti la previsione e la prevenzione di fenomeni franosi a grande rischio. Collabora con il Servizio Geologico d'ltalia - ISPRA e ha avviato ricerche di geologia applicata e geomorfologia in alcune aree dei Monti Reatini e del territorio della Provincia di Rieti. Ha pubblicato oltre settanta lavori su tematiche inerenti la geologia tecnica e applicata, la geomorfologia, la sperimentazione di apparati per il monitoraggio ambientale e la valutazione del dissesto geologico-idraulico.

Grafica e immagine di copertina: Agicom

APPROFONDIMENTI

La strage del Vajont e la Legge 101/2011

[Il documento originale 'docx' è scaricabile QUI]

Oggi 9 ottobre 2013 ricorre il 50° Anniversario della Grande Frana del Vajont, oggi commemoriamo la strage di duemila innocenti e ricordiamo tutte le vittime dei disastri ambientali e industriali.

La Legge 101/2011 all'art.1 sancisce: "La Repubblica riconosce il giorno 9 ottobre come Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientalie industriali causati dall'incuria dell'uomo";
- all'art.2: "In occasione della Giornata nazionale di cui all'articolo 1 possono essere organizzati sul territorio nazionale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, manifestazioni, cerimonie, incontri e momenti comuni di ricordo dei fatti accaduti e di riflessione sui fatti medesimi, anche nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di promuovere attività di informazione e di sensibilizzazione e di sviluppare una maggiore consapevolezza dei rischi connessi ad interventi che alterano gli equilibri del territorio e della necessità di tutelare il patrimonio ambientale del Paese."

Due riflessioni su questo importante evento.
La prima: ma qualcuno si è ricordato, di questa celebrazione?...
La seconda riflessione: ...Ma davvero per i disastri ambientali e industriali si può oggi ragionevolmente parlare di "incuria"? A iniziare dalla tragedia del Vajont che ha dato origine a questa iniziativa di memoria.
Ma davvero nel Vajont è stata solo "incuria"?", si chiede il Dott. Maurizio Santoloci, Magistrato in Cassazione (www.dirittoambiente.net).
La legge parla di incuria e per incuria si intende "l'abituale atteggiamento passivo nei confronti di obblighi o doveri, dovuto a pigrizia o insensibilità, che implica un danno nell'interesse proprio, o altrui".

Prosegue il Magistrato Santoloci "Francamente, ci sembra voler liquidare in modo un po' troppo riduttivo un qualcosa che ha trovato cause e radici in ben altre realtà di responsabilità individuali e collettive".
Informare, sensibilizzare, contribuire alla conoscenza della storia della Catastrofe del Vajont: questo era l'obiettivo che il Geologo Alvaro Valdinucci, Funzionario del Servizio Geologico d'Italia, e il Geologo Riccardo Massimiliano Menotti, Ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche si erano prefissati più di vent'anni or sono.

LEGGI IL RESTO: http://www.vajont.info/menotti2013.html

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EHI !!! Ma QUANTA "BELLA GENTE", nel CINQUANTESIMO, a Longarone ....
http://cngeologi.it/wp-content/uploads/2012/06/VAJONT-PROGRAMMA.pdf

NOTATO?? Un peccato, davvero, che a Longarone abbia avuto voce e spazio Bernardo de Bernardinis, il "direttore" di ISPRA per un "Intervento Tecnico-Politico". Ve lo ricordate??? http://www.google.it/search?client=safari&rls=en&q=Bernardo+de+Bernardinis+bicchiere+di+Montepulciano&ie=UTF-8&oe=UTF-8&gws_rd=cr&ei=xxaPUqC1MqTy0gXM1YHwDA ... ....

Ma d'altra parte, a fargli gli "onori di Casa" c'era come ANFITRIONE pure il pregiudicato [quindi, "collega"??] Giovanni DE LORENZI, il Direttore Generale [nonché Segretario, ovvero quello che CERTIFICA i verbali e i CONTI] della Fondazione Vajont; che ha "spiegato" (LUI !!) «La memoria come strumento per la tutela del territorio». Bingo.

