Scritti di Carlo Semenza


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Dalla rivista friulana "Il Noncello", I° semestre 1960

LA DIGA DEL VAJONT

«Nel 1905 l'impianto idroelettrico del Cellina rese possibile ed affrettò l'apertura della strada lungo la gola del torrente, estremo lembo occidentale del Friuli. Si può dire senz'altro che tale strada conducesse alla scoperta della vallata, del suo paesaggio e delle sue genti, ingiustamente lasciati in abbandono» (1).

Lo stesso si potrebbe ripetere oggi, da quando cioè un'altra strada, recentemente ricostruita per un suo lungo tratto, collega la Val Cellina con quella del torrente Vaiont e con Longarone, a pochi chilometri da Belluno. E per un analogo motivo. Nella stretta, profonda forra del Vaiont (fig. 1), spesso ricordata dalla letteratura turistica per il suo orrido paesaggio, sono in avanzata fase di esecuzione i lavori per un grandioso sbarramento, la più alta diga a doppia curvatura del mondo.

Ma la diga ancora non è finita (2); sembra ormai lontano il mese di settembre del 1956 quando il brillamento della prima mina fece rotolare nel greto del torrente i primi metri cubi di roccia. Ed ancora pochi mesi separano i 400-500 uomini - tecnici ed operai - dal compimento della loro opera.
Per chi segue i lavori del cantiere o vive in esso, è forse difficile sapere quali pensieri, quali impressioni possa avere e riportare per la prima volta uno dei tanti visitatori della valle del Vaiont. Forse, anzitutto, un senso di paura, di sgomento o di perplessità: comunque una sensazione forte e viva. E non può essere altrimenti, di fronte a ciò che l'uomo sta facendo. Sconvolge le leggi millenarie imposte dalla natura alla montagna, costringe le acque a compiere una ben determinata, benefica attività, costruisce una esile struttura capace di sopportare, trasferendole ai fianchi rocciosi, fortissime pressioni. E ciò a prezzo di sacrifici, di rinunce, di disillusioni, a prezzo anche della vita. Di fronte alla montagna spaccata del Vaiont, ai 400.000 mc. di roccia asportata da centinaia di martelli perforatori, sembra risultare istintiva una simile riflessione.

Il serbatoio del Vaiont, della capacità utile e di invaso di 150 milioni di mc. d'acqua, si trova quasi nel baricentro dell'impianto Piave-Boite-Maè-Vajont della Società Adriatica di Elettricità, che utilizza il corso medio del Piave e i suoi affluenti fra lo scarico dell'impianto Piave-Ansiei a q.ta 683 e la presa per gli impianti Piave-S. Croce a Sovérzene a q.ta 392 s.l.m.. Tale impianto è costituito da un complesso di serbatoi collegati a mezzo di un sistema di gallerie lungo una cinquantina di chilometri fino alla centrale di Sovérzene (fig. 2), utilizzatrice principale delle acque di tutto l'impianto.

Gli afflussi propri del bacino del torrente Vaiont non bastano a riempire il nuovo serbatoio, per ciò l'acqua verrà derivata attraverso apposite gallerie da Pieve di Cadore, dalla valle del Boite e da quella del Maè. La diga del Vaiont è stata oggetto nell'ultimo trentennio di numerose, successive progettazioni: quella adottata, che risale al 1956, consente di sfruttare in pieno le caratteristicbe della valle, particolarmente favorevoli alla costruzione di uno sbarramento di grandi dimensioni. Infatti la diga avrà un'altezza di 262 m., un volume totale di 350.000 mc., uno sviluppo al coronamento di 190 m., una corda in sommità di 168 m., uno spessore alla base di 22 m. ed in sommità di 3,40.
La diga sarà del tipo ad arco-cupola, cioè atta a resistere alla pressione d'acqua in virtù della propria forma più che in virtù del peso proprio. Essa sarà essenzialmente costituita da una volta che lateralmente poggia attraverso i giunti perimetrali su una struttura continua ricavata nella roccia, chiamata «pulvino», ed inferiormente attraverso i giunti suborizzontali su un tampone di fondazione.

Oltre che ai più moderni metodi di calcolo, il progetto della diga è stato sottoposto ad una serie di prove su modello eseguite a Bergamo nel grande Laboratorio ISMES, appositamente attrezzato per tale genere di prove. I modelli eseguiti sono stati di dimensioni particolarmente notevoli (oltre 7 metri). Il primo modello (fig. 3) ha consentito un controllo della prima serie di analisi eseguite; il secondo modello, completato a seguito dell'avvenuta ultimazione degli scavi, ha consentito una notevole economia e nello stesso tempo ha dimostrato che era stata raggiunta una migliore distribuzione degli sforzi e una riduzione dei loro valori massimi.

