IL VAJONT DOPO IL VAJONT - 1963/2000

FERRUCCIO VENDRAMINI

VICENDE DI AMMINISTRAZIONE LOCALE TRA CENTRO E PERIFERIA (1963-1999)

1. ALL'INDOMANI DEL DISASTRO (1963-1964)

Ci si accosta con sgomento alle primissime carte del «dopo Vajont» conservate nell'Archivio del Comune di Longarone. Dalla stesura delle deliberazioni del Consiglio comunale traspare il dramma vissuto in quei giorni. Sulla finca degli «assenti» c'è una croce accanto al nome di quanti erano stati travolti il 9 ottobre, compreso il sindaco socialista Guglieimo Celso. Già partigiano della brigata Garibaldina «Calvi», Celso capeggiava una coalizione di sinistra, comprendente comunisti e indipendenti. L'ultimo Consiglio comunale da lui presieduto porta la data del 3 agosto 1963 1.

In quei giorni i consiglieri superstiti operarono senza sosta, nonostante, a ogni risveglio, si rinnovassero dolore e sbigottimento per unluogo che non c'era più, per una comunità sbriciolata2. Il vicesindaco, Terenzio Arduini, che prese in mano le sorti dell'Amministrazione comunale, aveva perduto il figlio, salutato la sera del disastro lasciando il bar della stazione ferroviaria che la famiglia gestiva. Nonostante tutto, ci si diede coraggio, si ebbe la forza di ritrovarsi e di reagire.

Non è una frase di circostanza: sono molti i fatti che lo testimoniano. Mentre giungevano i parenti assieme a gente comune per prestare aiuto, mentre i militari, le forze dell'ordine, i vigili del fuoco, siaccampavano e i giornalisti e fotografi mandavano i primi resocontisulle origini del disastro, mentre si nominava l'onorevole GiacomoSedati commissario straordinario di Governo, i consiglieri comunali decisero di ritrovarsi subito riprendendo un compito arduo3. Era il 1 ottobre quando ci fu la prima riunione; presenti, oltre ad Arduini, anche Domenico Bez, Giacomo De Bettio, Antonio e Pietro DeBona, Aristide Giordani e Luigi Piucco. Unico punto all'ordine delgiorno: inoltrare denuncia all'autorità giudiziaria contro i «possibiliresponsabili della tragedia». Il patrocinio fu assegnato a tre avvocati di fiducia, Giacomo Corona originario di Erto, Manlio Losso diCodissago e Antonio Bertolissi di Belluno (le simpatie politiche deitre andavano rispettivamente verso la DC, il PSI e il PCI4.

Ci si riconvocò il 15 ottobre, alla presenza di nove consiglieri. Inmancanza del numero legale (erano venti i componenti l'intero Consiglio), la riunione fu valida in seconda convocazione. Alcuni di lorosi erano allontanati da Longarone; più tardi si poté riformare unamaggioranza per deliberare in via legale senza ricorrere subito anuove elezioni. Nella seconda seduta del «dopo Vajont» fu unanimela volontà di «rinascere» là dove s'era abbattuto il cataclisma. Nondovevano esserci dubbi al riguardo: si volle dare così un segnale aisopravvissuti5.

Anche i dipendenti del Comune fecero la loro parte. A questo proposito vale la testimonianza di Ezio Zuliani, già dirigente dell'Ufficiodi segreteria del Comune di Longarone. Zuliani si è salvato dal disastro poiché abitava nella zona di Longarone risparmiata dall'acqua, ecioè l'area che da palazzo Mazzolà, sede del municipio, si diramavaverso il Comune di Castellavazzo. Era in casa, quella notte, assieme aun figlio e alla moglie che ne aspettava un altro7. In questo quartiererisiedeva anche il segretario comunale, Mario Laveder. Fu tra i primia dare soccorso. Zuliani lo vide gettare dalle finestre i materassi percoricarvi i feriti destinati all'ospedale di Pieve di Cadore.

Tra i dipendenti comunali si salvarono Giorgio Pioggia dell'Ufficio ragioneria, Giovanni Bez, guardia boschiva8, Silvana Verdin Nicosia e Attilio Marogna dell'anagrafe, mentre perse la vita, fra gli altri, il vigile urbano Gino Ferranti, che era presidente della sezione dei volontari del sangue9.

Nei vari uffici affluirono nuovi collaboratori, nonché impiegatiesterni mandati a Longarone da altre amministrazioni. Fu rafforzatol'Ufficio tecnico, che aveva una struttura consorziale, cioè gestiva la materia con i rappresentanti dei Comuni vicini. Furono gli impegni immediati e quotidiani a dare ancora senso alla vita dei superstiti. Zuliani ricorda che non si contavano le ore di lavoro. Le pratiche da sbrigare si accatastavano sul suo tavolo. Spesso doveva uscire dal municipio e contattare la gente per strada.Buoni pasto e buoni d'abbigliamento da distribuire, notifica e tutelariel denaro che proveniva dal mondo intero da distribuire in modosensato e più pratico possibile a chi ne aveva bisogno, assistenza sanitaria e accoglienza a quanti ritornavano dall'estero, collocazionedegli orfani (decine di loro avevano perso entrambi i genitori). Nonesistevano più né scuole, né negozi, né posta, né banca, né chiesa; mille problemi, innumerevoli richieste e proposte. Intensissima ful'attività dell'ufficio anagrafe per verificare la situazione demograficae dare conto ai parenti e alle autorità. I primi dati raccolti non eranoprecisi; solo più tardi si poté fissare il numero delle vittime.

Fra coloro che diedero aiuto continuo in municipio fu proprio ilsegretario comunale Mario Laveder10. Uno dei primi documenti che uscirono dal Comune, firmato dal vicesindaco Arduini e da Laveder, porta la data del 18 ottobre 1963, nove giorni dopo la distruzione. È intitolato 'Disastro della diga del Vajont. Ricostruiamo Longarone' ed è indirizzato all'on. Sedati. Ildocumento fu spedito anche al presidente della Repubblica e a quello del Consiglio dei ministri, a vari ministri in carica, ai parlamentari eletti in provincia (Granzotto Basso, Corona, Colleselli, Fusaro), alpresidente dell'UNCEM, della Provincia di Belluno e del BIM del Piave,ai comandi militari, al prefetto e ad altre autorità ancora11. Il dattiloscritto, steso materialmente da Zuliani nottetempo, traccia gli orientamenti generali che si diedero gli amministratori.

C'era stato in precedenza un incontro pubblico dei consigliericomunali con i cittadini superstiti della zona nonché con quelli dellefrazioni rimaste indenni (si stavano costituendo anche dei comitatiautogestiti dei superstiti, non solo a Longarone). Il dibattito riguardava la sicurezza e il futuro del paese. Uno dei primi obiettivi da fissare era il seguente: riedificare Longarone sulle sue macerie. Larichiesta muoveva da alcune considerazioni sul suo ruolo d'eccellenza sotto il profilo storico, geografico ed economico. Non era uno deitanti centri periferici della montagna bellunese e gli amministratorine avevano consapevolezza. Così il documento:

Longarone, posto al punto di incrocio della strada statale di Alemagna n. 51 (Venezia-Cortina) ha avuto sempre anche nei tempi andati una notevole e determinante importanza economica e sociale per la vallata intera e per le vallate cioè del Piave, della Val Zoldana che su Longarone gravitàno. Longarone, nonostante il suo limitato numero di abitanti è sorta alla confluenza del Maè, del Vajont col Piave, e cresciuta come una piccola città e della città aveva la aperta mentalità, gli usi e il preciso e consapevole senso della responsabilità di essere il centro propulsore di ogni attività economica (industriale, commerciale turistica, eec.) e sociale della zona intera che la circonda. Per questo una volta Longarone era detta «La piccola Milano». Nel quadro dell'economia della provincia Longarone era, dopo Feltre, l'unica zona relativamente industrializzata12.
Si ribadiva dunque che solo l'industria poteva innescare il processo di rinascita. Già l'Amministrazione del sindaco Celso avevaimpostato interventi del genere. L'intero Bellunese tentava di usciredall'emarginazione economica attraverso la creazione di posti dilavoro nel settore secondario, dopo avere constatato la crisi dell'agricoltura e l'insufficienza del turismo. Il boom italiano dei secondianni cinquanta non aveva coinvolto la provincia, dove continuaval'esodo migratorio e si accentuava l'abbandono delle attività dellostesso settore primario:
Longarone faceva sicuro affidamento, per il proprio sviluppo economico, sulle industrie come unica possibile vera fonte di vita, e non sulla agricoltura che se si è già dimostrata antieconomica in zone più favorite [...]; nelle nostre non porta che per conseguenza dolorosamente logica che laperpetuazione della povertà della nostra gente che vi è ancora addetta. NéLongarone faceva sensibile affidamento sul turismo i cui redditi sononecessariamente limitati per la particolare ubicazione (agli effetti del turismo) e per la brevità della stagione turistica (35-45 giorni all'anno).
Era una lettura dei fatti che gli amministratori definivano «realistica e dura»; si aggiungeva che Longarone, assieme al vicino Comune di Castellavazzo, aveva portato a buon punto un Piano generaleche, se realizzato, avrebbe consentito uno sviluppo «tangibile ecerto»13. Il 9 ottobre erano stati cancellati «in tre minuti» tutti i progetti «unitamente a circa 2.000 cittadini». Era dunque indispensabile che rimanessero nei superstiti la certezza in una ricostruzionerapida e il senso di un possibile riscatto; per tale motivo c'era bisogno del «determinante intervento dello Stato» e degli «organi regionali e provinciali».

A questa prima parte del documento segue un esame della situazione di Longarone a cui si era «strappato il cuore», cioè il nucleopiu vivo e pulsante del comune, dove svettavano la chiesa parrocchiale e il campanile, si ergevano alcuni palazzi eleganti sulle cui facciate si leggeva la storia della comunità, si aprivano i negozi e i ritrovi pubblici in piazzette linde e familiari14. Per ricomporre il paese (dal momento che «sul deserto del capoluogo di Longarone» non solo aleggiava la morte di tanti concittadini, ma incombeva «l'impossibilità di vita per i superstiti»), i longaronesi puntavano certamente su un aiuto esterno, ma erano altresì convinti della necessità di recuperare e unire le proprie residue energie e di usarle subito, senza attendere.

Segnali incoraggianti per gli amministratori erano già «la presenza e l'opera dei reparti militari subito accorsi alle dipendenze delgenerale Carlo Ciglieri»; i soldati erano stati «di determinante aiuto materiale e morale». Erano state trasmesse «serenità e forza» e a loro andava un «imperituro ringraziamento».

Cosa fare perché Longarone tornasse a vivere? L'assemblea di cittadini e amministratori era stata concorde: il capoluogo là dov'era sempre stato e ritrovare il ruolo avuto prima del disastro. Longarone - continua il documento - non intendeva «in alcun modo sottrarsi alle responsabilità» che c'erano «nei confronti delle popolazioni lontane e limitrofe», per la sua posizione strategica, per le sue tradizioni e per quel senso di solidarietà profonda che legava «la gente della montagna». Si pensava alle «nuove generazioni» che aspiravano a vivere «una vita degna di essere vissuta», pronte ad affrontare «nuove fatiche», ma alla condizione «di vedersi assicurata una vita civile». Era uno dei temi che si discutevano allora in Provincia: la «questione montagna». L'abbandono della terra d'origineera dovuto anche ai più alti livelli di benessere raggiunti altrove. Siconsolidava quindi l'idea della «ricostruzione» come «volàno» per un generale cambiamento dell'intera vallata. La gente di Longarone doveva «trovare in loco quella sicurezza di vita, quella agiatezza» che da decenni cercava «vagando raminga nel mondo».

La «sicurezza di vita» esigeva il soddisfacimento di alcune condizioni. La prima, fatta presente nel documento del 18 ottobre, era lasalvaguardia idrogeologica rispetto alle dighe di Sottocastello e Pontesei, costruite dalla SADE a monte di Longarone. Senza accertare lasolidità degli impianti era difficile, anche sotto il profilo psicologico,vivere a fondo valle. La seconda condizione atteneva alla possibilitàdi offrire redditi sicuri alla popolazione:

Il Governo nel suo determinante intervento per risollevare tale problema non deve considerare [...] le sole esigenze di Longarone, ma deve risolvere il problema di Longarone in funzione delle esigenze delle popolazionidelle vallate che gravitàno su Longarone (20.000 abitanti). È necessariocioè che vengano istituite nella Vallata [di] Longarone da Castellavazzo aFortogna industrie per circa 4.000 posti di lavoro. L'insediamento di taliindustrie farà gravitare nella zona di Longarone i valligiani che finalmentenella sicurezza del lavoro potranno disporre di redditi dignitosi e condurreuna vita civile in seno alla ricostituita famiglia. È necessario però che leindustrie che si insedieranno nella zona diano la assoluta garanzia di stabilità di continuità e non siano soggette alle conseguenze di cicliche crisi economiche o di concorrenza di mercato. E necessario cioè che le industrievengano insediate dallo Stato (IRI), che siano industrie di base, scelte fraquelle che relativamente alla zona diano il maggior affidamento di produttività e di capacità competitiva di mercato, ma che non dipendano da questifattori per la loro sopravvivenza15.
L'insediamento di un'industria a partecipazione statale nella zonadel Vajont fu poi una costante richiesta della sinistra bellunese, siadei comunisti che dei socialisti che in quei giorni stavano preparandosi al Congresso nazionale dove si sarebbero affermate le posizioninenniane per il successivo approdo al centro sinistra. Peraltro, gliamministratori longaronesi non escludevano l'iniziativa dei privatiper quanto concerneva la piccola industria e l'artigianato. S'inserivaqui la terza condizione: ai piccoli industriali e artigiani della zonadovevano essere garantiti i capitali necessari per riprendere le attività distrutte. Erano reclamati tempi brevi per l'indennizzo da partedello Stato. Era anche questo un punto essenziale per consentire il«ripopolamento del capoluogo».Ritornare a Longarone sì, ma con quali abitanti? Due sole le possibilità: far rientrare gli emigrati e trasferire la gente dalle frazioni eda alcuni comuni della vallata. A tale scopo occorreva creare «un'attrattiva» che non fosse solo «sentimentale», ma che rispondesse a una «sostanziale prospettiva» di benessere. Da qui la necessità di avere un progetto complessivo e ben articolato di rinascita, attraverso anche un piano regolatore generale per l'edilizia pubblica e privata. Così ancora il documento:
Tali obiettivi obbligano non solo alla ricostruzione delle case e degli opifici distrutti ma alla canalizzazione del Piave per il reperimento delle areeche sono necessarie e alla formulazione di un programma di piano di sviluppo edilizio che risponda a tali esigenze che investono la vallata non solodegli attuali abitanti di Longarone ma di quanti altri vi caleranno dalle valli circostanti richiamati dalle possibilità di vita che si instaureranno nellavalle- Not abbiamo dato mcarico agli urbanisti che già avevano redatto ilniano regolatore generale di Longarone a studiare e redigere, prendendorontatti con le FF.SS., l'ANAS, il Provveditorato alle OO.PP., il nuovo piano regolatore, che risponda a tali esigenze.
L'Amministrazione di Longarone chiedeva fra l'altro che le provvidenze statali per le aree depresse del Sud fossero immediatamenteestese alla montagna veneta e che il suo annoso isolamento fosse vintoattraverso un sistema viario adeguato, ivi compresa la costruzionedell'autostrada Venezia-Longarone-Monaco, che in quel periodo erain discussione, autostrada che è giunta poi fino quasi a Longarone.

Infine la giustizia. Il Consiglio comunale aveva già sollecitatoun'inchiesta parlamentare, a parte la «regolare denuncia» all'autorità giudiziaria contro i presunti responsabili del disastro. Si chiariva però subito una questione delicata. La diga del Vajont, per intervenuta nazionalizzazione del settore, era dello Stato e quindi era loStato «il diretto responsabile dei danni» che la vallata longaroneseaveva subìto. Indipendentemente dall'esito dell'inchiesta e della sentenza del giudice, gli amministratori comunali erano convinti chefosse lo Stato, in prima battuta, a dover provvedere all'indennizzo.Il documento si chiude in modo drammatico, quanto deliberatoè scritto era un «disperato appello» alle autorità: ricostruzione e giustizia dovevano avere corso immediato16.Non isolamento ma collaborazione fra tutti, non risposte di cortorespiro ma volontà di programmare, concatenando fra loro problenii, risposte rapide e obiettivi finali. Ciò è confermato da un altrodocumento, che si muove sulla falsariga del precedente; esso si confronta anche con le prime provvidenze prese dal Governo. Il titoloè identico a quello precedente, ma è segnato come 'Relazione n. 2'.Porta la data del 5 novembre 1963 e la firma della Giunta comunale. Nel frontespizio della relazione pubblicata dalla tipografiaCastaldi di Feltre si legge che ci fu, il 22 novembre successivo, anchel'approvazione del Consiglio comunale.
Non è possibile dilungarsi troppo su questo documento, ma gli vadata almeno una scorsa. È suddiviso in sei parti: interventi delloStato e problema della sicurezza (situazione idrogeologica, risarcimento dei danni, messa in moto dell'edilizia e dell'economia); decisioni, corrispondenza e colloqui già avuti dal Comune per «la ripresa e la resurrezione di Longarone»; «programma di azione» degli amministratori locali (collaborazione dei longaronesi con le autorità, raccolta dei morti, trasporto delle macerie, assistenza ai sinistrati5, ricostruzione generale, casa-soggiorno per gli anziani, fabbricato per i servizi collettivi, aree fabbricabili, autostrada); solidarietà manifestata da enti pubblici e privati di tutto il mondo e utilizzo dei fondi; Ente Regione e decentramento; emendamenti al provvedimento n. 258 tramutato nella legge 1457 del 4 novembre 1963 17.

