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"TRIBUTO ALLE VITTIME DELLE POLITICHE IDRAULICHE"

ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI FOTOGRAFIA e di DOCUMENTAZIONE DI CASI di STUDIO

EXPOFIERA 2008, ZARAGOZA (SPAGNA)

0Tradotto dal documento originale
da Trevisani Loredana
Scarica qui la traduzione in ".rtf"

Nel 2008 avrà luogo in Saragozza, dal 14 Giugno al 14 Settembre, la IIa conferenza internazionale "Acqua e Sviluppo Sostenibile".
La conferenza del 2008 trae ispirazione nella importanza dell'acqua nei suoi diversi aspetti, nelle sue interrelazioni e nella sua complessa realtà. Ciò implica una nuova visione, più ampia, di quello che significa l'acqua e gli ecosistemi acquatici - fiumi, laghi, aree umide, etc. -, tenendo presente tutti i suoi valori: emozionali, culturali, sociali, ecologici ed economici. Oggi é evidente la necessità di sostituire le vecchie linee guida che parlano di "gestione dei corsi d'acqua e delle situazioni" con altre che si aprano ad una "gestione ecosistemica" e ad una concezione umanistica di ciò che l'acqua significa.

D'altro canto, si segnala che nella conferenza 2008 ci sarà un padiglione dedicato alle ONG ed alle iniziative cittadine che abbiano qualche cosa da dire relativamente al tema di "Acqua e sviluppo sostenibile". Il padiglione sarà finanziato dal Consorzio della Fiera però i suoi contenuti e le attività saranno decise e sviluppate indipendentemente dai gruppi di cittadini coinvolti.
La Fondazione Ecologia e Sviluppo, con sede in Saragozza, si fa carico di organizzare l'evento in modo che tutti i gruppi che lo desiderino potranno partecipare e portare il loro punto di vista ed il loro messaggio. La Fondazione Nuova Cultura dell'Acqua (FNCA) è parte, fin dall'origine, del "Gruppo promotore" della iniziativa. Il progetto che presentiamo rientra nell'ambito di questo padiglione della fiera dedicato alle iniziative cittadine, beninteso che dopo la chiusura di quella di Saragozza, faremo in modo di organizzare una tournéé mondiale della mostra di questi stessi materiali in parecchi altri Paesi.

PREMESSE

Le utilità e le conquiste sociali ed economiche raggiunte grazie alle grandi opere idrauliche ci sono ben note; non é stato così però per l'impatto sociale che le stesse opere hanno causato. Oggi si comincia ad ammettere che é stato drammatico, e che per di più risulta a malapena documentato. Non ci sono dati affidabili relativamente al numero di persone costrette a migrare, o danneggiate in qualche misura: le cifre oggigiorno rimangono sconosciute.

La Commissione Mondiale delle Dighe (WCD, World Commission on Dams, in inglese) riconosceva nel suo documento consuntivo «Dams and Development: A New Framework for Decision-Making», presentato a Londra nel 2000, che il numero di persone costrette nel mondo ad abbandonare le proprie terre ed i loro villaggi perché destinati ad essere sommersi oscilla fra i 40 e gli 80 milioni. La mancanza di dati affidabili impediva allora di produrre cifre più precise su questa moltitudine di profughi. Il documento aggiungeva inoltre che di parecchi milioni in più sarebbero poi le stime sulle vittime indirette. Nonostante la WCD avesse potuto contare sulla collaborazione di molti governi, non poté neppure stimare men che approssimativamente questi dati.

http://www.unizar.es/fncaLa cosa più drammatica, secondo noi, é quella mancanza di considerazione, quel silenzio, quella indifferenza al dolore umano. Il movente di tutto ciò sta nell'enorme indifferenza sociale che ha determinato l'elevato consenso concentrato attorno a queste questioni, nel nome «del Progresso». Questo ampio 'consenso' ne rende responsabile tutta la società, e tutti i cittadini. Il contesto politico dei regimi autoritari che ha avallato e sostenuto il compimento di molte di queste opere ha aggravato senza dubbio l'entità del danno, la brutalità delle forme e la negazione dei diritti degli aggrediti. Senz'altro é fondamentale riconoscere ed assumere una responsabilità collettiva, ben al di là delle ideologie e del carattere dei diversi regimi politici in qualsiasi luogo e circostanza. Questo progetto intende porre rimedio a questa vergognosa invisibilità e a questo silenzio che hanno avvolto il dramma di milioni di persone in tutto il mondo.