Evidenziati in azzurro, quindi, i MALAVITOSI in carica [o "alla ri-carica", come Roccon]. Bene. E in questo "ambiente" meraviglioso, ha(nno) dovuto "destreggiarsi" Riccardo Menotti e Gian Vito Graziano.
Ogni commento, GUASTA.
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1) 2.37 - Nota preliminare della relazione di Attilio Moretti e di Alvaro Valdinucci del Centro geologico d'Italia, sulla frana del bacino del Vajont, 27 novembre 1963
--> http://www.vajont.info/SENATO_data/dati/inventario/02/pdf/vajont2.37.pdf

2) 2.38 - Relazione di Alvaro Valdinucci sul bacino del Vajont, 19 febbraio 1964
-->http://www.vajont.info/SENATO_data/dati/inventario/02/pdf/vajont2.38.pdf

3) 2.39 - Analisi di Attilio Moretti e di Alvaro Valdinucci delle relazioni di Ervino Milli sulla stabilità della porzione di versante del monte Toc (il cosiddetto diedro) adiacente la frana, 15 aprile 1964
--> http://www.vajont.info/SENATO_data/dati/inventario/02/pdf/vajont2.39.pdf

4) 2.41 - Relazione di Alvaro Valdinucci sulle condizioni di stabilità dell'abitato di Casso, 29 luglio 1964
--> http://www.vajont.info/SENATO_data/dati/inventario/02/pdf/vajont2.41.pdf

Altro file interessante, questo:
--> http://www.vajont.info/memdes_77_brugner.pdf

Buona lettura!!

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Un tempo, leggevi queste cose e ti trovavi su www.vajont.org.
Poi a partire dal 2004 [ma io lo saprò solo due anni e mezzo DOPO] dal 2007 sbucarono - e vennero avanti - i delinquenti, naturalmente quelli istituzionali della mafia di Longarone....

  


Ai navigatori. Queste sono tutte pagine "work-in-progress" (modificabili nel tempo) e puo' essere che qualche link a volte non risulti efficiente, soprattutto quelli obsoleti che puntano (puntavano) a dei siti web esterni. Scusate, e eventualmente segnalatemelo indicandomi nella mail la pagina > riga > link fallace.

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« VOMITO, ERGO SUM »

Fortogna:
nella foto sotto, il *Giardino delle bestemmie* attuale, un fal$o TOTALE dal 2004: un falso storico, fattuale, e ASSOLUTAMENTE IMMORALE da 3,5 mln di Euro. Un FALSO TOTALE e oggettivo - a cominciare dai FALSI cippi «in marmo di Carrara» - targato *sindaco De Cesero Pierluigi/Comune di Longarone 2004*.
Oggi questo farlocco e osceno «Monumento/sacrario» in località S. Martino di Fortogna riproduce fedelmente in pianta e in miniatura, come un parco "Italia" di Viserbella di Rimini, il campo "B" del lager nazista di Auschwitz/Birkenau. Fantastico, no? ed e' la verita' verificabile ma se solo ti azzardi a dirlo o far notare le coincidenze, sono guai. $eri. Perché... qui in Italia, e soprattutto in luoghi di metàstasi sociale e interessi inconfessabili perenni come la Longarone 'babba' ... «la Verità si può anche dire. Ma però che non ci sia nessuno che l'ascolti (o la legga!)»

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Ma tutto deve andare come da copione, in Longar-Corleone. Dal dicembre del 1964 qui è così: lo mise nero su bianco gente colle spalle ben più larghe delle mie, e in tempi non sospetti:

«E' quasi come in Sicilia, mi creda; a Longarone si configurano gli elementi tipici della mafia. Non è questione di partito 'A', o 'B'; c'è un determinato giro fatto di poche persone all'interno del quale non entra nessuno. Il potere è in mano a costoro, cinque o sei persone a Longarone, e poi qualche diramazione fuori, cioè altre persone nei posti giusti, perché un sistema del genere non può sopravvivere se non c'è corruzione».
Fonte: Giampaolo Pansa, sul Corriere della Sera del 9 ottobre 1973; sta riportato sul libro della Lucia Vastano. LIBRO CONSIGLIATISSIMO.

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