La Relazione 2 risente del dibattito che rimbalzava allora fra lesedi dei vari partiti politici, a livello provinciale e nazionale. E ancheun più vigoroso atto d'accusa. Lo prova la Premessa che apre lo scritto e che va citata integralmente:

La tragedia del Vajont non è imputabile alla fatalità della natura maesprime, al livello di una catastrofe che non ha precedenti nella storia nazionale recente, tutto il dramma vissuto dalle popolazioni della montagnaitaliana per l'assenza di provvedimenti necessari alla sicurezza dei cittadinicontro i pericoli delle frane e delle inondazioni dei torrenti e dei fiumi, perl'abbandono della economia e la decadenza di intere vallate, per lo spopolamento e l'esistenza di una massiccia emigrazione. Le oltre duemila vittime del Vajont sono il terribile prezzo che le popolazioni della montagna hanno pagato ad un sistema di sfruttamento operato per decenni dai monopolii elettrici. Tale sistema ha portato alla distruzione dei migliori terreni di fondo valle, ha impedito la difesa della stabilità del suolo ed una organica sistemazione idrogeologica, ha limitato e soffocato lo sviluppo di una fiorente attività artigiana e di piccole industrie, causando la mancata industrializzazione, e tutto ciò eludendo la Costituzione, le leggi, i regolamentie le decisioni stesse degli organi politici e amministrativi dello Stato. La tragedia del Vajont è la tragedia della montagna divenuta tragedia nazionale enon si può pensare di eliminarne le cause se non con misure che sottraggano al capitale monopolistico il potere di decidere sulle sorti dello sviluppoeconomico, democratico e sulla vita stessa delle popolazioni, e imponganoun nuovo tipo di sviluppo della economia e della società.
È qui rintracciabile l'impostazione politica che la sinistra dava aiproblemi della montagna, nonché il giudizio sulla SADE che avevamesso le mani sul sistema idrico dell'intera provincia di Belluno senzaadeguati controlli pubblici. Su questa lettura della realtà economicanon erano d'accordo tutte le forze allora al Governo. Peraltro, nel1962, gli accordi per un'alleanza organica di centro-sinistra avevanoportato al voto parlamentare sulla nazionalizzazione dell'energia elettrica.

Nel documento risuonano anche le discussioni e le voci della poopolazione. Come s'e detto, nelle varie località colpite dal disastro i superstiti avevano costituito dei «comitati», con i quali le amministrazioni comunali di Longarone, Castellavazzo ed Erto e Casso dovettero confrontarsi18. Sulla prospettiva da seguire per il «dopo Vajont» l'Amministrazione longaronese così precisava nella Premessa:

Si deve imboccare la via della programmazione democratica e di profonde riforme di struttura. Occorre partire dai problemi urgenti della sicurezza dei bacini contro le terribili minacce che ancora sovrastano sulla vita esui beni delle popolazioni della valle del Piave; occorre in modo immediato e preminente porre la questione dello sviluppo industriale, agricolo, delcommercio e del turismo; bisogna dare ai Comuni, alla Provincia, ai Consigli di vallata e altri organi democratici la preminente funzione nella elaborazione, nella direzione e nell'attuazione del piano di rinascita.
La scelta è inequivocabile: la strada maestra era quella della «programmazione» poggiante sulle istanze di base, e discussa dai Comuni e dai Consigli di valle (piu tardi Comunità montane), nonché dalla Provincia. Si temevano scelte che potessero sfuggire al controllodemocratico, magari attraverso la creazione di centri di potere facilmente manovrabili dall'esterno. L'idea era sostanzialmente quellache ora si definirebbe «sussidiarietà». Dove è possibile, prima i diretti interessati e poi le istanze superiori. Accanto a Comuni e Provincia doveva esserci un ente di programmazione, cioè la Regione: era una battaglia politica aperta a livello nazionale. A questo proposito c'è un altro brano da citare:
Non è azzardato dire che se gli enti locali avessero goduto di una realeautonomia, se avessero avuto reali poteri di intervento sugli organi tecnicie amministrativi dello Stato, sulla Sade, sulla Enel-Sade, i superstiti nonpiangerebbero oggi i loro morti, e gli italiani non sentirebbero pesare sui lorocuori oltre duemila caduti.
Per fare risorgere Longarone occorreva superare «la vecchiaconcezione dello Stato, accentratore e burocratico». La Giunta precisava che tra «le sedi» attraverso le quali «la volontà delle forze locali poteva esprimersi e operare» ci doveva essere la futura Regione del Veneto «con propri poteri legislativi nei vari campi dell'attività economica e sociale, e con un proprio assessorato regionale per i problemi della montagna»19.

Un altro rilievo della Giunta comunale riguardo i primi provvedimenti presi dal Parlamento attraverso la L. 1457. Essa aveva soddisfatto il settore delle opere pubbliche con «adeguati stanziamenti», ma aveva «indignato la popolazione» per quanto concerneva «la ricostruzione degli abitati» e «per il mancato preciso impegno del Governo al risarcimento dei danni, nonché per l'incertezza governativa circa lo stato generale di sicurezza dell'intera zona».
Il contributo previsto per riedificare nel centro storico si considerava assolutamente inefficace. Non si trattava di clonare schiere di«case popolari», ma di pensare a un paese dotato di nuovi edifici dacostruire secondo le esigenze più moderne e possibilmente in accordo con i Consigli comunali e i comitati dei superstiti.

Le rivendicazioni sono nette e bene argomentate; i longaronesimettevano in campo la loro voce non più come espressione di un«disperato appello», bensì come un sacrosanto «diritto».
Cito ancora un passo della Relazione 2, la dove si parla del risarcimento deidanni. Longarone non era neppure più un'area depressa ma «undeserto». La volontà era quella di esigere «assolutamente» unanuova «città ». Se ne aveva «diritto». Era quindi «giusto che gli incentivi dello Stato per la ricostruzione» fossero congrui, così come ilrisarcimento dei danni, «un diritto inalienabile del proprietario o deisuoi eredi secondo le norme del Codice Civile». Gli incentivi necessari perché i danneggiati o altri a loro nome ritornassero a Longarone dovevano considerarsi in modo distinto dal puro e semplice risarcimento. Ciò non costituiva «un arricchimenb illecito»: era invece«il premio per il coraggio dei cittadini e degli imprenditori dicostruire o ricostruire in aree depresse», o, come a Longarone, in«aree desertiche».
La Giunta di Arduini stese infine l'elenco delle opere pubblicheda fare: cimitero, strade, vie, piazze, giardini, parco, chiesa parrocchiale, asili per i bambini, scuole, vari fabbricati comunali, macello,pesa pubblica, casa di soggiorno per gli anziani, impianti sportivi,cinema-teatro, altri vari servizi collettivi. Neppure questo documento ebbe risposta in tempi brevi. Fra l'altro, la politica nazionale era in ebollizione in quei giorni: si andava verso la formazione del primo Governo organico di centrosinistra (Moro).

L'Amministrazione Arduini procedette con lena lungo le direttrici che si era data. Dopo un incontro a Roma (Ministero dei lavori pubblici), al quale intervenne anche un rappresentante del Comitato dei superstiti che spiegò l'orientamento e gli «umori» della popolazione specie per il ventilato trasferimento dei longaronesi a causadelle valutazioni di pericolo sulla frana del monte Toc20, ci si riunì aLongarone il 9 dicembre 1963. L'invito fu esteso ai parlamentari e airappresentanti della vita economica e sociale delle province di Belluno e di Udine, capoluogo che allora comprendeva la Valcellina edErto e Casso. La relazione di Arduini a quel convegno fu molto dettagliata e riguarda pressoché tutti i temi allora aperti.

Prioritaria era ancora la volontà di far risorgere Longarone a Longarone.
Il nuovo ministro dei Lavori pubblici, il socialista Pieraccini aveva raffreddato chi voleva una risposta rassicurante e immediata. Era rimasto un lago residuale dentro il bacino del Vajont; bisognava assicurarne lo svuotamento tramite nuove canalizzazioni. E tutto quel materiale caduto che effetti avrebbe avuto sulla diga?
Erto sembrava ancora sotto minaccia; da qui anche la dispersionedei suoi abitanti: spostarsi a quota più alta oppure trasferirsi in altrearee? Una parte di loro rimase, altri finirono vicino a Maniago (dovepoi sorse il Comune di Vajont), altri ancora si allocarono in un'areamarginale di Ponte nelle Alpi, chiamata Nuova Erto.
Al convegno di Longarone c'era anche l'ingegner GiovanniTagliavini, subcommissario del Governo per le zone sinistrate delVajont, che ebbe a illustrare le questioni tecniche sulla stabilità idrogeologica. Gli studi non avevano dato ancora certezze. I tempi dellaripresa si prospettavano più lunghi del previsto. Ancora una voltac'era da battersi perché si programmassero le opere necessarie allasicurezza degli abitati.

Un secondo intento del convegno: la modifica sostanziale della L.1457 21.
I problemi non erano affatto semplici neppure sotto il profilolegislativo. Esaurendosi l'emergenza, a cui avevano provveduto Sedati e Ciglieri, il Governo nominò una Commissione di studio presieduta dall'architetto Samonà, allora titolare di cattedra all'Istitutouniversitario di architettura IUAV di Venezia, e della quale faceva parte ilsociologo Pizzorno22. Anche attorno al lavoro di questa Commissione si accesero le polemiche. Studiare e programmare non può essere un compito astratto; l'incontro tra «i saperi» e «le sensibilità» comunitàrie è un equilibrio non facile da raggiungere. D'altro canto era interesse delle forze politiche locali far leva su quanto era accadutoper un recupero economico e sociale dell'area montana attraverso un piano comprensoriale con dimensioni adeguate e finanziamenti cònsoni.

Man mano che passava il tempo senza una ripresa concreta, sifaceva sempre più palpabile la tensione dei superstiti, che si eranofrattanto resi ben conto di quali torti erano stati vittime. La sinistra accentuò le accuse da anni rivolte alla SADE e allo Stato che non aveva visto, o voluto vedere. La DC provinciale rispose dipingendo i comunisti come agitatori privi di scrupolo; essi meritavano il disprezzo della gente: erano gli «sciacalli»23. Ciò sicuramente non aiutò a unire i superstiti fra loro.

Morti nel disastro il parroco monsignor Bortolo Larese e il cappellano don Lorenzo Larese, fu don Pietro Bez, originario di Igne, a guidare i fedeli di Longarone. A lui fu molto vicino il vescovo di Belluno e Feltre, monsignor Gioacchino Muccin; egli s'incontrò con Paolo VI, che fu solidale con i superstiti24. La Chiesa promosse l'arrivo di aiuti materiali e morali. Si mobilitò la Pontificia opera di assistenza, raccolsero fondi varie diocesi. L'Associazione dei maestri cattolici, le ACLI, la CISL (come d'altronde la UIL e la CGIL) si dedicarono alla gente per risolvere le tante necessità quotidiane25. Furono promosse visite particolari, come quella degli scout, e si tennero cerimonie di rilievo, come quella organizzata a Longarone per il ritornodella statua della Madonna, travolta dal Vajont e recuperata a Fossalta di Piave, o come la visita del cardinale Lercaro di Bologna checelebrò una messa in una chiesa prefabbricata, eretta ai margini delvecchio campo sportivo di fronte al municipio da volontari del paesee dagli alpini, chiesa donata dalla sua diocesi26.

L'appello della Chiesa bellunese fu quello della moderazione. Tuttavia, anch'essa ammise ritardi e «inutili complicazioni burocratiche»nella ricostruzione; si avvertiva inoltre che il clima sociale non era delmigliori. Di ciò si ebbe conferma attraverso il blocco stradale organizzato l'ultimo giorno del 1963, San Silvestro. La «ribellione» non fu indolore anche per i disagi creati dai dimostranti nei confronti diparecchi automobilisti che avevano come mèta le località turistichedel Cadore e dell'Ampezzano. La parola d'ordine della manifestazione era: «Longarone a Longarone» (il paese dov'era, la sicurezza idrogeologica e il risarcimento completo dei danni). La giornalista TinaMerlin ne fece la cronaca in un articolo apparso sulla rivista «Rinascita» dell'11 gennaio 1964. Per i comunisti la manifestazione sollecitava una svolta per il Vajont: occorreva che il Governo abbandonasse ogni incertezza che si trasformava in ritardi e disagi27.

Il giornale cattolico «L'Amico del Popolo» scrisse che il bloccostradale si sarebbe ripercosso negativamente sul futuro di Longarone. Secondo voci non controllate s'indicavano come responsabili "i comunisti", ma lo stesso settimanale annotava che né il sindaco, né l'Amministrazione (di cui facevano parte i comunisti), né il Comitato dei superstiti sapevano nulla della decisione presa28. È probabile che la protesta fosse scaturita spontanea dal basso, senza «ordini di partito» 29.Un altro blocco stradale fu allestito nel febbraio successivo, dopoche era uscita l'inchiesta amministrativa firmata dal professor CarloBozzi (presidente del Consiglio di Stato), in base alla quale, comeebbe a scrivere «L'Amico del Popolo», erano risultate gravi le negligenze della SADE e degli organi di controllo statali, e imperdonabile ilmancato coordinamento tra le autorità e gli uffici competenti (specieil Genio civile) delle province di Udine e di Belluno30.
Anche questo blocco sembra fosse «spontaneo» e fu molto partecipato e compatto: fermò il traffico della nazionale per il Cadore e per lo Zoldano.
Un analogo blocco si verificò a Cimolais (Valcellina). Il grado di esasperazione della gente era elevato e non fu facile convincere i promotori a «mollare»31. La protesta contro i ritardi della ricostruzione s'intrecciava con quanto stava accadendo sul versante della giustizia. Imagistrati bellunesi (il procuratore della Repubblica Arcangelo Mandarino e il giudice istruttore Mario Fabbri) non riuscirono subito a trovare esperti italiani al di sopra delle parti che fossero disponibili a fare chiarezza sulle cause del disastro; solo più tardi si fecero valere alcuni tecnici coraggiosi, alcuni dei quali non erano italiani.

A distanza di anni si può forse dire che la divaricazione tra ieurgenze dei superstiti e i tempi della macchina ricostruttiva fu troppoampia, nonostante nell'area si potessero vedere già i risultati di alcuni interventi ottenuti attraverso l'opera del commissario di governo32.
A febbraio del 1964, l'architetto Samonà ebbe a presentare ilpiano regolatore. Anche su questo versante si aprì una frattura, tantoche il Comitato dei superstiti ne chiese subito una completa revisione. Come si è già detto, la cultura urbanistica che si elaborava a livello universitario non era evidentemente in sintonia con quanti avevano ancora nel cuore e nella mente il vecchio paese33.

Sul piano regolatore e la legge sul Vajont il 5 aprile 1964 fu approvato dal Consiglio comunale un ordine del giorno che definisce bene le posizioni in merito. Il sindaco Arduini ricordò ai consiglieri presenti che con il 14 marzo precedente il Consiglio aveva adottato il situazione relativa alla sicurezza, sia a quella della ampiezza degli insediamenti residenziali e industriali. La preoccupazione degli amministratori e della popolazione verteva non tanto sui problemi urbanistici quanto sui «tempi» di attuazione del piano e sulla nuova legge sui Vajont che stava per essere approvata e che doveva necessariamente sostenere la realizzazione del piano stesso. Era necessario che tale preoccupazione pungolasse ancora il Governo acciocchéla nuova legge fosse davvero uno strumento in grado di far risorgere Longarone in tutti i settori.

Per Arduini il primo punto era ancora la «sicurezza»: il Consigliosuperiore dei lavori pubblici doveva pronunciarsi «con inequivocabile chiarezza sul problema (e tempi) dello svuotamento del bacino».Se, come personalmente egli riteneva, confortato anche dalle affermazioni del tecnico ingegner Rinaldi, non c'erano più pericoli di sorta, l'attuazione del piano adottato poteva essere «contemporanea nelle varie zone» e si sarebbero eliminate le perplessita e le incertezze che agitavano i longaronesi. Secondo punto sui quale ci si doveva intendere: il «comprensorio». L'opposizione di Arduini non era fattaal «concetto» di comprensorio ma alle probabili conseguenze negative per Longarone. Si temeva cioè che il «polo» di Ponte nelle Alpi potesse «attirare quelle iniziative industriali, commerciali e residenziali» che dovevano essere create innanzitutto nella zona sinistrata. Era dunque necessario che nello sviluppo industriale venisse «data assoluta priorità e sostanziale incentivazione differenziata al Longaronese» (e che fosse garantito l'insediamento in Longarone di impresea partecipazione statale «cosl come era stato promesso dalla settimaCommissione lavori pubblici»). Terzo punto evidenziato da Arduini: l'indennizzo. L'Amministrazione comunale aveva sempre sostenutotale necessità «non solo come diritto dei danneggiati ma, e specialmente, come esigenza prima per la ricostruzione economica e socialedi Longarone». A unanimità di voti la posizione del sindaco e dellaGiunta fu approvata e Arduini fu incaricato di esporre tali punti allaCommissione preposta alla stesura definitiva del progetto di legge.