Oltre a cio', ed in special modo nei paesi in via di sviluppo, le comunità indigene e le popolazioni native colpite non solo si sono viste scacciare dal loro territorio, ma addirittura hanno subito la distruzione dei loro mezzi di sussistenza dipendenti dal fiume. L'interferenza pesante con gli ecosistemi fluviali ha rovinato in molti casi le attività di pesca o altre forme tradizionali di produzione agraria e di reddito, condannando queste comunità autoctone alla emigrazione, alla diaspora e alla fame.

Queste devianze ed interferenze sono generalmente sfociate in contesti di grave crisi del sistema rurale e delle forme tradizionali di produzione agroalimentare a fronte dello sviluppo dell'ambiente urbano, dell'industria e dei servizi. Bisogna notare che questa crisi, caratterizzata da processi massivi di migrazione dalle campagne rurali alle aree urbane col risultato dello spopolamento ed abbandono di molti nuclei abitati, ha interessato in special modo le zone montane. Tutto ciò è maggiormente evidente nelle zone più fragili e nelle comunità più deboli.
La costruzione dei grandi invasi ha agito da catalizzatore e da aggravante del degrado di questi territori e della vita di queste comunità. Invece di ricevere appoggio, le zone e le popolazioni piùvulnerabii e fragili si sono viste danneggiare ulteriormente; si sono insomma castigati i più deboli per il semplice fatto di esserlo.

Tanto per gli aspetti economici come per quelli sociali ed ambientali, la distribuzione dei costi e dei benefici é stata assolutamente iniqua. E tale la riconosce la WCD, che definisce precisamente lo squilibrio per il quale tutti i benefici sono appannaggio di determinati settori economici e popolazioni, mentre i costi e le rovine sono scaricati su altri.

Il perseguimento degli usi produttivi dell'acqua ha condotto alla distruzione di un patrimonio naturale di grande valore, ignorando i diritti delle persone che hanno abitato le valli per centinaia di anni, in stretta relazione con i corsi d'acqua.

Il diritto delle persone e delle comunità di poter vivere dove hanno consolidato le loro radici e forgiato la loro stessa esistenza merita un posto d'onore nella lista dei diritti fondamentali dell'uomo, e come tale deve essere valorizzato e rispettato con la stessa considerazione che viene tributata ai diritti civili e politici. Poiché la costruzione di grandi bacini artificiali é la causa di conseguenze dirette molto evidenti, ci sono altri aspetti delle politiche idrauliche (che possono o meno prevedere anche lo sviluppo di invasi) che determinano la comparsa di conseguenze molto gravi, cioè che comportano altre ripercussioni più complesse, come ad esempio la comparsa di conflitti internazionali, o delle "battaglie" per l'accesso all'acqua. Questi altri specifici aspetti verranno parimenti affrontati nel progetto, per quanto lo spazio a loro dedicato sarà relativamente più ridotto.
In linea generale i temi cui intendiamo riferirci e trattare, e che complessivamente offriranno un panorama articolato e completo, sono cinque:

- I problemi derivanti dalla costruzione di grandi invasi: migrazione obbligata di popolazioni, villaggi sommersi, valli rovinate, destrutturazione del territorio, violazione dei diritti umani, ....