Nella diga verrà poi messa in opera un'estesa rete di controllo e di misura costituita da ben 350 strumenti installati in parte nella diga, in parte nella roccia. Essa comprenderà termometri, estensimetri, pressiometri, sismografi ed altri strumenti destinati a controllare minutamente tutti i possibili movimenti, anche piccolissimi, della grande struttura.

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La costruzione è stata iniziata nel 1956 con una deviazione stradale di circa 6 chilometri che fra l'altro presenta un interesse panoramico di prim'ordine: essa entra dapprima nella gola profonda del Vaiont fin quasi alla diga che di qui si vedrà in tutto il suo sviluppo dal basso in alto, attraversa la gola su un ponte a grande altezza sul fondo, poi ritorna con una serie di gallerie nella valle del Piave dove una grande tornante raggiunge alla sua estremità all'incirca la quota di coronamento della diga. Da questo punto il colpo d'occhio verso sud, cioè verso la media valle del Piave, è bellissimo. La strada si interna poi nella gola all'altezza del massimo invaso con altre grandiose visioni fino alla diga e al passo di Erto.
Gli scavi sono stati effettuati quasi completamente nell'estate del 1957 e nel 1958 fino al mese di agosto.

Il lavoro di scavo è proceduto fra grandi difficoltà. La regione montuosa nella quale è incisa la valle di erosione del Vaiont consta di un complesso di stratificazioni calcaree dolomitiche dislocate e contorte nel corso di fenomeni orogenetici. La stretta presentava pareti che si avvicinavano alla verticale, donde le difficoltà di scavo per gli operai, i quali hanno dovuto spesso lavorare in condizioni di sensibile disagio. Essi hanno tuttavia adempiuto al lavoro con un attaccamento veramente ammirevole come è spesso della gente che vive in paesi poverissimi nei quali il lavoro è quasi sempre una dura e dolorosa necessità.

Contemporaneamente agli scavi per l'impostazione della diga, procedettero altri lavori complementari - oramai ultimati - quali l'esecuzione delle gallerie di immissione e di presa e degli scarichi delle acque del serbatoio.

Vennero anche eseguite numerose opere di impermeabilizzazione e di consolidamento, quali, ad esempio, lo schermo principale di tenuta - ideale prolungamento della diga nella roccia - eseguito a partire da otto cunicoli approntati a quote diverse delle due sponde. Da tali cunicoli si eseguirono dei fori di varia lunghezza (60-120 m.) entro cui venne iniettato del cemento a pressioni variabili col carico idrostatico e con la natura della roccia.

Nell'agosto del 1958 la prima benna di calcestruzzo fu gettata contro la roccia di fondazione. Da allora la diga cominciò a prendere forma, alzandosi in media 60 cm. ogni giorno fino a raggiungere i 210 metri di altezza attuali. Alla fine della stagione lavorativa del 1959, l'avanzamento dei lavori era quello visibile nelle figg. 4 e 5.

Sul letto del fiume Piave è stato installato l'impianto per lo scavo, lavaggio e classificazione degli aggregati costituiti da ghiaia e sabbia calcarea naturali prelevati sullo stesso greto del Piave. Da qui gli inerti già selezionati e suddivisi in 6 categorie (da 0,06 a 1,00 metri) vengono trasportati mediante una teleferica della potenzialità di 175 t/h, lungo 1.400 metri per un dislivello di oltre 300 metri, fino ai tre sili da 600 mc. l'uno approntati nel cantiere della diga. Il cemento arriva invece in cantiere mediante autocisterne e viene depositato in 4 sili della capacità complessiva di 1.200 t. Nastri trasportatori immettono cemento ed inerti in una torre di betonaggio con 3 betoniere da 2 mc. l'una. Il calcestruzzo viene trasportato in diga per mezzo di due blondins aventi una luce di 435 metri (da una sponda all'altra della valle) con benne da 4 mc. per una distribuzione di complessive 200 t/h e di un derrick da 6 t. installato nella sponda sinistra della valle.

Un cantiere all'apparenza quanto mai semplice e ordinato. Poche baracche per i vari servizi si affiancano ai macchinari. Un piccolo paese destinato a scomparire entro l'anno. Lascerà il posto ad un grande lago, torneranno a crescere fiori ed arbusti a fianco di una nuova, ampia strada di montagna.

CARLO SEMENZA - MARIO RUOL


N O T E

(1) tratto da L. ZANINI: «La Valcellina», Vie d'Italia, novembre 1931.

(2) L'articolo è stato preparato per la rivista durante l'ultima stagione lavorativa (estate 1960). Attualmente la grande opera è ultimata.


Filmato di 86 minuti (2008): mettetevi comodi. Se possibile, scaricatelo su un portatile o chiavetta USB e diffondetelo: scuole di ogni ordine, associazioni, club sportivi.
Come sentirete, sappiate che si rischiano querele anche solo a parlarne, di "Vajont". Sta qui: http://www.blip.tv/file/2152741/.

Qui la storia straordinaria della staffetta Erto-Roma 2007. Per altri links, vedi sotto.


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