L'Amministrazione Arduini intese dimostrare anche gratitudine verso coloro che avevano dato un aiuto disinteressato ai longaronesi. Da qui il proposito di assegnare la cittadinanza onoraria al generale Ciglieri54. Nel contempo ci si gemellò con Bagni di Lucca dove non si voleva fossero costruite opere pubbliche che avrebbero potuto minacciare quelle popolazioni. Si metteva così in rilievo il valore simbolico che stava assumendo Longarone nelle battaglie per la sicurezza idrogeologica e per la difesa della natura che non si dovevaassoggettare sempre e comunque al profitto privato.

Nel maggio 1964, un altro passo in avanti fu compiuto con l'approvazione della nuova legge sui Vajont, la n. 357, che, nel bene e nel male fu la base dei successivi interventi anche amministrativi. Il parlamento l'approvò il 31 di quel mese, dopo che molte sollecitazioni erano venute dai comitati dei superstiti e dalle amministrazioni dell'area del Vajont.

La Giunta di sinistra fu assidua anche nel chiedere giustizia. Già il 17 novembre 1963, aveva promosso con i crismi dell'ufficialità un'azione civile contro SADE ed ENEL avanti il Tribunale di Belluno, facendosi assistere dagli avvocati Antonio Bertolissi, Giancarlo Rasera Berna, Giacomo Corona, Paolo Licini, Emilio Rosini, Alberto Carocci e Loris Fortuna, che avrebbero potuto avvalersi di altri eventuali professionisti. Non si poté tuttavia aprire il contenzioso perché la causa civile doveva seguire, e non precedere quella penale35.

Il primo anniversario del disastro fu celebrato da Arduini con lapresenza di varie autorità, tra le quali il sottosegretario di Stato sen.Giorgio Oliva. Fu l'occasione per rendere noto che il Consigliocomunale aveva approvato il regolamento edilizio nonché il primodei tanti piani particolareggiati. L'Amministrazione era ormai al termine e si andò al rinnovo nel regolare turno elettorale del 22 e 23 novembre 1964 che coinvolse l'Italia intera.

A Longarone la posta in gioco era molto alta; ed essa travalicava iconfini del Comune. La sinistra si ripresentò unità attorno a Terenzio Arduini, mentre altri gruppi si coagularono su una candidaturadi prestigio, l'imprenditore Gian Pietro Protti; era di orientamentomoderato e liberale. Le liste non avevano un netto colore di partito; erano coalizioni di sinistra e di centrodestra.
La famiglia Protti rappresentava la storia imprenditoriale di Longarone e le sue capacità manageriali. Tra l'Otto e il Novecento aveva avutoun ruolo di primo piano, partecipando allo sviluppo industrialedella zona e durante il fascismo un Protti (il podestà) era stato al Parlamento per la provincia di Belluno. Negli anni antecedenti al disastro le attività gestite dai Protti davano lavoro a molta gente del posto. Nella lista di Protti ebbero dunque una parte predominante i candidati della DC. Certamente questo partito, che a Belluno era ancora assolutamente restìo a muoversi nella direzione del centrosinistra e controllava molti centri del potere pubblico e associativo, mise in campo tutta la sua forza per inserirsi a palazzo Mazzolà.

Nel contempo, parecchi problemi travagliavano la sinistra.
Com'e noto, nel gennaio 1964 il PSI conobbe la scissione della corrente da cui nacque il PSIUP. In Italia aumentarono i segnali dell'ispessirsi di un clima politico torbido. È un periodo storico che fa ancora discutere, se non altro per il ruolo che svolse allora il generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo con i suoi incontri ai più alti livelli dell'apparato statale. Nell'estate 1964 si ricuciva il centrosinistra organico e nasceva il secondo Governo Moro, e tuttavia le prospettive politiche riformiste sembravano già sfumate. Le traversìe del partito socialista s'irradiarono in tutto il Paese. Nelle elezioni amministrative del 1964 DC e PSI persero voti in Italia rispetto al 1960. In provincia la tendenza fu analoga, anche se con percentuali diverse36.

A Longarone la lista di Protti (simbolo: una casa con gru e la scritta «Ricostruzione») ebbe 892 schede valide, mentre quellacapeggiata da Arduini (stemma civico con la scritta «RicostruiamoLongarone») solo 550. Siccome non si votava con la proporzionale,16 consiglieri toccarono alla compagine guidata da Protti e 4 furonoquelli di minoranza37.

2. LE AMMINISTRAZIONI PROTTI, GALLI, POLLA (1964-1975)

Una relazione di Gian Pietro Protti sugli anni della sua amministrazione parla di due compiti fondamentali che ci si era proposti di raggiungere: dare casa e lavoro ai superstiti e ottenere giustizia38. Egli aveva perso l'intera famiglia e, sempre secondo la sua testimonianza, capì che non avrebbe mai potuto vivere lontano dai luoghi d'origine. Da qui la scelta di accettare la candidatura elettorale. Protti, nella stessa relazione, volle ricordare le persone che più erano state al suo fianco: l'onorevole Giacomo Corona e il nuovo prefetto di Belluno, Publio Petroccia, per un verso, e per l'altro i magistratiMandarino e Fabbri.

Il nuovo sindaco fu eletto nella seduta consiliare del 10 dicembre 1964 ed ebbe il conforto di 18 voti su 20 consiglieri; una scheda bianca, un voto per Pietro De Bona. Nel discorso di apertura Protti non si dimenticò di ringraziare l'Amministrazione uscente che aveva affrontato «rimprovvisa e tremenda situazione» da subito. Ricordò il sindaco Celso e gli altri consiglieri scomparsi. Dalle sue parole il bisogno dei longaronesi di sentirsi una «comunità unita» pare bene interpretato. Protti manifestò volontà e desiderio di collaborare strettamente «con la popolazione». Era d'altronde «dovere di tutti icittadini» contribuire alla rinascita.
Altra dichiarazione di Protti: essere attenti a che le frazioni delComune fossero poste su un piano di «eguaglianza economicosociale», per cui si pensò a commissioni di capifamiglia che portassero «la voce diretta» dei cittadini agli amministratori. Questa la conclusione del suo discorso: "Sicuri nell'aiuto di Dio e nella completa e cordiale collaborazione ditutti i longaronesi e dell'intero Consiglio comunale ci accingiamo con pienacoscienza al duro lavoro, spronati dall'esempio luminoso dei nostri cariscomparsi, e per essere degni di loro diamo senza riserve tutta la nostravolontà ed il nostro impegno per riportare la vita, la speranza, il lavoro nella nostra valle martoriata."

Il giorno dopo toccò alla Giunta, che fu così composta: assessorieffettivi Marcello Sacchet, Pietro De Bona, Gaetano De Nes, Valentino Salvador; assessori supplenti Fernando Longoni e Pietro De Cesero.
La nuova Amministrazione si preoccupò immediatamente delpiano regolatore particolareggiato del centro urbano ed emerserodelle differenze con l'opposizione; questa intendeva approvarlosubito, mentre la maggioranza chiese tempo per un ulteriore esamee per introdurre dei correttivi rispetto alle deliberazioni già presedalla Giunta Arduini39. Ci si affidò all'architetto Gianni Avon(Udine) per la redazione dei progetti di massima delle costruzioni edegli schemi orientativi per la loro utilizzazione, anche in riferimento al piano terra dei vari edifici che avrebbe disegnato il volto nuovoe «familiare» di Longarone40.

I tempi stringevano. Ci fu un'interpellanza dei parlamentari bellunesi della DC (Corona, Fusaro, Colleselli), che lamentarono la lentezza con cui procedeva la ricostruzione: erano necessari provvedimenti urgenti per non frustrare l'impegno dei superstiti41. In luglio si procedette alla nomina di chi avrebbe rappresentato il Comune di Longarone in seno alla Commissione incaricata di assegnare le aree edificabili42.
Bisognava fare i conti con leggi e regolamenti già approvati dal parlamento che avevano inserito l'area del Vajont in un comprensorio molto più ampio (non quindi solo i Comuni di Longarone, Castellavazzo, Erto e Casso). Il dilemma della precedente Amministrazione si ripresentò con acutezza: i progetti relativi alle strutture comprensoriali e l'adesione a esse, fino a che punto avrebbero nuociuto alle aree sinistrate? Ciò fu ancora oggetto di dibattiti accesi.
Analoghi discorsi si tennero a proposito del Consorzio per il nucleod'industrializzazione del Bellunese (CONIB), costituitosi nel febbraiodel 1965, in base alla L. 357 e a quella del 6 dicembre 1964 n. 1321 43.Spettavano al CONIB la «sistemazione, l'esecuzione, la scelta dei progetti delle nuove industrie» che avrebbero chiesto di stabilirsi nellazona e ottenuto i contributi della legge speciale44. Era un organismotecnico-politico di grande rilievo, essenziale per lo sviluppo dell'intero Bellunese e, dati i rapporti di forza esistenti in provincia, fu laDC a controllarlo saldamente.

Sull'attività di questo Consorzio e sulle pratiche svolte dalla Commissione provinciale per la riattivazione delle aziende sarebbeopportuno fare uno studio obiettivo e approfondito, senza autoincensamenti e senza critiche preconcette, e ciò anche per vedere quante delle aziende «promosse» avevano programmi seri e sono resistite nel tempo e quante invece si erano presentate solo per usare gli incentivi pubblici45.

In questa sede interessa sapere l'orientamento degli amministratori. C'erano dei dubbi nella maggioranza, specie sulle scelte delle aree su cui investire, mentre l'opposizione era più ferma nel privilegiare Longarone rispetto ai diritti avanzati da comunità esterne. Lo prova l'ordine del giorno presentato dai quattro consiglieri di minoranza, Arduini, De Villa, Franchini, Salvador. L'ordine del giorno parte dall'accertamento che diverse imprese industriali «di cui alcune cessionarie di modesti diritti derivanti da danni artigianali» erano state autorizzate a riavviare i loro impianti «in comuni ben lontani dalle zone colpite, usufruendo, in misura enormemente sproporzionata al dànno subìto, delle provvidenze stabilite dalle leggi».
Si considerava che tale stato di cose fosse «gravemente lesivo e irreparabilmente pregiudizievole al sollecito sorgere di industrie nellezone devastate» (dato che «la cessione gratuita di aree industrialieffettuate dai Comuni non danneggiati ma facenti parte del comprensorio» e il sollecito rilascio delle autorizzazioni da parte della Commissione convincevano gli industriali a «stabilire le proprie attività fuori dai centri» la cui distruzione aveva dato origine alle leggi del Vajont).

La convinzione era che le strutture industriali dovevanoprima di tutto «realizzarsi a Longarone e Castellavazzo, e soltanto inseguito negli altri comuni». Si voleva denunciare all'opinione pubblica «l'impropria applicazione dei benefici contemplati dalle leggi sul Vajont». Concepiti «per porre rimedio alle conseguenze economiche della catastrofe», essi venivano applicati in zone dove tali conseguenze erano irrilevanti, «pregiudicando di conseguenza l'insediamento di imprese efficienti ed economicamente valide nelle zone disastrate». Interpretando «rettamente lo spirito delle leggi stabilenti le provvidenze per il Vajont», l'ordine del giorno chiedeva che non si procedesse ad alcuna assegnazione di fondi fino a che non fosse «saturata la capienza delle zone industriali di Longarone e Castellavazzo». Occorreva insomma rispettare, più che la forma, lo spirito delle leggi per il Vajont; perciò si elevava una «formale protesta»,esprimendo la fiducia che le autorità provvedessero in merito,«subordinando le costruzioni industriali del comprensorio alle ricostruzioni dei comuni» che da esse attendevano «nuova vita»46.
Peraccertare come stavano le cose fu a Longarone anche il presidentedel Consiglio dei ministri Aldo Moro. Era il 23 agosto 1965 47. A questo punto è utile fare un passo indietro per seguire l'altrosettore che Protti considerava prioritario, quello della giustizia.

L'Amministrazione Protti scelse avvocati di propria fiducia; quelli precedenti furono liquidati non senza polemiche48. Al loro posto subentrò l'avvocato Giuseppe Bettiol, titolare della cattedra di Diritto penale all'Università di Padova, e politicamente schierato con la DC, coadiuvato dall'avvocato Alberto Scanferla. Avrebbe rappresentato il Comune di Longarone come parte civile nel processo penale che si stava attendendo dopo il primo accertamento delle responsabilità. Anche i sinistrati avrebbero potuto ricorrere a lui e al suo studio, oppure a Odoardo Ascari di Modena, a Ettore Gallo di Vicenza e a Giacomo Corona (di Erto)49.

Quando ci si interroga sui motivi di una difficile ricostruzione sociale e politica della zona, di «memorie divise», di risentimenti e dissensi prolungati nel tempo bisognerebbe andare a ritroso e riconsiderare alcuni fatti che ebbero a pesare come macigni. Uno di questi fu l'esito delle inchieste parlamentari. Quella di maggioranza provocò sconcerto nell'area del Vajont dai momento che negava che ci fossero state oggettive responsabilità di singole persone nell'evento. Quanto alla sinistra furono presentate due relazioni distinte, una firmata dal PSI e una dal PCI. Le parole pronunciate dai sindaco Protti in occasione del secondo anniversario del disastro (9 ottobre 1965) sono rilevatrici di accentuata sensibilità verso i problemi della giustizia. Anche uomini di orientamento «liberale» che avevano vissuto da vicino la tragedia (Protti la definiva un «olocausto») nutrivano e testimoniavano sentimenti comuni a tutti i superstiti. Le seguenti parole pronunciate da Protti hanno un valore emblematico:

Siamo ben consci che la Giustizia è il nesso sovrano che costituisce lastessa Società; senza Giustizia non vi è Società, ma vi è soltanto la guerra dell'uomo contro l'uomo. Come tutti ci furono vicini in Italia e al di là dell'Italia con slancio umano di carità e di amore, così noi oggi sentiamo che la Giustizia cerca la verità anche per noi. Essa ha affrontato un'opera enorme, ardua, ma ha raccolto una quantità di prove sterminate, ha dato l'avvio ad una istruttoria che giorno per giorno riporta i fatti alla luce del vero. In quest'opera noi sentiamo che la società ci è vicina, in quanto essa si esprime attraverso la Giustizia. Ho detto tremenda fatica perché tutti ci battiamo contro un complesso di interessi non solo economici ma anche politici, pubblici e privati, quale mai prima d'ora si era formato per coprire e per far dimenticare una tragedia. Le forze politiche si sono spaccate ed ancora una volta hanno voluto dare della verità due facce, due versioni, taluno ha perfino trasformato il vero, ha dimenticato i dati, i numeri, i fatti. Da parte dell'Ente pubblico elettrico non si è fatto un passo verso di noi; i responsabili si sono limitati ad arroccarsi dietro una difesa tecnica spietata quanto fittizia, tendente soltanto a nascondere la verità.
Un mostruoso bilancio consente a costoro di disporre di migliaia di milioni per combatterci; vincoli, legami professionali, interessi più o meno scientifici, accordi politici sono arrivati a sottrarre alla nostra causa persino gli scienziati come se le nostre Università non fossero al servizio del progresso e della verità, ma degli interessi di chi è più forte. Perché anche questo è accaduto e noiabbiamo peregrinato per gli Atenei d'Italia a chiedere un aiuto agli uominiche occupano le Cattedre per sentirci rifiutare una interpretazione dei fatti,un parere, una memoria. Né è valso implorare costoro in nome di chi èmorto; tanta è la forza di chi combatte contro di noi.
Ma è stato da questa lotta impari che la nostra energia si è moltiplicata, che abbiamo cercato nel fondo delle carte, che l'istruttoria ha posto a disposizione della nostra difesa, che abbiamo interpretato dati e numeri e note che erano pubbliche sebbene frammentarie. E la nostra convinzione si è rafforzata per iniziare e continuare una battaglia che non è solo la nostra battaglia, e la battaglia di tutta l'umanità contro un sistema, contro una impostazione che fa dell'uomo un mero strumento, che lo espone ai rischi più crudeli, una impostazione che non ha alla base il rispetto del valore umano, ma conosce soltanto la forza del valore patrimoniale50!
La citazione è lunga ma ci aiuta a comprendere le incrinatureoramai profonde che s'erano create sul versante della giustizia. Il sindaco Protti, al di là delle divisioni ideologiche, riteneva che il vincolo che univa i superstiti era ancora forte; «primo dovere» eraquello di non arrendersi e di pretendere l'accertamento delle causeche avevano portato alla «strage»51.