- le conseguenze del deterioramento o della perdita di ecosistemi dove le popolazioni hanno radicato la loro vita, generalmente determinate dalla captazione abusiva delle acque di un fiume a monte;

- l'inquinamento delle acque (a causa di scarichi industriali e più segnatamente gli scarti delle attività di estrazione mineraria) e pertanto, la violazione del diritto delle persone a disporre di accesso all'acqua potabile;

- la politica della privatizzazione dell'acqua, intesa meramente come fonte guadagno e che considera non economicamente vantaggiosa la fornitura in quantità sufficiente di questa risorsa fondamentale alle popolazioni ed alle comunità più deboli;, e

- le catastrofi causate da errori tecnici nella esecuzione delle opere, prodotto di politiche idrauliche spregiudicate. Oppure dell'aver ignorato i fattori che regolamentano la dinamica naturale dei fiumi. Azioni che hanno dato come risultato delle terribili tragedie umane ed incalcolabili perdite.

OBIETTIVI

Gli obiettivi del progetto sono:

Organizzare un Tributo di riconoscimento alle persone ed ai popoli colpiti direttamente o indirettamente nei loro diritti più fondamentali a causa dello sviluppo di questo tipo di mega-progetti idraulici, e dall'esercizio di responsabilità collettiva e di giustizia restrittiva.

Far conoscere il trauma sociale e territoriale di cui hanno sofferto decine di milioni di persone come risultato di politiche idrauliche mal concepite o che ne hanno ignorato le conseguenze.

Creare una serie di strumenti di sensibilizzazione ed educazione dei cittadini, mostrando loro l'impatto delle politiche idrauliche sui diritti umani.

Rappresentare, attraverso l'immagine fotografica, la documentazione storica e le testimonianze personali, i profili umani della tragedia individuale e collettiva che queste politiche hanno causato.

Mostrare che i movimenti di resistenza alla esecuzione di questi grandi progetti idraulici hanno ottenuto frutti positivi, e in certe occasioni hanno permesso di evitare le conseguenze più devastanti, o hanno fatto cambiare il concetto di come dev'essere realizzata una politica idraulica in un determinato territorio.

Motivare il pubblico ad essere coinvolto nella necessità di cambiare la mentalità vigente fino ad ora e sostenere invece concetti come la gestione, la valorizzazione e la cultura dell'acqua.

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Marisancho Menjòn, la ricercatrice di FNCA incaricata di coordinare i materiali del caso Vajont, qui ritratta colla figlia Julita.

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Un film già VISTO: il rio Aragòn, nel febbraio del 2006, annuncia il disastro come il rio Vajont nel 1960: scosse telluriche, le crepe, l'acqua intorbidisce, la sponda sinistra che FRANA a causa di un invaso artificiale che si vuole raddoppiare di capacità, ma il clone della SADE (la «C.H.E.») dice che "Va tutto bene" mentre cela i DOCUMENTI. Uguale, capito?? le foto sono in italiano.

IL PROGETTO: MOSTRA, LIBRO E CELEBRAZIONI

Il progetto del "Tributo alle vittime delle politiche idrauliche" consiste nella realizzazione di una mostra fotografica e nella edizione di un libro, a partire dalla elaborazione di una serie di casi di studio che mostrano quali siano stati i danni causati alle persone sia individualmente che collettivamente. Attraverso l'immagine e la documentazione della storia, raccolta a partire dall'esperienza e la visione delle stesse vittime, verranno definiti i reali profili umani del dramma vissuto.

STUDIO DEI CASI

Lo studio di casi considererà differenti aspetti delle perdite sofferte come conseguenze delle politiche idrauliche attuate: la disgregazione della comunità, della sua identità, delle relazioni sociali; la scomparsa dei suoi simboli, emozioni e ricordi; di patrimoni personali e comuni; dei mezzi di sostentamento vitale delle comunità; del paesaggio e dei riferimenti e dei ricordi degli antenati; delle prospettive future che potevano svilupparsi. Si tratta di vedere la questione dal punto di vista delle stesse vittime, che raccontano in prima persona come vissero questi processi. Si studierà il livello di conflittualità e tensione sociale in seno alle comunità coinvolte, raccogliendo casi rappresentativi della resistenza di alcuni dei loro membri di fronte ai progetti idraulici. Si studieranno casi ugualmente significativi per poter oggi riflettere sul ruolo avuto dalle donne in queste vicende, tanto nella quotidianità (con la dedizione alla cura della famiglia ed alla ricerca dell'acqua) così come nei momenti critici della migrazione forzata.

