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Diario chiude e volta paginaUndici anni, un po' di storia, molti ringraziamenti e progetti per il futuro
Mercoledì 23 ottobre 1996,
Per quanto riguarda i «terribili eventi», l'ironia vuole che nascemmo in Italia con il governo Prodi e lì di nuovo siamo in solo apparente tedio e continuità. Tenere un diario in pubblico, settimana dopo settimana, e un'attività che in questi undici anni è cambiata molto. Il numero di siti web, di blog e in generale lo scambio di notizie è fortunatamente cresciuto a dismisura. La «buona lettura» è stata adottata da molti giornali. La possibilità di sedersi di fronte al proprio laptop e di consultare «in tempo reale» tutte le fonti di informazione del mondo è sempre più alla portata di tutti. Il mercato pubblicitario (l'unico a tenere in vita i giornali) e a noi praticamente precluso, per quella mancanza di 'do ut des' che ci caratterizza e che dal mercato evidentemente è stato ben colto. Di qui la necessità di fare un pausa. E di ripensarci su. Decisione triste, perché le cose buone (almeno così paiono a noi) dovrebbero essere tenute in vita il più possibile; decisione traumatica per tutti coloro che a Diario lavorano, e molti dalla sua fondazione. Ma, purtroppo, unica decisione possibile per poter pensare di fare qualcosa di nuovo, come è stato Diario alla sua uscita di undici anni fa. Quindi, per riassumere: - quello che avete tra le mani è l'ultimo numero di Diario della settimana. Insieme alla carta arriva il nostro ringraziamento a tutti i lettori, i collaboratori, i sostenitori che ne hanno fatto, ne siamo sicuri, una buona esperienza nel panorama del giornalismo e dell'editoria itallana.Speriamo di farci vivi al più presto con un nuovo giornale. Ci stiamo pensando e pensando. Bisognerà fare un giornale (alla fine, a questo tipo di comunicazione siamo legati) che metta insieme le idee fondatrici - la libertà del giornalismo, la nostra frasetta che sta appesa qui in via Melzo 9: «Cercate la verità, nel dubbio un po' a sinistra»), il gusto di andare sui posti a vedere persone e luoghi, il piacere della lettura, quello che parte dall'occipite e va giù lungo la schiena. Poi bisognerà fare un bell'oggetto, facile da leggere e bello da conservare. Poi bisognerà non smettere di credere che le parole possano dare un contributo, anche se piccolo, ma qualche volta (come è capitato anche a noi) grandissimo, nel cambiare le stupide cose che ci stanno intorno. Poi bisognerà guardare i signori della pubblicità negli occhi e dirgli: «Ce la facciamo da soli».
A tutte queste cose (e speriamo nelle vostre buone proposte) si prova a lavorare. Dovremmo farcela. E anche abbastanza presto. diario 7 - 9 - 2007
Ritagli di giornali, libere opinioni, ricerche storiche, testi e impaginazione di: Tiziano Dal Farra
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Un tempo, leggevi queste cose e ti trovavi su www.vajont.org
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