Il giorno dopo la commemorazione ufficiale, un gruppo di superstiti di Longarone, Castellavazzo ed Erto e Casso, facendo capo aTerenzio Arduini, promosse una pubblica «manifestazione per lagiustizia e la ricostruzione». Nella mattinata del 10 ottobre si diedero appuntamento a Longarone e diffusero un accorato Appello al Paese52.

Ulteriore causa di divisione, malessere e protesta fra i superstiti ele forze politiche fu, com'è noto, il trasferimento del processo penale: dalla sede naturale di Belluno lo si volle portare all'Aquila per«legittima suspicione»53.

In quel frangente fu approvato un documento dai tre Comuni disastrati: è uno scritto che va oltre la condanna e porta il segno d'inequivocabile dignità e di forza d'animo. Seguì una Lettera aperta al popolo italiano perché si continuasse a ricordare il Vajont, letteraapprovata ancora in modo unitario dai Consigli comunali di Longarone, Castellavazzo, Erto e Casso54.
I superstiti furono costretti a faticose trasferte all'Aquila e a umilianti attese, e la sentenza fu deludente. Da qui altri anni dentro i «meandri» della giustizia fino all'ultimo grado penale poco primadella decadenza dei termini. Tempi lunghi ci furono anche per ottenere il risarcimento dei danni.

Queste vicende s'intrecciano con le condizioni finanziarie deisuperstiti.
Già l'Amministrazione Arduini aveva messo in guardiasul significato e la durata degli interventi esterni: non si volevano«elemosine», ma subito il risarcimento. Lo Stato avrebbe potutointervenire prima che si definissero tutte le responsabilità civili epenali55. Protti aggiunse che era iniquo far valere norme restrittive elungaggini burocratiche per chi aveva diritto a una casa distrutta. Egli osservò che gli stessi risarcimenti relativi alla ricostruzione civile procedevano con una lentezza snervante. Ad esempio, l'indennitàper il suolo espropriato per ridisegnare l'intero centro urbano non eraancora stata corrisposta agli aventi diritto «a distanza di tre anni»56.

Mi sembra corretto collegare tutto ciò con quanto successe tramite la transazione proposta dall'ENEL. Com'è noto, l'ente di Statopoco prima dell'avvio del processo penale offrì ai superstiti un patteggiamento. 'A loro ristoro' si misero in campo 10 miliardi di lire, una bella cifra per allora anche se comprensiva delle spese d'ufficio e degli avvocati. L'ammontare dei singoli pagamenti si sarebbedeterminato attraverso parametri in rapporto ai gradi di parenteladei deceduti. Conseguentemente alla firma transattiva scattava larinuncia dei superstiti a costituirsi parti civili nel processo penale.Quanto maggiore fosse stato il numero dei transanti, tanto più leggero sarebbe stato il peso sui rinviati a giudizio all'Aquila.

Chi non aveva i denari per arrivare al tetto della casa o non eraancora occupato stabilmente in qualche attività lavorativa o dubitava oramai della «giustizia» pensò che transare fosse il male minoreMolti la firmarono, ma non era obbligatorio acconsentirvi, tanto evero che né Arduini né Protti lo fecero. Protti fu tuttavia uno dei protagonisti della vicenda dal momento che la proposta dell'ENEL venne da lui annunciata ai superstiti in qualità di presidente del Consorzio unitario che li rappresentava57.
Le persone erano assistite gratuitamente da tecnici che avevanoavuto il compito di rilevare e quantificare i danni (da qui la cifraorientativa e invalicabile dei 10 miliardi di lire)58.

A fronte di un processo penale di grande valore ideale e politico, anche questa vicenda ebbe conseguenze sulla compattezza dei superstiti. Alcuni di coloro che avevano deciso di attendere la fine dell'iter processuale per accettare quanto gli sarebbe spettato aderirono a un Comitato nazionale di solidarietà, di cui fu presidente il senatore Ferruccio Parri e vice l'avvocato Antonio Bertolissi di Belluno. Si formò anche un collegio di giuristi che condivise questa impostazione, presieduto dall'avvocato Giuseppe Sotgiu, con ilcompito di assistere appunto quelle persone che pensavano di nontransare con chi era accusato di tanta distruzione59.

Ci furono iniziative pubbliche separate, come quella presa dal Comitato nazionale di solidarietà, che, pochi giorni prima che iniziasse il processo, tenne un incontro a Roma con la presenza di Parri(nella sede dell'Associazione stampa), al fine di illustrare le finalità del Comitato e spiegare i significati del processo60.

La deludente sentenza dell'Aquila riunì di nuovo i superstiti e l'opinione pubblica. Gli amministratori longaronesi ringraziarono i Consigli comunali di Belluno, Feltre e Agordo, che erano stati solidali approvando ordini del giorno di protesta. Si manifestò la certezza che «l'unità di tutte le popolazioni del Bellunese e della nazione intera» avrebbe impedito che il processo d'appello cadesse «ignominiosamente in prescrizione». Partecipatissima e compostamente commossa fu la «marcia di protesta» contro la sentenza dell Aquila che si tenne a Belluno il 10 gennaio 1970. Al teatro Comunale, oltre ai sindaci del Vajont, ai superstiti, e ai rappresentanti delle forze sindacali, c'erano anche l'onorevole Dino De Poli della DC e il senatore Umberto Terracini del PCI. Sul palcoscenico campeggiavala scritta: «2.000 morti», «Vajont 9-10-1963», «L'Aquila 17-12 1969»; al centro una grande croce stilizzata61.

L'Amministrazione Protti, tra le tante pressioni e i tanti problemi difficili da risolvere, fu sottoposta anche alla prova durissima dell'alluvione del 4 novembre 1966, a causa della quale morì tragicamente ilmedico condotto Gianfranco Trevisan62.

Nonostante tutto e se pure lentamente, il paese si stava ricomponendo. Tra l'altro, il Consiglio comunale approvò il progetto dellachiesa e delle opere parrocchiali redatto dall'architetto GiovanniMichelucci (Consiglio comunale del 20 luglio 1968)63.

Nelle elezioni amministrative del giugno 1970 (coincidenti con ilprimo voto per le regioni a statuto ordinario), vinse a Longarone unacoalizione di democristiani, socialdemocratici e indipendenti; la sinistra restò all'opposizione64. Fu eletto sindaco Arrigo Galli, un ingegnere e imprenditore edile, appartenente a una famiglia longaronese ben conosciuta in zona. Entrò in carica il 14 luglio 1970. Era di area socialdemocratica e non sempre fu pacifica l'intesa con la componente democristiana che era numericamente più rappresentata. Anch'egli ha rilasciato una breve testimonianza riferita a quando ha esercitato la carica di primo cittadino. Se ne riporta qui solo la frase introduttiva:

Pensare di attribuire a questa o quella amministrazione o gruppo di persone il merito di aver avuto maggiori risultati nella ricostruzione di Longarone non è giusto: tutti, dentro e fuori delle varie amministrazioni susseguitesi dopo il disastro del Vajont, hanno contribuito con grande spirito egrande abnegazione: alcuni, negli ambienti politici, per ottenere le leggi cheabbisognavano ed i susseguenti stanziamenti di fondi, altri, in ambito locale per realizzare tecnicamente gli strumenti connessi alle leggi stesse65.
Galli ricorda due particolari eventi: la posa della prima pietra dell'asilo «Angelina Lauro» (15 ottobre 1970) e l'inaugurazione dellacasa per anziani (18 novembre 1970). Galli segnala inoltre l'attività relativa alla «rianimazione» dell'attività sociale, culturale e sportiva di Longarone e in particolare attraverso la Pro loco, ma anche di altri sodalizi. In effetti, sarebbe scorretto parlare di ricostruzionesenza almeno un cenno alle numerose attività promosse dalla Pro loco. Galli fa riferimento al torneo «Longarone» (calcio) e al trofeo «Leo Galli» (ciclismo). Fu importante anche la ripresa della Mostrainternazionale del gelato che calamitò l'attenzione di parecchi imprenditori e commercianti su Longarone, «paese«che non poteva più essere solo sinonimo di Vajont, circoscritto e isolate nel ricordo.

Durante la Giunta Galli ci fu l'adesione del Comune alla Comunità montana Basso Cadore-Longaronese-Zoldano nonché l'approvazione dello statuto sottoscritto dal Consiglio comunale di Longarone il 30 gennaio 1971. Lo stesso giorno il Consiglio nominava l'avvocato Odoardo Ascari a rappresentare il Comune quale parte civile in merito al giudizio che la Cassazione avrebbe dovuto emanare dopo la sentenza del tribunale d'appello dell'Aquila che aveva messo inrilievo le responsabilità degli imputati ben più che nel processo di primo grado. Ascari si sarebbe potuto giovare della consulenza legale degli avvocati Ettore Gallo, Pietro Nuvolone e Alberto Scanferla.

L'Amministrazione comunale si sentì in dovere di assegnare alcuni riconoscimenti ufficiali, come d'altronde avevano fatto quelle precedenti. Il primo giugno 1971, il Consiglio concesse due medaglie d'oro di benemerenza, la prima al vescovo Muccin per la sua costante presenza fra i superstiti del Vajont, e la seconda alla maestra Antonietta Bratti (quarant'anni di servizio generoso e intelligente), e una medaglia d'argento al direttore didattico Felice De Col che si era distinto subito dopo il disastro per la riapertura immediata delle scuole e per il sostegno ai piccoli sopravvissuti.

Non durò molto l'amministrazione di Arrigo Galli. Il 2 ottobre1971, il sindaco presentò le dimissioni in Consiglio motivandole conproblemi di tempo e di lavoro. Respinte le illazioni di chi sostenevache si trattasse di mancata collaborazione da parte di alcuni assessori, le dimissioni, definite come irrevocabili, furono accolte all'unanimità. Seguì lo scioglimento della Giunta (Gaetano De Nes, Giovanni Battista Polla, Gioachino Bratti, Pietro De Bona, Wanda Salvador, Ettore De Bona). Assunse la presidenza l'assessore anziano, Gaetano De Nes, e i primi discorsi dei rappresentanti del PSI e del PRI, Silvano Salvador e Mario Molin Pradel, furono favorevoli a una larga intesa, per una «solidale collaborazione», dal momentoche i problemi da affrontare erano ancora molti e macchinosi (completare la ricostruzione pubblica e privata, l'industrializzazione, i processi civili, il risanamento e le infrastrutture nelle frazioni del Comune, l'amalgama e la moralizzazione della vita sociale del paese, lo sviluppo economico e sociale complessivo). Il consigliere Gian Pietro Protti si disse disponibile per la collaborazione e il dialogo, ma poi propose di votare subito il sindaco e ciò precluse ulteriori intese. Il nominativo sul quale si trovò d'accordo la maggioranza fu Giobatta Polla (area democristiana e cattolica, imprenditore e commerciante con stabilimento a Faè). Egli ottenne 14 voti su 19 presenti, 5 voti andarono ad Arduini. Sempre nella seduta del 2 ottobre la maggioranza volle procedere alla nomina della Giunta, nonostante la minoranza di sinistra chiedesse di pazientare. Non ci si accordò neppure sulla sospensione dei lavori; nella sala consiliare rimasero solo 13 consiglieri che votarono i quattro assessori effettivi (Gaetas o De Nes, Gioachino Bratti, Pietro De Bona, Giacomo Bez) e i due supplenti (Mario De Bona e Gian Pietro Protti). Il più giovane di tutti era Gioachino Bratti (classe 1939), che avrebbe avuto più tardi un ruolo di primissimo piano nelle amministrazioni di Longarone. Arrigo Galli rimase consigliere.

Polla ebbe subito a che fare con le questioni inerenti alla giustizia. L'iter processuale si era spostato di nuovo all'Aquila, avanti la Corte d'appello in sede civile. Era la Montedison a dover rispondere dei danni; per proseguire le azioni legali furono incaricati l'avvocato Odoardo Ascari, l'avvocato Enrico Allorio, l'avvocato Franco Lancellotti (Consiglio comunale del 25 ottobre 1971).

Si dedicò attenzione assidua anche al problema dell'occupazioneoperaia. Erano stati perduti posti di lavoro alla Manifattura del Piavedi Ponte nelle Alpi, dove già lavoravano dei longaronesi. Subentrò lacrisi dello stabilimento Procond che s'era insediato nell'area industriale di Longarone. Protti inizialmente era socio della Procond, ma ne era poi uscito. Le maestranze avevano protestato per le incertezze produttive e per le condizioni insalubri di lavoro. Era un periodo durante il quale la combattività sindacale si era più volte manifestata in provincia di Belluno, consolidando lo spirito unitario al di là delle sigle; si poneva con insistenza la richiesta d'interventi attivi da parte degli enti locali. Il 30 gennaio 1971, il Consiglio comunale deliberò un ordine del giorno a favore degli operai ed il 12 gennaio successivo la Giunta nominò una Commissione di quattro persone (Gioachino Bratti, Arrigo Galli, Wanda Salvador e Terenzio Arduini), che promosse diversi incontri con lavoratori e sindacati, agevolando le intese, anche se rimasero sul tappeto varie questioni, tra cui quella dei bassi salari in considerazione del costo della vita che - scriveva la Commissione il 15 Febbraio 1972 - era «notevole a Longarone»66.

L'amministrazione Polla fece altre scelte utili per lo sviluppo complessivo di Longarone. Ad esempio, il Consiglio comunale tenutosi il 26 aprile 1972 approvò il progetto dell'architetto Mario Dal Mas e dell'ingegner Eugenio Boranga per la costruzione di un padiglione per le manifestazioni fieristiche. Si guardava al futuro così che il paese potesse riacquistare vitalità e visibilità in ambito provinciale e veneto.
Quell'anno ci si adoperò a che nell'area industriale attrezzata di Longarone sorgesse uno stabilimento siderurgico della Landini, così da garantire una consistente occupazione. La direzione della Landini aveva già chiesto i finanziamenti previsti nella legge speciale e aveva mandato in loco un'impresa edile per le rilevazioni planimetriche e per iniziare gli scavi, ma poi il progetto si arenò67.

Fu altresì rinnovato il voto favorevole per l'autostrada Venezia-Monaco. Nel dispositivo della deliberazione del Consiglio comunale preminente risultava l'interesse del collegamento del porto veneziano con il retroterra veneto-trevigiano e con l'area industriale del Vajont, dove già le risorse statali stavano arrivando68.

Altre deliberazioni prese durante l'Amministrazione Polla furono l'approvazione dello statuto con regolamento relativo alla Biblioteca civica69 e del servizio comunale di autobus70; fu scelta anche una nuova toponomastica71.
La stessa Regione del Veneto intervenne a dare man forte alla ricostruzione e Polla non dimenticò di farlo notare nel discorso del 9 ottobre 1973, anche per dimostrare che Longarone non era più all'«anno zero»72.

Con l'andare del tempo, tuttavia, la maggioranza entrò in fibrillazione. A parte l'assenza di Arrigo Galli per motivi privati, a poco a poco altri diedero le dimissioni, tanto che alcune sedute di Consiglio andarono deserte. Il 22 febbraio 1972 lo stesso sindaco si sentì in dovere di chiedere la fiducia al Consiglio, cioè, in buona sostanza, a chi sosteneva la sua giunta75. Attraverso altre deliberazioni emerge il fatto che nella maggioranza convivessero sensibilità e visioni diverse. Lo stesso segretario di sezione della DC, Giorgio Pioggia, dovette pubblicamente garantire che il suo partito aveva appoggiato sempre l'Amministrazione comunale74. Nel 1975, a seguito di un incidente incui perse la vita l'assessore Giacomo Bez, la maggioranza non riusci a mettere insieme il numero legale per completare il mandato, anche se si trattava ormai di poco tempo. Un commissario 'ad acta', il ragionier Sergio Pacieri, l'11 aprile 1975, intervenne per la nomina del Consiglio di amministrazione del Patronato scolastico da tempo scaduto. Poi le elezioni.

3. L'ESPERIENZA AMMINISTRATIVA DI GIOACHINO BRATTIE QUELLA DI SINISTRA (1975-1985)

Le elezioni amministrative del 1975 (voto concesso per la prima volta ai diciottenni) portarono alla guida del Comune Gioachino Bratti75. Era già stato assessore democristiano e vicesindaco nella precedente Giunta e perciò era conosciuto dai concittadini. Tra l'altro, aveva legami con gli ambienti religiosi per avere assunto responsabilità nell'Associazione dei maestri cattolici76. Uno dei suoi obiettivi fu quello di tentare una riappacificazione degli animi e di superare le beghe di carattere personalistico. L'8 luglio 1975 fu eletto sindaco con 15 voti su 19 presenti.