Un altro fattore di interesse deriva dall'atteggiamento mostrato dai poteri pubblici in ordine al trattamento riservato alle popolazioni locali, in generale caratterizzato da abusi ed addirittura in alcuni casi da crudeltà: dalla loro posizione di esecutori della "popolazione dominante" fino alle durissime operazioni di sradicamento e di repressione; senza poi contare la meschinità costante nell'indennizzo delle espropriazioni e dei risarcimenti (quando, e "se" ci sono stati) o la mancata concretizzazione delle promesse, in genere dimenticate non appena sottoscritti gli accordi.

Si studierà il trattamento riservato in passato e tuttora perpetrato in molti casi nei confronti delle comunità indigene, e democraticamente riservato a tutti i popoli nativi e tradizionali, considerati come minoranze marginali che devono essere sacrificate nell'interesse delle maggioranze. Il lavoro si elabora a partire dalla consultazione di fonti diverse (documentazioni, bibliografie e testimonianze dirette), con speciale attenzione alle voci delle vittime, le quali racconteranno in prima persona le loro vicende. Il risultato di questo lavoro si esprimerà in tre forme:

Fotografie, realizzate da professionisti di primo piano, che fotograferanno le vittime, i loro familiari, gli attivisti, i testimoni, etc., così come fotograferanno i luoghi emblematici, simbolo del dramma in esame. Le fotografie saranno accompagnate da testi informativi che aiuteranno il pubblico ad identificare i problemi, non da un punto di vista puramente descrittivo, bensì soprattutto emozionale.

Audiovisivi che offrano al pubblico le testimonianze delle vittime in prima persona, in modo che nella esposizione siano presenti la immagine viva e la voce propria dei protagonisti della tragedia.

Opere letterarie, prodotte da scrittori di riconosciuto prestigio internazionale, che narrano i particolari di ciascun problema.

PROGETTO FOTOGRAFICO

Il progetto fotografico cercherà di raccogliere testimonianze grafiche del dramma che hanno vissuto e vivono le comunità colpite, mostrando la violazione dei diritti umani, così come la distruzione delle comunità e dei suoi mezzi di sostentamento.

Per coloro che hanno sofferto le conseguenze del vecchio modello idraulico vigente, il recupero é lento e mai completo. Forse la perdita della armoniacon lo spazio fisico che li circonda, la loro espulsione forzata dai luoghi dove abitavano, producono una incapacità di sentirsi "a casa" nei nuovi siti loro destinati. Cosa succede a chi ha perso la sua casa e il luogo cui appartiene? Il progetto fotografico punta a cogliere, in immagini, risposte a questa domanda. Il nostro impegno, attraverso la fotografia, sarà di mostrare ciò che hanno visto gli occhi e sentito i cuori delle vittime.

Il progetto raccoglierà una serie di racconti di persone che furono obbligate a migrare dalle loro case con le loro famiglie, lasciandosi per sempre allespalle paesaggi intimi e spazi antichi ed abituali. I racconti di queste persone saranno cruciali per costruire una linea narrativa del dramma umano e divita, delle sue relazioni con l'ambiente circostante più prossimo, della sua integrazione nel nuovo territorio, e della sua dipendenza dal territorio. I racconti richiederanno diverse forme narrative che dovranno essere esplorate.

I paesaggi delle zone colpite mostreranno un filo logico comune e serviranno a lanciare un messaggio trasversale. Costituiranno esempi simbolici degli effetti del moderno modello di sviluppo insostenibile che si é imposto e che, probabilmente, continuerà per inerzia nel futuro.
I paesaggi fotografati e la bellezza dei fiumi selvaggi, compresi anche dei loro abitanti, saranno portatori di messaggi sulle qualità che associamo al mondo ed alla vita rurale, con la identità culturale e di vita delle comunità indigene. La immagine dei grandi bacini artificiali, degli spazi allagati e delle numerose popolazioni abbandonate nelloro immediato rappresenteranno lo stridente contrasto con questa armonia distrutta. In questo modo si tratterà di esprimere attraverso la immagine del dramma la immortalità dell'insieme di diritti e valori. Valori che in ultima analisi vengono oggi riconosciuti come valori di tutta la società.La fotografia catturerà il dramma umano partendo dal carattere del paesaggio e l'armonia - poi spezzata e distrutta dalle dighe - della natura.

Si assembleranno fotografie attuali con foto ed estratti di reportages di stampa dell'epoca, con l'obiettivo di rafforzare il significato storico attraverso la forza della fotografia e delle immagini che vengono dal passato, raccogliendone la evoluzione attraverso il tempo. Rappresentare con fotografie di famiglia la quotidianità della comunità sarà importante per rivivere sentimenti di identità e la intimità del focolare, nella normalità quotidiana del lavoro e del tempo libero, nell'allegria della festa o delle cerimonie tradizionali, etc.. Rappresentare il passato, per capire meglio il dolore e l'abisso che giunsero un maledetto giorno.

EDIZIONE DI UN LIBRO-CATALOGO

L'assemblaggio delle informazioni su ogni caso darà vita all'edizione di un libro che accompagnerà l'esposizione, e che permetterà di mostrare le storienarrate con maggior dettaglio di quanto esposto nel formato fotografico e possibile nel limitato periodo di tempo della mostra. In modo che il lavoro realizzato e le testimonianze raccolte trascendano non solo lo spazio espositivo, ma anche il tempo in cui sarà pubblica la mostra.

Questo libro non conta di essere solo un mero assemblaggio di dati, bensì vuole enfatizzare il racconto delle storie in prima persona, con particolareattenzione alla citazione delle fonti e dei riferimenti necessari in ciascun caso riportato, per un approfondimento successivo. Si pubblicherà dunque ilmateriale come un riferimento utile a future ricerche.

Il libro accoglierà anche molto più materiale grafico di quello che si potrà esporre alla mostra, per le limitazioni logistiche; nel libro si saranno pubblicate molte più immagini ed approfondimenti. Gli studi dei diversi casi saranno pubblicati, naturalmente, in un apposito sito web.

L'ORGANIZZAZIONE DEL PROGETTO

Questo progetto si fonda sulla collaborazione attiva della Fundacìon Nueva Cultura del Agua - promotrice del progetto - con International Rivers Network (IRN), European Rivers Network (ERN) e World Wildlife Fund /Adena; inoltre la collaborazione di organizzazioni come FIVAS (Norvegia), ECOFONDO (Colombia) ed Ingenieria sin Fronteras. Sul piano operativo si conterà sul Comitato Tecnico composto da:

Un documentarista specializzato su queste tematiche;

Un fotografo professionista;

Un produttore audiovisivo per la realizzazione di un documentario;

Un architetto di interni esperto nell'allestimento di grandi esposizioni;

Un professionista grafico per esposizioni;

Un addetto amministrativo.

La direzione scientifica sarà affidata al Sig. Pedro Arrojo Agudo, il Presidente della Fundacion Nueva Cultura del Agua. Sarà inoltre importante il contributo fattivo del direttore responsabile della FNCA.

SELEZIONE DEI CASI DI STUDIO, PER DANNI TEMATICI

Sono stati selezionati 21 casi di studio. Localizzati in diverse parti del mondo, appariranno raggruppati per tema in funzione della tipologia del danno causato da ciascun progetto ingegneristico:

Migrazione forzata e massiva di autoctoni a causa di dighe

- Fiume Narmada (India)

- Tre Gole (Cina)

- Kariba (Zambia-Zimbabwe)

- Merowe (Sudan)

Distruzione dei modelli di vita tradizionali

- Brasile (caso da definirsi)

- Conca del Mekong (Thailandia)

- Fiume Senegal

- Fiume Indo (Pakistan)

- Fiume Giordano (Israele-Palestina)

Repressione degli autoctoni

- Chixoy (Guatemala)

- Urrà (Colombia)

- Ilìsu (Turchia, Kurdistan)

- La Parota (Messico)