La prima Amministrazione Bratti riprese in mano i progettilasciati in eredità e ne studiò e alimentò di nuovi. Tra le carte relative al Consiglio ci si imbatte in ordini del giorno piuttosto consistenti, nei quali figurano i piani regolatori particolareggiati per le frazioni, i progetti per il sovrappassaggio ferroviario a Fortogna, gli interventi sullo stabile della latteria di Igne, l'ampliamento ulteriore del palazzo delle mostre, i miglioramenti per la scuola alberghiera, i lavori per le strade Provagna-Sovérzene e Longarone-Podenzoi, il progetto di un «pensionato» da destinare ai figli degli emigranti e diun reparto di lungodegenza nella casa di riposo, l'avvio dell'assistenza domiciliare. Il 1° ottobre 1978 fu istituito l'asilo nido di Longarone, dopo che per legge, si erano trasferite ai comuni le competenze amministrative dell'Opera nazionale maternità e infanzia (ONMI, 23dicembre 1975). I portoni delle fabbriche si stavano sempre piùaprendo alle donne e una struttura del genere era affatto necessaria.Si pensi inoltre alla riorganizzazione dei servizi pubblici, al riordinodell'archivio del Comune e al progetto di ristrutturazione del municipio. Longarone si mosse tra i primi in provincia per la discarica controllata dei rifiuti (in bilancio si provide l'acquisto di un automezzo per migliorarne il trasporto) e per l'informatizzazione degli uffici.
Il 9 ottobre 1975 viene ricordato per la posa della prima pietra della nuova chiesa di Longarone su progetto dell'architetto Michelucci. Opportuna fu anche l'idea di realizzare i cosiddetti «Parchi Robinson» per intrattenere i bambini e far loro trascorrere ore felici e sicure.

Un'iniziativa non appariscente come quelle finora citate ma utile perché ci aiuta a scansionare meglio il passato fu presa nel 1975. Per informare la cittadinanza di quanto l'Amministrazione faceva o stava programmando fu stampato un notiziario, che ebbe seguito negli anni successivi, seppure a scadenze non regolari. Al notiziano si aggiunsero altre pubblicazioni di collegamento e guide utilissime che il solerte Ufficio cultura ha allestito e distribuito.
Al momento del terremoto del Friuli, nel 1976, il Comune fu sollecito nell'opera di soccorso, dimostrandosi sensibile al richiamo di soccorso altrui; contribuì inoltre a realizzare una sala polifunzionale a Moggio Udinese.

Ci furono peraltro anche degli inciampi amministrativi causati dallasituazione finanziaria del Paese (anche se le leggi speciali sul Vajont,utili a sanare i bilanci comunali, ottennero rifinanziamenti sia nel 1976sia nel 1978) 77. Della crisi nazionale parlò lo stesso sindaco presentando il bilancio di previsione del 1978. Oltre a prevedere un esercizio a pareggio, la normativa varata dal Governo obbligava tutti gli enti locali a contenere la spesa nei limiti dell'anno precedente, aumentata al massimo di un 7%; vi erano inoltre delle limitazioni nell'accendere i mutui a seconda della condizione debitoria del Comune78.

Bratti si rendeva conto della necessità di questo giro di vite (provvedimenti giusti, in quanto tendono a rompere la spirale inflazionistica determinatasi nella grande maggioranza dei comuni), e tuttaviaessa imponeva un rallentamento delle attività proprio quando alComune venivano demandati sempre maggiori compiti79.
Longarone, fatti i suoi conti dagli uffici competenti, riuscì a ricorrere ai mutui per l'ampliamento della scuola materna di Provagna, per la costruzione dell'asilo di Fortogna cui avrebbe concorso in parte lo Stato, per ulteriori lavori sulla scuola alberghiera, per l'acquedotto di Igne. Una spina nel fianco era invece il trasporto urbano che chiudeva in sensibile perdita, per cui si dovette intervenire in modo restrittivo per pareggiare la spesa. D'altronde, qualche «libertà» si poteva prendere giacché il Comune aveva difatto un bilancio «anomalo», nel senso che, come s'è detto, erano attive ancora leggi che assicuravano entrate «straordinarie». Non per questo Longarone doveva comportarsi in maniera poco virtuosa. Ci si impose di seguire norme ordinarie partecipando così, assieme a tutti gli altri enti locali, al risanamento dello Stato. Su questa impostazione convennero anche iconsiglieri di minoranza, in particolare Giorgio Galli (PRI) e Piergiacomo De Luca (indipendente di sinistra), e Bratti ottenne la loro astensione al momento del voto sul bilancio.

Durante quell'anno, non poteva mancare in Consiglio un giudizio politico su quanto di drammatico stava accadendo in Italia (terrorismo nero e rosso). Diversi attentati stavano dilaniando il Paese; essi consentirono ai detrattori della democrazia di esercitare meglio le loro trame contro la Costituzione. Le grandi forze politiche diedero risposte in direzione della fermezza e della collaborazione. Si formò un Governo di «unita nazionale» guidato da Andreotti con l'assenso di Aldo Moro (un monocolore appoggiato anche dal PCI), ma proprio Moro fu sequestrato dalle brigate rosse (marzo 1978). La segreteria provinciale della DC inviò ai sindaci aderenti al partito un documento di condanna che, come ordine del giorno, Bratti portò inConsiglio convocato d'urgenza il giorno stesso del sequestro (16marzo). Più che il testo redatto dalla segreteria provinciale, meritano di essere citate alcune parole del sindaco, che inquadrava l'episodio in un vasto disegno politico antidemocratico. Secondo Bratti non bastavano più le prese di posizione anche se provenienti dall'intero Paese: ogni persona investita o no di autorità doveva ribadire un duplice impegno, cioè riconfermare la propria responsabilità per rafforzare la fiducia nella democrazia e bandire la violenza anche nei rapporti quotidiani, «violenza intesa come sopraffazione, orgoglio personale, desiderio di umiliare gli altri». Bratti concludeva con un appello all'unità concreta per il bene dello Stato in pericolo. È una bella pagina che il Consiglio comunale scrisse quel giorno e non va dimenticata.

Un cenno a un altro ordine del giorno votato all'unanimità: il Consiglio prese posizione a favore del Comune di Forno di Zoldo che aveva fatto rimostranze pubbliche per la diga di Pontesei. Specie dopo l'alluvione del novembre 1966, l'alveo del torrente Maè si era pericolosamente alzato minacciando la stabilità del paese. Ancora una volta, memore della tragedia del Vajont, Longarone manifestava la sua coerente sensibilità per questi temi, che negli anni successivi si concretarono meglio, basti pensare alla Fondazione Vajont dedita a realizzare eventi internazionali sul rapporto uomo, tecnologia, ambiente80.

Va aggiunto che l'opposizione non era passiva; anzi, si faceva sentire interpretando la voce e i desiderata dei cittadini del centroe delle frazioni tramite la presentazione di documenti discussi poiin Consiglio (interpellanze, interrogazioni, mozioni). Ciò va collegato ai regolamenti interni degli enti locali diversi dagli attuali, ma anche a una più vivace presenza della sinistra a Longarone, con sezioni bene organizzate. Era in corso Pelaborazione politica delle alleanze della sinistra con i partiti laici. Sono alcuni elementi che, più tardi, resero possibile un cambiamento nella gestione amministrativa del Comune.

Nei secondi anni settanta la ricostruzione essenziale di Longarone era in buona parte completata; si trattava di avviare altre opere pubbliche e assicurare lo sviluppo occupazionale; si doveva ritrovare una maggiore unità tra i residenti, sanando le ferite ancora aperte. Il paese era alla ricerca di un'identità e di una «memoria condivisa».
Lo schieramento che la sinistra propose per le elezioni amministrative del 1980, e che si era in quegli anni diifuso in provincia di Belluno, fu quello di Alleanza democratica, una coalizione di centrosinistra. Essa fu vincente anche a Longarone81. Nel contempo, Bratti ebbe un'affermazione personale molto forte, tanto da essere proposto dalla minoranza come sindaco super partes82.

Alleanza democratica si orientò invece su Vittorio Sacchet, iscritto al PCI, anch'egli longaronese. Mancava però d'esperienza per reggere un Comune immerso in problemi a dimensione sovracomunale. Le dichiarazioni di voto a favore di Sacchet s'incentrarono sia su un promesso lavoro collegiale del Consiglio, sia su una maggiore responsabilizzazione degli assessori. Il sindaco avrebbe avuto un ruolo di coordinatore83. Su questa base fu eletta la Giunta (assessori effettivi Silvano Salvador, Aldo Bez, Mario Guarino, PiergiacomoDe Luca; supplenti Pier Giacomo De Cesero, Ilario Venturoli)84.Anche per motivi di salute, Vittorio Sacchet poté svolgere il suocompito per pochi mesi; poi diede le dimissioni. Il 30 gennaio 1981Alleanza democratica (PCI, PSI, PRI, indipendenti) votò il nuovo sindaco, Ilario Venturoli, che rimase in carica fino al termine della legislatura (giugno 1985).

Anche Venturoli ha lasciato uno scritto sulla sua esperienza amministrativa; porta la data del 1995 85. È possibile in questa sede farne solo una sintesi, là dove si accenna alle difficoltà politiche incontrate nel corso del mandato. "In Giunta - ha scritto Venturoli - emersero contrasti per le critiche provenienti dal consigliere Giorgio Galli, che giunse a criticarela Giunta di immobilismo e dichiarare di uscire dalla maggioranza,scegliendo posizioni autonome. La Giunta prese atto del fatto e daquel momento divento più di sinistra".

Già al momento della ratifica di una deliberazione di Giunta relativa alla strada per la montagna di Cajada Giorgio Galli votò in modo difforme dalla maggioranza motivando la volontà di tutelare a oltranza quella zona. Il problema riguardava il Parco delle Dolomiti bellunesi che insisteva anche su una parte del territorio longaronese86. Al di là della strada, l'Amministrazione di sinistra assecondò poi i promotori del Parco che si andava allora costituendo87. Laborioso e alla fine molto positivo fu l'iter relativo al rifinanziarnento delle leggi che consentivano di completare la ricostruzionepubblica e privata. Mettendo insieme i comuni danneggiati, e attraverso vari incontri e pressioni parlamentari, fu approvata nel maggio del 1983 una nuova legge che permise di proseguire alcune opere già in cantiere e di vararne altre88.

In vista del 20° anniversario del Vajont, l'Amministrazione Venturoli elaborò un piano di alto profilo, chiamato "Progetto '83", svoltosi in tre anni e culminato appunto nel 1983 con la presenza a Longarone del presidente della Repubblica Sandro Pertini. Così Venturoli sul Progetto '83:

"Il ventennale della tragedia fu occasione di particolare impegno dell'amministrazione. Oltre alle cerimonie religiose messe in calendario, vennero promosse iniziative culturali, programmate nell'arco del triennio1981-1983 e aperte alla collaborazione di operatori culturali, istituzioniscolastiche, tecnici e di quanti hanno voluto collaborare e contribuire aquell'eccezionale momento.
[...] 1) LA MEMORIA: che sottintendeva lavolontà di ricerca documentata dell'analisi di recupero della storia e del costume della realtà del Longaronese. Pertanto l'obiettivo primario è stato quello di salvaguardare, tutelare e rispettare il patrimonio di memoria culturale che il territorio ha ereditato dalla propria storia.
2) LA RICOSTRUZIONE: storia, documentazione ed analisi della ricostruzione, dalla catastrofe del Vajont alla Longarone attuale.
3) LA PARTECIPAZIONE: confronti e iniziative programmate del presente, al fine di suscitare l'interesse della popolazione e aggregare i vari momenti qualificanti per un'opera futura della ricostruzione culturale e sociale di Longarone.
"
Fu organizzato fra l'altro un convegno nazionale su «Calamità eProtezione civile» e ospitato il congresso nazionale dei Vigili delfuoco volontari89.
In quel periodo il giudice Mario Fabbri avanzò l'idea di creare a Longarone un «Centro di ricerca per la protezione civile» e l'Amministrazione assecondò l'iniziativa attraverso la stesura di uno statuto. Furono così rafforzate le ragioni di chi intendeva fare di Longarone un paese-simbolo sui temi della sicurezza. La stessa gestione della struttura fieristica cambiò. Ci fu la volontà di costituire l'Ente Fiera, tramite uno statuto approvato dal Consiglio comunale il 30 marzo 1980 90.
Dopo di allora si tenne sempre alto il livello delle manifestazioniprogrammate per il 9 ottobre. Altri progetti realizzati dalle successive amministrazioni contribuirono a dare una dimensione civile allanuova comunità che si presentava all'esterno in modo propositivo,non più chiusa nel suo dolore e nelle sue pur giuste rivendicazioni.

L'opera svolta dagli amministratori longaronesi non collima,peraltro, con il parere di quanti, anche di recente, scrivono che isuperstiti sono stati trascurati, che nessuno si è curato di farli parlare, che lo stesso problema della sicurezza è stato poco affrontato.
Risulta da numerosi documenti che validi professionisti, medici epsicologi, hanno trattato direttamente con i superstiti. Quanto alversante artistico, storico e teatrale sia il Comune, sia la Pro locohanno detto la loro, nonché altre associazioni e istituti con sede inprovincia di Belluno o nel Veneto, e questo già prima del monologoteatrale di Paolini e del film di Martinelli91.

Gli scritti di denuncia generalizzata contro tutto e tutti non sembrano avere molta efficacia, se non altro perché tengono poco contodella complessità delle cose. Talvolta sembra che rincorrano tesi precostituite. Credo che al Vajont ci si debba accostare con «umiltà»,senza cercare lo «scoop», e muniti della maggiore documentazionepossibile. Un'altra cosa sono le testimonianze dirette, sempre importanti (qualcuna è ancora da scrivere), che «vivono» di una loro coerenza interna. È ormai tempo di un museo bene attrezzato e di un archivio cartaceo e audiovisivo consistente che possano guidare, senza eccesso di retorica e senza inetta sottovalutazione, alla conoscenza di quanto è accaduto prima, durante e dopo il Vajont, ivi comprese le vicende umane dei superstiti92.

A proposito di centri espositivi, durante l'Amministrazione Venturoli fu avanzato il progetto di un Museo del legno e delle arti e professioni locali, di cui s'interesso il professor Sebesta95. Lungo questa lineasi mosse anche l'Amministrazione di Castellavazzo, dove ora hannosede il Museo della pietra e quello delle zattere, messi in relazione condue tradizionali attività della zona, gli scalpellini e gli zattieri94.
Negli anni ottanta anche la vita comunitaria aveva ripreso una sua «normalità». Ed è qui opportuno sottolineare ancora l'apporto dato dalla Pro loco, che moltiplicò le iniziative sociali e sportive. Fu anche ripristinato il «carnevale dei bambini»; gli stessi bambini durante l'estate erano ospitati nella colonia marina di Caorle. Quanto agli anziani, a parte uno studio sulle loro esigenze collettive e personali,anch'essi potevano godere di soggiorni estivi in località balneari95.

Una delle questioni più urgenti fu ancora quella del lavoro. Lacrisi nazionale si fece sentire nell'area industriale di Longarone, dovenon si poterono contrastare i passaggi di proprietà tra le aziende, nonsempre favorevoli ai lavoratori, e dove alcuni stabilimenti chiusero(come la Provit di San Martino di Fortogna, e la Bulma). Tornò incrisi anche la Procond (Ducati-Zanussi), l'Atelier des Orfèvres, la Antille Caffè e la stessa Faesite, fabbrica storica della zona, che stavaconoscendo una fase recessiva96. Alcuni indici occupazionali eranogià migliorati in provincia di Belluno, ma sembrava ancora incerto ilfuturo industriale di Longarone; per questo motivo l'Amministrazione Venturoli non mancò di farsi sentire a tutti i livelli.

Spicca un documento votato dal Consiglio il 3 ottobre 1981.
Nella premessa si elencano i punti di crisi della struttura industrialedella zona del Vajont, dell'utilizzo «massiccio» della cassa integrazione per i lavoratori. Vi si parla dell'aumento delle iscrizioni nelleliste di collocamento e perfino dell'accentuarsi del fenomeno migratorio stagionale. Era evidente che le leggi speciali e la loro applicazione non erano riuscite a stabilizzare l'occupazione proprio dove più il disastro aveva colpito. Il documento ipotizza che a Longarone i fondi non erano stati impiegati per impianti nuovi, poiché si era guardato più agli ampliamenti, per cui, rispetto a quanto fatto nel resto della provincia, si considerarono penalizzanti le opzioni per la zona del Vajont. Da qui la richiesta della convocazione dell'assemblea del CONIB entro tempi stretti per accertare scelte, bilanci e conti.
La preoccupazione era anche della minoranza che fu d'accordo sulla richiesta di convocazione del CONIB, ma che si astenne dal voto sul documento della Giunta perché non concorde appieno sulle premesse di Venturoli.

A sostegno dell'occupazione si mosse la Regione del Veneto, assieme ai sindacati, e fu incalzato il Governo. Ci furono diversi incontri a Longarone, specie sul problema della Procond che occupava parecchi lavoratori. Questi incontri si svolsero nell'edificio del nuovo ENAIP (scuola professionale). Ciò è testimoniato attraverso il dibattito avvenuto in un'altra riunione del Consiglio, alla presenza dei responsabili della FLM97.

Non è secondario l'aspetto degli spazi costruiti a Longarone dopoil Vajont. A parte il Centro Fiere, Longarone era diventato un paese dove ci si dava spesso appuntamento (manifestazioni, convegni, dibattiti). Ecco perché nel programma di Alleanza democratica uno dei punti qualificanti fu il ritorno a una gestione pubblica del Centro culturale che, tramite convenzione, era provvisoriamente in mano alla parrocchia in attesa della consegna della chiesa progettata da Michelucci e di alcune strutture annesse. Il collaudo del nuovo edificio sacro terminò a cavallo del 1979-1980 e così l'Amministrazione di Alleanza democratica (era ancora sindaco Vittorio Sacchet)avviò le pratiche per rientrare in pieno possesso del Centro culturale98, poi intitolato a Ferruccio Parri che era deceduto nel dicembre del 1981. Parri, come s'e detto, aveva rappresentato simbolicamente quei longaronesi che non avevano trattato con l'ENEL prima della conclusione del processo penale. Dopo Parri, alcuni di loro fecero riferimento all'avvocato Sandro Canestrini. Dal canto suo il Comune di Erto e Casso gli assegnò la cittadinanza onoraria e concorse aristampare la sua arringa tenuta all'Aquila99.

Sul piano della formazione professionale, oltre che educativo e culturale, va ricordata la realizzazione di un altro centro di qualità dell'area longaronese. Nell'anno scolastico 1979-80 fu distaccata a Longarone una sede dell'istituto alberghiero di Falcade; nell'anno scolastico successive fu aperto anche un convitto. Nel 1986 la sede divenne autonoma prendendo il nome di «Dolomieu» (geologo che scoperse la dolomia). La scuola ha avuto notevole successo, ospitando anche allievi dell'America del Sud, discendenti da famiglie di origini venete.

4. LE TRE SUCCESSIVE AMMINISTRAZIONI BRATTI (1985-1999)

Nel 1985, le divisioni interne che avevano messo in crisi Alleanza democratica, il mancato recupero dei repubblicani che in questo territorio avevano un non trascurabile ascendente, il prestigio di Bratti, portarono al vertice del Comune una compagine da lui guidata con la presenza, oltre che di esponenti della DC, anche di repubblicani, socialdemocratici e indipendenti100. Era il suo secondo mandato. Ne seguiranno altri due ancora.
Tra maggioranza e minoranza, a parte alcuni momenti di particolare tensione, sembra stabilirsi un reciproco rispetto. Di più: la competenza e la passione sembrano avere ragione sulle sterili polemiche di parte. Lo conferma la seduta consiliare del 14 luglio 1986, quando fu posto all'ordine del giorno il bilancio di previsione del 1986 della nuova Giunta assieme alla relazione previsionale programmatica pluriennale. Il dibattito fu intenso, approfondito e sostanzialmente corretto e costruttivo101. L'opposizione (Ilario Venturoli, Piergiacomo De Luca, Domenico Damian, assente Alvaro De Bona) diede un voto di astensione, volendo così significare un apprezzamento per l'intento dell'amministrazione di completare talune iniziative intraprese dalla passata maggioranza. Non mancarono peraltro le punte critiche. Ci fu, soprattutto da parte dell'opposizione, un richiamo perché ci fosse un continuo interessamento sull'occupazione nelle fabbriche, anche perché la stessa Faesite non aveva affatto superato la crisi.
La minoranza diede suggerimenti per le varie strutture sportive, piscina compresa; bisognava che ci si muovesse in modo accorto perché i problemi gestionali erano molto pesanti. Non bastava avere i fabbricati, era necessario farii funzionare al meglio e in modo economico, magari coinvolgendo nell'uso e nei costi della manutenzione altri Comuni e la stessa Comunità montana. Venturoli a questo proposito, ricordando passate discussioni in Consiglioquand'era sindaco, disse:

Prendiamo [...] atto con soddisfazione che la tanto vituperata Consultadello Sport oggi è assurta agli onori di questa Amministrazione e che funziona bene. In merito vorremmo ricordare che sarebbe opportuno portarein un prossimo Consiglio anche una relazione generale per la conoscenzadelle varie attività sportive, i loro programmi futuri etc. Vorremmo conoscere anche quali sono e come sono i rapporti delle varie Associazioni conla Commissione Sport della Pro Loco. Ci pare che la richiesta sia più chelegittima dal momento che tutti beneficiano di sovvenzioni pubbliche.
Altra argomentata richiesta dell'opposizione riguardo l'EnteFiera102 e un centro d'iniziativa culturale in prospettiva di un ruoloimportante che Longarone avrebbe dovuto svolgere (ci si riferìanche al disastro di Chernobyl). Infine, l'opposizione disse che bisognava confrontarsi sui problemi dell'ecologia105.
La maggioranza fece notare che il bilancio era frutto d'incontricon la popolazione; da qui i suoi elementi qualificanti. Così il sindaco Bratti:
Credo che ci siano da riconoscere alcuni elementi di novità che riguardano ad esempio il patrimonio comunale, l'edilizia abitativa, e lo stesso settore delle opere pubbliche, dove abbiamo cercato di cogliere quello che è stato suggerito dagli incontri con la popolazione, nel settore stesso dellacultura dove ci appare di essere riusciti ad intraprendere una positiva azione di coinvolgimento di altre forze disponibili e presenti in Longarone, edirei anche nel settore occupazionale, più difficile, non certo per merito tutto nostro, ma anche per merito di una situazione economica e di mercato del lavoro che si sta evolvendo.
Molto documentato fu anche l'intervento del vicesindaco FrancoTovanella che toccò le questioni inerenti ai finanziamenti per la zonadel Vajont104. L'assessore Bosa (PSDI) parlò degli impianti sportivi,mentre il consigliere repubblicano Bruno De Michiel, delegato allacultura, mise in luce un fatto importante e cioè l'apporto del volontariato («vari gruppi ed associazioni locali che con volontà e mezzi propri collaborano, in sense fattivo all'organizzazione e svolgimentodi tutte quelle manifestazloni culturali e sportive promosse anche daquesta Amministrazione in collaborazione con la locale Pro Loco,sempre disponibile anch'essa»).

Pochi mesi prima della discussione sul bilancio, c'era stata un'altra seduta del Consiglio comunale molto coinvolgente. L'8 maggio 1986, i consiglieri di Longarone si riunirono per ascoltare i patroni del Comune in merito alle cause civili, una contro l'ENEL, i dirigenti del Consorzio dei danneggiati e l'avvocato Scanferla; l'altra contro la Montedison. Erano presenti gli avvocati Enrico Allorio, Cerino Canova e Flavio Dalle Mule, quest'ultimo con sede a Belluno e nominato dopo la morte del professor Lancellotti. Questa sedutaconsiliare meriterebbe uno studio lungo e approfondito; qui bastano alcuni cenni.
Dalla relazione dell'avvocato Canova si leggono in trasparenza quante complicazioni erano venute dalla transazione ENEL, in base alla quale anche il Comune di Longarone era escluso dal richiedere danni poiché esso si doveva avvalere nei confronti della Montedison, anche se inizialmente l'avvocato Scanferla aveva parlato di denaro sufficiente per tacitare i danni del Comune. Chiusa nel 1972 l'attività del Consorzio e condannati gli imputati ex SADE, l'ENEL, sempre secondo l'avvocato Canova, aveva cambiato atteggiamento verso il Comune di Longarone. Ci sarebbero stati addirittura'intralci per vedere le carte' che spiegavano come quei 10 miliardi fossero stati distribuiti. Bisognava conoscere bene i conti anche perchéqualcuno avrebbe dovuto rifondere al Comune non solo i danni procurati dall'evento, ma le spese incontrate nei processi.
Solo promesse quelle di Scanferla? O fin dall'inizio erano state chiare le intenzioni dell'ENEL?
Il Consiglio comunale si dichiarò d'accordo con i patroni di partecivile e diede unanime mandate al sindaco di resistere in giudizio.

Il professor Allorio riepilogo invece lo stato della causa con laMontedison. Anch'essa traeva origine dalla causa penale e l'iter,secondo la tattica adottata degli avvocati della parte avversa, si trascinava da lungo tempo. Le amministrazioni comunali di Longarone avevano fatto bene il loro compito, cioè evidenziare l'entità dei danni subìti su cui era possibile discutere concretamente di denaro. Anche in questo caso il Consiglio comunale unanime approvò quanto era stato fatto fino ad allora dai suoi patroni e investì la Giunta comunale del compito di giungere a una definitiva liquidazione dei danni; chiese poi ai legali di sollecitare un'udienza presso la Cassazione così da abbattere i tempi di attesa105.

Unanimità di voti si ebbe anche a proposito di un altro ordine del giorno riguardante l'occupazione. La crisi della Faesite aveva portato a un accordo (presso il Ministero del lavoro) tra sindacati e Polimex, Pelf e quel che rimaneva della Faesite; la volontà era quella di un possibile recupero di altre attività nello stabilimento. Sarebbe intervenuta frattanto la Cassa integrazione guadagni, nonché la Regione del Veneto con la L. n. 51 106. Qualche anno dopo, a causa dell'insediamento di occhialerie anche nella zona del Vajont, il settore secondario provinciale si irrobustì. Il distretto industriale ebbe un vertice a Longarone che si aggiunse a quello del Cadore edi Agordo.
Per favorire l'area degli occupati, fu istituito un «Centro di informazione e promozione del lavoro». Il 31 gennaio 1987 si promosseun convegno a Longarone dal titolo «Prospettive di lavoro per le nostre popolazioni». Fu evidenziato che persistevano ancora elementi di difficoltà, ma che si intravedevano anche i sintomi dellaripresa, legati anche a una congiuntura economica internazionalepiu favorevole (Consiglio comunale del 30 marzo 1987, interrogazione di minoranza). Sulla crisi trascorsa e sulle novità positive chesi stavano allora aprendo si vedano le comunicazioni fatte dall'assessore Bristot in Consiglio comunale il 27 maggio 1987. Renzo Bristotdisse che l'industrializzazione voluta dal CONIB per rilanciare ilVajont aveva avuto una «grave battuta d'arresto dal 1981 al 1983».Alla fine del 1984 «si erano perduti circa 1.900 posti di lavoro», dei quali «solo 600 erano stati recuperati nel secondario e 200 circa nelterziario». La perdita secca era di 1.100 posti, un prezzo «molto alto per i longaronesi». La congiuntura negativa aveva dimensioni internazionali e non si poteva accusare questo ente o quella persona diquanto era avvenuto in loco. Il dato confortante era che nuove realtàindustriali si stavano insediando nell'area Vajont107.

Durante la seconda Amministrazione Bratti fu curato anche il programma culturale. Attorno al consigliere delegato De Michiel si formò un buon gruppo di lavoro (Giuseppe De Vecchi, Renato Tormen, Antonio Zampieri, Gianni Olivier, Renato Migotti, Angelo De Nardi). Si previde un «itinerario» detto dei «sette musei» esistenti tra Longarone e Castellavazzo. Dopo avere dato risalto allo scenografo settecentesco Pietro Gonzaga108, si manifestò l'intendimento di «riscoprire e valorizzare altri personaggi longaronesi». Infine, doveva essere cercato un maggiore coordinamento tra Comune e scuole della zona109.
L'amministrazione sembra ormai correre su binari prestabiliti: concludere la ricostruzione edilizia, terminare i processi civili, risanare le ferite dei superstiti, consolidare la nuova comunità cercando punti di accordo con i giovani, elaborare il lutto scegliendo modi consoni per mantenere il ricordo dell'evento, individuare le forme appropriate affinché Longarone diventasse, come già detto, un simbolo internazionale per il rispetto dell'ambiente e la sicurezza dell'uomo. Quando ci fu il disastro di val di Stava (1985) che tante analogie aveva con il Vajont l'Amministrazione comunale intervenne subito e ci fu un rapporto intenso fra le due comunità.
Non venne neppure meno la riconoscenza verso chi aveva dimostrato concreta solidarietà per i superstiti del Vajont. Durante l'Amministrazione Bratti, mentre si avviavano contatti con Urussanga, una città del sud del Brasile fondata nel 1878 da emigranti longaronesi, ci fu il conferimento della cittadinanza onoraria alla Brigata Alpina «Cadore»110.

Qualche evento ancora da elencare: la costruzione del rifugio «Pian de Fontana» in alta montagna, punto strategico di appoggio dell'Alta Via delle Dolomiti n. 1; l'ampliamento della zona CONIB e l'inserimento di nuove attività d'avanguardia tecnologica; la difesa a oltranza della Mostra internazionale del gelato e contrasto verso chi intendeva farla migrare a Verona111; l'accorpamento delle scuole primarie in un'unica sede (anche se decisione non indolore). Su proposta dell'assessore Luigino Olivier, si deliberò inoltrò un progetto in favore dei giovani, sulla base delle leggi regional!''\ Non va neppure dimenticato che Giovanni Paolo II, papa Wojtyla, fu in visita alCimitero delle vittime (Fortogna) il 12 luglio 1987. L'anno dopo cadeva il XXV anniversario e un'apposita Commissione predispose una nutrita serie di manifestazioni, religiose, artistiche e culturali (si esibì anche l'orchestra della Fenice di Venezia), abbinate alle inaugurazioni del palazzetto dello sport e della piscina, del museo della chiesa di Longarone. Il Consiglio approvò il programma nella seduta del 15 febbraio 1988 113.

Le molte realizzazioni furono possibili anche per il contributo dei consiglieri di minoranza manifestato tramite sollecitazioni, puntualizzazioni, richieste di chiarimenti, richiami a una dialettica corretta tra le parti, acciocché, come lo stesso Bratti desiderava, in Consiglio ci fosse più dialogo che scontro ideologico, più dibattito sui problemi concreti che lotta fra partiti o invasione d'interessi particolaristici, di clan, di lobby114.
Si può forse dire che con questa tornata amministrativa Longarone fosse entrata in una fase di «normalità». Lo si desume dalla relazione al bilancio di previsione del 1989. Vi sono almeno quattro punti da segnalare: tassazione, imprenditoria locale e servizi di snodo per imprese e maestranze, gestione dei più importanti contenitori a uso pubblico, riqualificazione del patrimonio edilizio delle frazioni.

Per evidenziare il punto d'arrivo raggiunto, serve fare qualche citazione, ricavata dalla relazione programmatica allegata al bilancio preventivo 1989 115. Così l'apertura del documento:

L'anno scorso, nel presentare il bilancio di previsione per l'esercizio1988, si diceva che di fronte alle sempre più contenute risorse finanziarie adisposizione dell'ente locale, la politico del Comune doveva mirare a treobiettivi: intervenire con un'adeguata capacita impositiva su aree sino adallora trascurate, contenere la spesa, programmare e selezionare gli investimenti secondo criteri di assoluta necessita ed urgenza. Questi obiettivi [...] costituiscono ancora la guida anche per la stesura del bilancio di quest'anno. Non e infatti di molto mutato il quadro legislativo ed economico generale dal quale scaturivano. Sempre più contenuti i contributi dello Stato,che solo in extremis, in sede di conversione in Legge del decreto sulla finanza locale 1989, sono stati portati alla stessa misura dell'anno scorso (eciò, di fatto, determina comunque un decremento della disponibilità a fronte del naturale aumento della spesa clovuto all'inflazione); aumentate lepercentuali a carico degli utenti del costo dei servizi (così si deve arrivareall'80% di copertura del servizio degli acquedotti, al 50% di quello di raccolta e smaltimento dei rifiuti nel quale va compresa anche la pulizia delle strade); confermate le limitate disponibilità dello Stato per la copertura degli oneri dovuti a spese di investimento. Una certa novità sta invece nel fatto che è stata finalmente avviata, con l'imposta comunale per l'esercizio di imprese arti e professioni, una prima effettiva manovra per dare al'ente locale autonomia impositiva.
Il Comune di Longarone presentava, da un lato, una situazionegenerale buona («attività economiche vive e sane, a reddito crescente»!) e, dall'altro, richiedeva il «soddisfacimento di servizi di alto livello in tutti i settori». Aveva quindi bisogno di conseguire «una politica impositiva sempre più accurata e completa», che avrebbe consentito di liberarsi «definitivamente» da remore dovute ancora «ad un certo habitus mentale creatosi con il disastro del Vajont»:
Ciò corrisponde anche ad equità, non tollerandosi che ci siano aree chepagano e aree esenti o, all'interno della stessa area, il cittadino onesto e ilcosiddetto furbo. D'altro canto però, l'ormai cronico aumento della spesapubblica, dovuto sia all'infittirsi delle relazioni sociali e della richiesta sempre più allargatasi di presenza del «pubblico» e di conseguente burocratizzazione, [...] deve spingere gli amministratori ad agire con il massimo discernimento: non si può né si deve far tutto, e quello che si fa va fatto con la massima efficienza e con il minore spreco possibile di risorse116.
Analogo discorso andava fatto per gli investimenti, i cui oneri, sempre più gravosi, finivano «con il costituire il presupposto perulteriori sacrifici ai contribuenti»; per ognuno di tali interventi erada tarsi un'analisi del rapporto costi e benefici.
Scopo dell'ente pubblico era quello di garantire ai propri cittadini un adeguato livello di vita, il che si doveva tradurre innanzitutto nella certezza di lavoro e di reddito. Secondo Bratti, i risultati raggiunti nel 1988 erano stati «veramente confortanti»; i nuovi insediamenti industriali nell'area CONIB avevano portato «ad un notevole incremento dei posti di lavoro e, in pratica, alla saturazione dell'area stessa». Numerosi imprenditori avevano inoltre deciso di avviare «attività indotte dalle prime, a loro supporto e servizio»; si stava così realizzando un obiettivo fondamentale: creare un'imprenditoria locale che a poco a poco andasse a sostituirsi a quella esterna.
Le linee operative conseguenti a questa situazione erano: il reperimento di aree artigianali per r«indotto» e per altre attività di supporto all'industria; creazione di una zona di servizi nell'area industriale («area ove trovino ubicazione sportelli bancari, bar, mensa,ecc.»); recupero a fini produttivi di alcuni opifici dismessi117.