Danni ingiustificati all'ambiente

- Klamath (California)

- Fiume Alta (Norvegia)

- Jànovas (Spagna)

Inquinamento dell'acqua e mancanza di accesso all'acqua potabile

- Aree Minerarie in Perù

- Privatizzazione dell'acqua in Cochabamba (Bolivia)

Catastrofe artificiale provocata da tecnici

- Vajont (Italia)

Progetti abortiti grazie alla mobilitazione di Comitati

- Travaso del fiume Ebro (Spagna)

- Smantellamento di dighe nella valle della Loira (Francia)

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intervista a Mari



NOTE dello scrivente:

il caso Vajont e della valle Ertana è emblematico. Nella sua tragica UNICITA', e mai abbastanza illustrata in primis al popolo italiano, a ben vedere riassume "naturalmente" almeno quattro delle «tipologie di danno diretto alle popolazioni» codificate da FNCA, e precisamente:Tiziano

a) - la migrazione forzata e massiva degli Ertani (prima lo stillicidio durante la fase degli espropri, e poi la deportazione totale - e per molti PERMANENTE - 'DOPO' la catastrofe)

b) - la distruzione dei modelli di vita tradizionali Ertani (emigrazione "geneticamente" endemica a parte, per lavorare e sopravvivere: quella invece è rimasta. L'unica differenza rispetto agli anni '50 e '60 è che oggi per forza di cose sono praticamente tutti 'automuniti')

c) - la repressione degli autoctoni via "leggi" e carte bollate, e decreti di «Pubblica Utilità) dal 1945 in poi; negli espropri con l'aiuto della forza pubblica, nei '57-'60; colla frapposizione di ostacoli burocratici - diciamo così - coi silenzi e colle connivenze della 'stampa amica', nei '57-'65 e anche oltre, come ben dimostrano i quotidiani locali.
Dopo il disastro, colla "transazione ENEL" ideata da Leone, colla compravendita delle "licenze" ideata da malavitosi e via le sentenze dei tre gradi di processo. Io considero una forma collaterale di "repressione" o meglio, "rimozione", anche il perdurare di leggende bufala come quella della catastrofe che sarebbe stata "scatenata da dieci giorni di pioggia battente", versione preferita dal mondo anglosassone e da Santa Romana chiesa (quella dell'8x1000, succhiato per legge alle tasche di credenti e non).

d) - Danni all'ambiente in quanto TALE (vedi il danno "principale" che lo caratterizza) e le sue conseguenze geomorfologiche permanenti. Come - ed è solo un esempio - la sopravvenuta stagnazione di umidità e decadimento del microclima derivante dall'effetto del "blocco" della circolazione d'aria a causa della presenza fisica del manufatto.

Per i parametri del progetto FNCA, alla Storia del Vajont ertano dunque sarebbero estranei solo gli aspetti di "Inquinamento dell'acqua" (ma qualcosa si svolge piu' a valle, nel longaronese e ben oltre) e di "Progetti abortiti grazie alla mobilitazione di Comitati" (che nell'area vajontina purtroppo non ebbero MAI voce, né prima della catastrofe, né soprattutto dopo). Su quest'ultimo punto, leggersi attentamente la Merlin, e anche la Vastano.
In questo ha parte la 'stampa contemporanea', imbavagliata da norme capestro emanate da collusi e/o legislatori a libro paga di industriali, perciò spesso assolutamente inadeguata - per svariati motivi, primo tra tutti l'ignoranza atroce di fatti ed atti - a svolgere il suo compito "chiave" di controllo e informazione.
Resta(va)no a ricordarcelo e ad attestarlo 1000 tombe "con qualcosa dentro, e quasi altrettante VUOTE".

Nella foto, donataci da G. Scattolini il 9 ottobre 2004 (che ringrazio ancora), uno scorcio del nuovo cimitero Monumentale di Fortogna nelle oscene versioni di OBLIO, e di RIMOZIONE, che secondo chi scrive sono parte di un progetto piu' ampio e dissimulato di un «ETERNO TRIBUTO alle MAFIE». Clicca la foto.

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