Legato alla «normalizzazione» amministrativa era il ragionamento su come gestire le grandi strutture costruite a Longarone, e fra queste, in primis, i padiglioni della Fiera. Il discorso qui s'intreccia idealmente con quanto avevano detto e scritto gli amministratori nel 1963: un paese migliore di prima, più ricco anche per le responsabilità che la gente avrebbe dovuto assumersi, e per le funzioni riflesse in ambito provinciale.
Gestire un'amministrazione con ambizioni e compiti di questa natura comporta anche un investimento sui giovani, da «allevare» dentro associazioni culturali, sportive, assistenziali e quant'altro, indispensabili per far crescere il senso civico; era una «pratica d'uso del territorio» che proprio a Longarone si dimostrava appropriata. La relazione al bilancio del 1989 si soffermava in particolare sui grandi progetti che ormai si attendevano attraverso le attività fieristiche:

1) Va al più presto avviato l'«Ente Fiera» che coinvolga il maggior numero possibile delle forze, soprattutto economiche, della provincia, all'insegna dell'imprenditorialità e della professionalità; 2) Vanno continuati i positivi contatti con organizzazioni di categoria ed altri enti fieristici al fine di costituire rapporti di collaborazione, concordare programmi comuni, inserire Longarone nella rete fieristica regionale e nazionale; 3) Investimenti sulla mostra, che pure situazioni contingenti e indilazionabili costringono a fare anche per l'immediato, non potranno più, per il futuro, essere sostenuti dal Comune, che già destina ad essi una parte consistente del proprio bilancio. Anche per questo motivo vanno concluse con convinzione, determinazione e coesione di forze i rapporti di cui sopra si diceva, che consentiranno rappresentatività, riconoscimenti regionali, possibilità di reperimento di contributi.
Infine le frazioni, con il problema «casa» ancora prioritario.
Il reperimento di alloggi incontrava notevoli intralci, data la vetustàdegli immobili e il frazionamento della proprietà. Mentre era in attoil recupero, a fini abitativi, degli immobili degli ex asili di Igne e diProvagna, si attendevano i finanziamenti del nuovo piano decennale della Casa (legge 457), sui quale da tempo erano state inoltrate delle domande per recuperare immobili oltre che a Longarone centro, anche a Igne e a Dogna118.
Considerato quanto Bratti con la sua Giunta appoggiata anche dagli ambienti cattolici aveva saputo realizzare, egli fu riconfermato nelle elezioni del 1990 e del 1995, rimanendo in carica fino al 13 giugno 1999 119.

L'Amministrazione 1990-1995 ebbe inizio con un accordo tra DC,PSDI e PRI. Gli assessori che si accompagnarono al sindaco Brattifurono Fabrizio Bosa, Renzo Bristot, Luigino David, Bruno DeMichiel, Massimo Ottone, Adriano Padrin, Pietro De Mattia, Luigino Olivier, Celeste Pierobon. Ma Falleanza man mano incontro difficoltà interne tanto da incepparsi nel 1993; furono determinanti gliattriti nei confronti del PSDI. Si andò alle dimissioni della Giunta ene fece immediatamente seguito un'altra dalla quale furono esclusi isocialdemocratici. Questa compagine governo fino al termine delmandate con realismo efficace, anche se non sempre con lo smaltodi un tempo. In effetti, persisteva la crisi finanziaria del Paese che sirifletteva sugli enti locali, tanto da rallentare il ritmo delle stessecostruzioni (con LR dell'aprile 1993, il Comune ottenne dalla Regione la concessione della gestione di tutto il residue delle opere pubbliche «Vajont»). Il notiziario comunale del 1993 apriva le sue pagine proprio con un editoriale teso ad avvisare la cittadinanza delleprospettive in corso:

Soprattutto a seguito delle dure decisioni del Governo per risanare lafinanza pubblica, a lungo pubblicizzate e commentate dalla stampa e dallatelevisione, i cittadini si sono resi conto delle difficoltà economiche che sta attraversando l'amministrazione pubblica. Dfficoltà da cui i comuni certamente non sono esenti. Si pensi che dal 1991 lo Stato non incrementa più i suoi trasferimenti (mentre crescono le spese di gestione per i servizi), che dal 1987 non si accolla che in minima parte oneri per ammortamenti delle opere pubbliche, che nel 1993 è stato operate un decremento del 5% al bilancio, già definito, dei comuni.
Anche per il Comune di Longarone si profilava perciò un periodo di difficoltà, aggravate dal fatto - continua l'editoriale - che incidevano notevolmente sul bilancio la gestione e la manutenzione di strutture rilevanti, come gli impianti sportivi e gli edifici scolastici. Per gli anni successivi la politica del Comune sarebbe stata costretta a muoversi secondo tre linee d'intervento:
1. Riduzione degli investimenti a parziale blocco delle opere pubbliche; verranno realizzate solamente quelle che hanno già il progetto o per le quali sia previsto un finanziamento esterno (es. opere del programma Vajont). 2.Contenimento della spesa in tutti i settori; controllo della gestione. 3. Progressive adeguamento delle tariffe al costo dei servizi (anche se per questoaspetto negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli passi avanti) [...]. 4. Nuove imposte tra cui la tanto discussa ICI - imposta comunale sugli immobili -, prevista da un recente provvedimento legislativo. Tuttavia, nello stabilire queste imposte, non si potrà non tenere conto del già pesante carico tributario cui sono soggetti i cittadini. La difficile situazione economica, pertanto, nel mentre chiama la collettività a nuovi sacrifici finanziari, responsabilizza ulteriormente gli amministratori per una gestione attenta e delle risorse e delle spese.
All'editoriale sopra citato faceva seguito un commento di Adriano Padrin, assessore al bilancio. Egli amplificava gli stessi temi concludendo che da una situazione del genere discendeva la «pratica impossibilità di programmare» e in definitiva una «grossa limitazione a un'effettiva autonomia dell'ente», sempre più costretto a una gestione «obbligata e scontata»120.

In quel periodo si stavano programmando le iniziative per il 30°anniversario, che cominciarono già l'anno precedente quando, nell'ambito di un progetto più ampio, gli amministratori comunali s'interrogarono sulla ricostruzione urbanistica. Il 3 ottobre 1992 fu promosso un convegno dal titolo "L'urbanistica nel dopo Vajont". Accanto al Comune si era mosso il Collegio degli ingegneri e architetti della Provincia di Belluno e l'Istituto storico bellunese della Resistenza e dell'età contemporanea (ISBREC). I risultati dei lavori del convegno furono pubblicati, così come i resoconti di altri incontri sull'economia e l'evoluzione della società longaronese. Il Comune avvertiva dunque il bisogno di ripensare ai trent'anni già trascorsi dal disastro, in modo articolato e con studiosi esterni: porsi interrogativi per guardare con più consapevolezza al futuro.

Altri campi su cui si sviluppò l'iniziativa dell'amministrazione, riguardano le azioni «di solidarietà e accoglienza verso i profughidella penisola balcanica sconvolta dalla guerra». Longarone ripresei contatti con il Comune «gemellato» di Bagni di Lucca e attuò iniziative di assistenza in Piemonte, colpito dall'alluvione del 1994. Si aprì poi a rapporti internazionali in Europa attraverso scambi tra giovani, per cui a Strasburgo fu conferita al Comune la «bandiera d'onore» del Consiglio della Comunità europea. Nell'occasione fu inaugurata a Longarone la nuova sala «Popoli d'Europa»121.
Quanto alla zona industriale, si aggiunsero altre aziende, in particolare fabbriche d'occhiali; si partecipava così all'ascesa del «distretto» industriale che fa sistema attorno alla produzione dell'occhialeria nell'area Bellunese (gli altri punti d'eccellenza sono nell'Agordino e in Cadore).

L'accentramento delle maestranze, in buona parte provenienti dall'esterno dell'area comunale, mise in moto nuovi bisogni. Per iniziativa anche del Comune di Longarone sorsero servizi di mensa e di ristorazione. Ma non solo.

Negli anni novanta si concretava progressivamente quanto avevano programmato e sperato le prime amministrazioni del «dopo Vajont». Valgano alcuni esempi, a cominciare da Certottica. Il «distretto dell'occhiale» - anche per i rischi del mercato che si riflettono in particolare sui piccoli produttori e artigiani (i cosiddetti «terzisti», che fanno riferimento alle aziende più grosse) - ha bisogno di autonomia e di tempi rapidi e flessibili di produzione. Ecco perché la certificazione del prodotto e dei materiali che lo compongono è di rigore. Da qui il via libera da parte del Ministero competente e della Regione del Veneto a Certottica. La sede è a Villanova dove è sorto un edificio di rilievo anche sotto il profilo estetico (progetto dell'architetto Renato Migotti). Dalla certificazione degli occhiali si è passati ad altri prodotti (visiere e caschi), e, tramite Dolomiticert, a controlli su corde, moschettoni, imbraghi, scarpe da lavoro. Le finalità sono la sicurezza personale e la prevenzione dagli infortuni. Oltre al lavoro di laboratorio, si promuovono aggiornamenti e corsi specialistici122.

Un altro fatto qualificante per Longarone è stata l'istituzione del«Centro regionale di protezione civile», varato nel 1994. La sedeattuale si trova al piano terra di un'ala del municipio (il direttore èGabriele Crespan). Ai soci fondatori (Regione, Provincia di Belluno,Comunità montana Cadore-Longaronese-Zoldano, Comuni di Belluno e Longarone)123, se ne sono man mano aggiunti degli altri, quali le Province di Padova, Vicenza, Rovigo, Treviso e Verona, nonché l'Assindustria di Belluno124.
Lo statuto del Centro non si riferisce al solo soccorso (ci si è attivati per calamità accadute anche all'estero), ma alla previsione e prevenzione. In un «sistema integrato di protezione civile» fra le priorità c'è quella di formare e proteggere gli operatori del settore, sia professionisti che volontari. Ecco dunque la promozione di giornate di studio sulle calamità naturali, in particolare per l'aspetto idrogeologico (fragile in provincia di Belluno, ma anche in altre zone del Veneto), di corsi di addestramento per il personale anche degli enti locali, d'indagini conoscitive sul volontariato, di rassegne espositive, di campi scuola, e così via125.

Terzo elemento: il forte decollo della zona fieristica. È stata un'indubbia soddisfazione per la Giunta Bratti quella del riconoscimento ufficiale dall'Ente Fiera; Longarone ha ottenuto dalla Regione la qualifica di quarto polo fieristico del Veneto dopo Verona, Padova e Vicenza.

Fiera, a parte i visitatori, vuol dire affari, conoscenze, dibattiti,incontri a tutto campo (anche internazionali per la mostra del gelato artigianale). Nei periodi delle varie esposizioni, Longarone diventa un centro di primo piano dove si trattano, volta a volta, i temi dell'agricoltura e del turismo, della difesa del territorio, del vivere e del costruire in montagna oltre che dell'ottica. In ordine a tutto ciò lo stesso capoluogo di provincia cede il campo a Longarone. La stessa Fondazione Vajont, sorta dopo la transazione con la Montedison del 1999, vincola a rapporti sociali e culturali qualificati e a relazioni a alto livello. Interessano qui le colleganze con l'Amministrazione locale. Le persone che vi si dedicano devono sapersi confrontare con problemi complessi; lo stesso personale dipendente che predispone le pratiche amministrative e in parte le gestisce (segreteria, ufficio cultura, biblioteca eec.) deve acquisire, e ha acquisito, competenze econoscenze fuori dell'usuale. Ciò e un «vantaggio», ma anche un impegno non indifferente.

Inoltre, di fronte alla guida di centri operativi del genere, potrebbero enuclearsi «situazioni delicate»: l'intreccio degli interessi diqualche privato o di gruppi di pressione con quelli pubblici; da quila responsabilità dei longaronesi chiamati alle urne. Il senso del «servizio» deve avere la prevalenza; è la «filosofia» che si rintraccia in parecchie dichiarazioni pubbliche anche di Bratti.

Un altro interrogativo: la dimensione culturale e simbolica internazionale di Longarone e le esigenze quotidiane dei suoi abitanti; due polarità che potrebbero essere fonte d'incomprensioni, remore, disequilibri, senza peraltro «colpe» specifiche degli amministratori.Il superamento delle polemiche interne, talvolta suscitate ad arte - la protesta astiosa, alimentata da se stessa, e complementare a chitende alla conservazione delle cose - potrebbe aiutare le giovanigenerazioni a guardare oltre e a considerare con maggiore fiducia ilruolo dell'amministratore locale126.

Il consenso personale raccolto da Gioachino Bratti fra la popolazione, nonché le persistenti difficoltà della sinistra longaronese e ilcostante appoggio degli ambienti cattolici, contribuirono alla conferma dei candidati che a lui facevano riferimento come sindaco nelle elezioni del 1995 127. Già il 12 maggio era nominata la nuovagiunta128.

L'impegno del Comune in questo quinquennio fu rivolto, in particolare, a concludere la vertenza legale che l'opponeva alla Montedison per il risarcimcnto del danni materiali e morali, di cui si è già detto. Dopo aver vinto la causa al Tribunale di Belluno (1998) e quella di secondo grado alla Corte d'Appello di Venezia (febbraio 1999), il Comune concluse la transazione con la Montedison, ottenendo un risarcimento di poco più di 77 miliardi di lire (deliberaconsiliare d'accettazione presa quasi a fine mandato, maggio 1999).
Bratti, a questo proposito, non ebbe remore a dichiarare che grandemerito di questo risultato era dei legali sceiti dal Comune, il professor Consolo di Verona e il professor Ascari di Modena (già difensore del Comune nella causa penale); inoltre, egli riconobbe che c'era stata anche un'apprezzabile «sensibilità dei legali della controparte».
L'accordo previde il varo della già nominata Fondazione per i problemi della montagna e delle calamità «naturali»; a essa hanno aderito anche ENEL e Regione del Veneto.

Nella già citata memoria scritta, Bratti ha ricordato che il possibile utilizzo del risarcimento Montedison, prima ancora del suo conferimento al Comune, era stato oggetto di «partecipate e vivaci assemblee e consultazioni con tutta la popolazione e soprattutto con i superstiti». I risultati confluirono in un ampio dossier che l'Amministrazione uscente trasmise alla successiva. Una parte della somma fu comunque destinata a un'iniziativa di solidarietà in provincia (specificatamente all'AISM per la ristrutturazione della «Casa del Sole» di Ponte nelle Alpi), quale segno di riconoscenza per la solidarietà incontrata all'indomani della tragedia.
Sarebbe lungo l'elenco delle deliberazioni prese durante questi anni. Ne seleziono alcune, a cominciare dal conferimento della cittadinanza onoraria al giudice Mario Fabbri e all'onorevole Gianfranco Orsini, l'uno protagonista dell'accertamento delle responsabilita del disastro e l'altro in qualità di parlamentare che ha lavorato sulle leggi relative alla ricostruzione economica, e poi (pluri)presidente del CONIB

L'Amministrazione Bratti disse sì alla recita, prima a Longarone epoi in diretta tv ai bordi della frana del Vajont, della «orazione civile» di Paolini (9 ottobre 1997). Per alcuni studiosi, il valore dellarecita di Paolini e l'eco che ebbe sull'opinione pubblica nazionale sono da considerare come «chiavi di volta» nella «memoria delVajont» e forse anche come momento di accelerazione del processodi «ripensamento e sistemazione» delle memorie degli stessi superstiti. Anche se questa lettura potrebbe essere parziale, resta innegabile che l'«orazione» di Marco Paolini, in collaborazione conGabriele Vacis, ebbe un impatto emozionale molto forte. A questoproposito occorre citare almeno un trafiletto apparso nel notiziariodell'Amministrazione comunale (luglio 1998):

1 Non si è ancora spenta l'eco del grande successo registrato da MarcoPaolini il 9 ottobre scorso quando il suo «Racconto del Vajont» è stato trasmesso in diretta su Raidue dalla suggestiva cornice della diga del Vajont. Oltre 3 milioni e mezzo di italiani furono incollati ai televisori e sulla diga, nelle tre serate di replica, si registrò sempre il tutto esaurito. Uno spettacolo indimenticabile, voluto dal Comune di Longarone, in collaborazione con i Comuni di Castcllavazzo, Vajont ed Erto-Casso. Da quella sera l'Ufficio Cultura del Comune e la Pro Loco sono stati tempestati da centinaia e centinaia di telefonate da parte di persone, che da un po' tutta l'Italia hanno voluto esprimere la loro grande emozione per un evento ancora vivo nella memoria di tutti. La maggior parte di loro chiesero e chiedono tuttora di poter avere la videocassetta della trasmissione.
La risonanza nazionale fu innegabile e continuò anche negli annisuccessivi per la diffusione della videocassetta, sollecitata dallo stesso Comune.

Un altro nodo aggrovigliato da vedere sotto il profilo amministrativo e il livello raggiunto dal settore industriale rispetto alle conseguenze sull'ambiente. Più volte, oltre ai sindacati e ad altri enti territoriali, fu il Comune a metterlo in evidenza al fine di deliberare edesperimentare Ie soluzioni migliori.
Alia fine degli anni novanta nell'area di Longarone s'era insediato il maggiore «polo industriale» della provincia di Belluno, con circa 3.300 posti di lavoro, suddivisi nel settore dell'occhiale, dell'elettronica, della meccanica, del tessile; si era raggiunta quasi «la saturazione dell'area a ciò destinata e corrispondente a 61 ettari per la sede di Villanova» e 13 ettari in località San Martino. Il rovescio della medaglia è: inquinamento, traffico, rumore. Una campagna di rilievi per determinare la qualità dell'aria, operata dall'Amministrazione provinciale, aveva rilevato alcune tendenze dannose. Da qui la stesura di un piano con regole atte a migliorare la qualità del lavoro e della vita in genere. Il 27 gennaio 1998 fu istituita dal Comune una «Commissione ambiente», con il compito di formulare gli indirizzi «secondo i quali orientare più approfondite progettazioni ed interventi in materia di tutela ambientale». I numerosi incontri e dibattiti individuarono, oltre ai problemi dell'inquinamento, anche la fragilità del sistema idrogeologico130.

Il momento più critico si manifestò in due distinti periodi. Ilprimo, nel 1997, coinvolse l'azienda Polimex, posta sotto sequestrodalla magistratura per rifiuti di vario genere non smaltiti. L'Amministrazione comunale s'impegnò per la bonifica dell'area. Dopo due anni, l'emergenza ambiente coinvolse una grande industria dell'occhiale, la Safilo: lavoratori al pronto soccorso (intossicazione da gas tossici); sospetto di responsabilità non della Safilo ma di un'altra azienda vicina, la Nitrol Veneta (Ecora); nuove indagini della magistratura, controlli dell'ARPAV, intervento delle forze politiche di sinistra e dei sindacati, nonché del Comune. Bratti se ne interessò personalmente, promettendo che una parte dei soldi ottenuti dalla Montedison per il risarcimento dei danni morali e patrimoniali causati dal disastro del Vajont sarebbe stata destinata ai monitoraggi sul territorio131.

L'attenzione verso la salute di cittadini e lavoratori s'incrociava con le attività relative al Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi e al ricco patrimonio boschivo comunale132. Inizialmente il Parco aveva creato contrasti e dubbi; gli stessi dirigenti provinciali della DC erano piuttosto «freddi» sulla gestione autonoma delle zone a Parco,ma le polemiche si andavano ormai placando133.
Tra le iniziative di questi anni sulla «memoria» e la cultura, vafatto cenno almeno al grande raduno dei soccorritori del Vajont (ottobre 1998), alla «nascita» delle guide e informatori dell'area, all'adesione al Centro di promozione culturale e tecnologica per lo sviluppo (si tennero alcuni corsi universitari in loco). Fu inoltre istituito il premio biennale «Longarone» da assegnare a persone che onorano e beneficano la comunità.

Quanto all'edilizia residenziale pubblica e privata furono attuatevarie opere nel centro, a Roggia (ex birrificio) e a Fortogna, ove sirecuperò un complesso degradato per realizzarvi alloggi di ediliziapopolare. Continuo fu anche il lavoro politico-ammistrativo in campo sociale. A parte lo scioglimento della Fondazione del «Gazzettino» i cuifondi furono devoluti a iniziative per gli handicappati134, indubbi traguardi furono raggiunti nel settore dell'assistenza agli anziani. S'intervenne sulla Casa di riposo, sia dal punto di vista edilizio che dell'organizzazione interna135, mentre si affidò il Centro sociale di Pirago con l'annesso bocciodromo al volontariato locale, cioè all'associazione «Stella Alpina», nata nel 1996, una realtà bene organizzata,molto partecipata e bene diretta136.

Scuole, servizi sociali e sportivi (tra i quali la piscina e il palazzetto dello sport), promozione del tempo libero in offerte multiformi,tutto ciò ha contribuito ad assicurare una buona qualità di vita, ma ha anche creato qualche difficoltà amministrativa, se non altro per ilsovradimensionamento di alcune opere pubbliche. Da qui la necessità di un confronto all'interno della stessa Comunità montana. Un progetto per una razionalizzazione dei servizi comunali e comunitari, partecipe la Comunità montana come ente coordinatore, fu adottato dal Consiglio comunale di Longarone (astenuto il gruppo di minoranza) il 17 giugno 1996.

Un punto qualificante, tuttavia, rimane ancora sulla carta: il Museo del Vajont. Se ne discute da oltre quarant'anni137; il problema è molto complesso poiché deve essere insieme centro di documentazione e museo all'aperto. Uno dei pareri che circola oggi a Longarone è quello di giungere a un concorso internazionale d'idee, attraverso il quale decidere in via definitiva sulle scelte da realizzare138. In compenso, prima che la Giunta Bratti arrivasse al suo limite di scadenza, si completò il restauro dell'unico edificio storico sopravvissuto al disastro, cioè palazzo Mazzolà (XVIII secolo), sede del municipio139.

L'eredità di Bratti fu decisa con le elezioni del 13 giugno 1999. Due i candidati a confronto con due liste civiche: Fiorenzo De Col, già assessore con Bratti, e Pierluigi De Cesero che voleva interpretare il cambiamento. Il risultato delle urne parlò chiaro: 61,6% alla lista capeggiata da De Cesero e 38,3 % per quella di De Col140.

Con De Cesero si è voltato pagina rispetto ad amministratori cheavevano un legame storico con Longarone per età anagrafica maggiore e che avevano vissuto direttamente la tragedia del Vajont. È il primo sindaco che nel 1963 non era ancora nato. Appartiene alle nuove generazioni che tuttavia a Longarone devono sempre confrontarsi con un passato ancora pesante e che va debitamente ricordato: una «missione civica» che gli amministratori ricevono nel momento stesso della loro elezione.

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1 Le deliberazioni del Consiglio comunale di Longarone dal 1963 in poi sono raccolte nell'Archivio del Comune (ACL) in buste poste accanto agli atti delle giunte in carica. Le buste sono numerate progressivamente secondo gli anni. A esse faccio riferimento con la sola data.
Mi sono servito inoltre dei «Notiziari» che sono stati man mano stampati dall'Amministrazione comunale. Importante è anche il bollettino parrocchiale «Longarone». Ringrazio per la cortesia il personale dell'Ufficio segreteria e archivio e della Biblioteca civica di Longarone.

2 Le testimonianze dei sopravvissuti, specie se l'animo si disvela in profondità, hanno diritto a riservatezza. Dirò solo di Franco Franchini - con cui ho avuto una conversazione a Belluno il 3 gennaio 2008 -, allora consigliere comunale, che, persa la famiglia (moglie e due figli), percorse per giorni le rive del Piave alla ricerca delle vittime e alla ricomposizione di corpi martoriati. Franchini, vicino al PRI, era impiegato al Catasto e aveva sposato una longaronese. L'avvocato Franco Tovanella, già assessore della DC al Comune di Longarone, ha così ricordato: «Tutti quei superstiti, pochi per la verità, che abitavano nel territorio devastato e che in quelle ore erano assenti dalle loro abitazioni distrutte, pellegrinarono per settimane lungo lerive del Piave e le chiese dei paesi attraversati dalla tragica ondata, alla ricerca dei propri parenti scomparsi» (testimonianza scritta in mio possesso del 28 marzo 2008).

5 Ufficialmente i consiglieri comunali considerati titolari dell'incarico erano rimasti in 16; tra questi ne erano inclusi 5 le cui tracce non erano state ancora ritrovate; cfr. «L'Amico del Popolo», 30 novembre 1963.

4 Il 21 ottobre la Giunta (formata da Terenzio Arduini, Giacomo De Bettìo, Aristide Giordani e Valentino Stragà) aggiunse altri due avvocati: Nello Ronchi e Flavio Dalle Mule. Fece poi riferimento ad Alberto Carossi per consulenze nel campo del diritto civile, a Lucio Luzzatto per il diritto amministrativo e a Emilio Rosini ed Ettore Gallo per il diritto penale. Il 22 novembre Arduini fu nominato all'unanimità sindaco di Longarone. La Giunta fu composta da Giacomo De Bettìo, Valentino Stragà, Aristide Giordani, assessori supplenti Antonio De Bona e Francesco De Villa (cfr. «L'Amico del Popolo», 30 novembre 1963).

5 Era stato nominato anche un commissario prefettizio, il dottor Giovanni Fichera, per svolgere però solo opera di assistenza alle popolazioni; sui giorni dopo il Vajont rinvio al mio lavoro 'Governo locale, amministratori e società a Longarone 1866-1963', Comune e Biblioteca civica di Longarone, Longarone 2002, p. 200.

6 Conversazione con Ezio Zuliani, Longarone 9 gennaio 2008. Zuliani nacque a Longarone il 3 aprile 1933. l'inito il servizio militare, entro nel 1955, tramite concorso, nell'ufficio di segreteria del Comune di Longarone. Dirigente di quell'ufficio era allora Arturo De Bona. Con Zuliani lavorava Germano Polla. Morto De Bona nel luglio del 1963, fu Zuliani a dirigere l'ufficio e quindi ad affrontare tutto il periodo del «dopo Vajont» fino alla pensione.

7 La sera, dopo il disastro, Zuliani si spinse alla ricerca dei genitori che abitavano verso frazione di Pirago. Il padre, inghiottito dall'acqua, non fu più ritrovato; raccolse invece la madre gravemente ferita. Portata all'ospedale di Agordo attraverso il passo Duran, morì un mese e mezzo dopo.

8 Era morta un'altra guardia boschiva, Ettore Teza, a cui subentrò Agostino De Bona.

9 Gino Ferranti, allora unico vigile urbano di Longarone, era un emiliano.
Assieme ad altri giovani di quella regione, aveva combattuto nella Resistenza bellunese . Venne poi a lavorare a Longarone dove conosceva il sindaco Celso,anch'egli ex partigiano. L'attuale vigile urbano Elvio Bez lo ricorda con commozione. Ferranti aveva da poco cambiato casa con l'intera famiglia, altrimenti si sarebbe salvato. Il suo corpo non è stato mai ritrovato. Nel Comune d'origine di Ferranti, San Pietro in Casale, è stata dedicata una via allo scomparso (conversazione con Elvio Bez, Longarone 11 luglio 2008).

10 Nei primi giorni, siccome il municipio era inagibile, Laveder tenne la contabilità in casa propria per far fronte all'emergenza. Dovette poi rispondere di questo, in base a una denuncia che, secondo Zuliani, voleva colpire il sindaco Arduini più che il segretano comunale. Quando Laveder chiese il trasferimento a Spinea, la Giunta Arduini gli tributò una nota dilode (cfr. le dichiarazioni di Arduini nel corso della giunta del 25 maggio 1964).

11 Sono 15 pagine dattiloscritte. La copia che ho visto mi è stata fornita da Ezio Zuliani

12. Così continua il documento:

«Dalle industrie locali, più che dalla emigrazione, la nostra gente traeva il necessario per la vita delle proprie famiglie. L'Amministrazione Comunale aveva varato un Piano di sviluppo economico e sociale imperniato su una organica industrializzazione del Longaronese; voleva cioè, con la industrializzazione unica possibile reale fonte di vita, gettare le basi di una effettiva elevazione del tenore di vita della nostra gente [...]. Il Consorzio del Bacino imbrifero del Piave aveva sostenuto il programma della Amministrazione Comunale con notevoli contributi. L'Amministrazione Comunale aveva contratti mutui per 100 milioni per acquistare circa 200.000 mq di terreno per costituire un demanio comunale per incentivare l'insediamento nella zona di industrie, per disporre di aree per le scuole, per gli asili, per gli impianti sportivi e per la attuazione di un piano organico di edilizia popolare che doveva svilupparsi parallelamente allo sviluppo industriale. Per questa profonda azione propulsiva Longarone è stata e sarà sempre a capo del Consorzio dei Comuni del Longaronese-Zoldano [...] e la sua azione sarà determinante per i Comuni della Valle del Piave (Perarolo) e per la Valcellina (Erto-Casso ecc.)».
15 Gli architetti erano Nota, Fabricotti e Bianchini di Milano, già vincitori di un concorso indetto dal Comune nel 1958.

14 Solo più tardi il computo dei danni della tragedia fu messo a fuoco.
Nel documento del 18 ottobre si scriveva che nel capoluogo quasi tutte le case e le famiglie erano state distrutte (prima c'erano 372 abitazioni e 373 famiglie). I morti si presumeva fossero 1.190 su 1.269 abitanti. Distruzione anche a Rivalta e Pirago, con 503 morti su 531 residenti. A Villanova-Faè i danni riguardavano circa la metà del patrimonio prima esistente con 86 morti su un totale di quasi 200 abitanti. Meno o per nulla colpite erano state invece le frazioni di Igne, Soffranco, Dogna, Provagna, Fortogna, Roggia e Pians. Erano inoltre sparite le industrie «che costituivano la base per quel processo di industrializzazione» unica «speranza di un avvenire migliore»: la Filatura Vajont (156 posti di lavoro), la Cartiera di Verona (93), la MEC Marmi (66), la ILOM (120), la Procond (100), le Segherie Protti (20) e alcune ditte minori che occupavano complessivamente una cinquantina di altri lavoratori.

15 Il corsivo sta al posto delle sottolineature del documento originale.

16 Così termina il documento del 18 ottobre 1963: «Riteniamo che il commissario straordinario [Sedati] nominato dal Governo sia giunto tra noi per realizzare quanto da noi sopra esposto, per renderci giustizia, per aiutarci a ricostruire Longarone nelle industrie, nelle case, negli affetti e nello spirito che pur duramente provato e pronto ad assolvere ai nuovi compitiper il bene della nostra gente. Questo chiediamo, questo pretendiamo perché questo è il nostro preciso diritto».

17 Anche la Relazione 2 della Giunta Arduini mi è stata fornita da Ezio Zuliani che ne ha conservato copia tra i documenti da lui raccolti.

18 Il Comitato dei superstiti di Longarone fu presieduto dall'ingegner Luciano Galli.
Su questo argomento cfr. Arrigo Galli, 1963-1968 dopo Vajont. È giusto che se ne parli, Grafiche longaronesi, Longarone 2008. Il volume è stimolante per proseguire il dibattito sulle vicende del dopo in modo costruttivo e senza ricorrere al «sensazionale»: lo «straordinario» e già nell'evento e nelle incertezze del periodo ricostruttivo.

19 Oltre alla Regione, nella Relazione 2 si chiedeva anche un ente regionale veneto per lo sviluppo agricolo con lo scopo di «operare una grande riforma agraria nelle zone di montagna». Così prosegue il documento: «È certo che la peculiare situazione in cui si trovano i territori della valle del Piave delimitati tra quelli del Trentino e del Friuli, regioni queste rette da Statuti Speciali, richiede uno studio attento di particolari provvedimenti e di appropriati istituti che da parte dell'Ente regione della Venezia Euganea e nell'ambito dello stesso Ente dovranno essere adottati e creati, per ovviare a quelle disparità di soluzioni, di trattamento che potranno verificarsi per zone montane che pur presentano analogie e similarità di problemi, d'ordine sociale, economico e civile. Ecco perché abbiamo fatto riferimento all'esigenza di istituire fra gli organi esecutivi della Regione un assessorato per la montagna e una sezione speciale per la montagna nell'ambito dell'Ente regionale dello sviluppo agricolo» (pp. 33-34).

20 Testimonianza scritta di Franco Tovanella.
Egli ha altresì ricordato: «Quanto alla sicurezza della zona, le autorità governative (va ricordato in proposito il peso determinante del Consiglio superiore dei LL.PP.) prospettavano il pericolo di un'ulteriore frana dagli effetti imprevedibili (il famoso diedro del Monte Toc); per questo erano dell'idea di trasferire altrove la ricostruzione degli abitati, [...] idea respinta coralmente dalle popolazioni». E ancora:
«La necessità di provvedere legislativamente ai bisogni delle popolazioni danneggiate nei loro beni si scontrava con la mancanza di precedenti legislativi adeguati a cui fare riferimento per il ristoro dei danni provocati ai privati cittadini; né lo Stato poteva assumersi in toto le responsabilità civili per i danni provocati, anche perché si faceva appello da più parti alle colpe dell'Enel-Sade».

21 La relazione introduttiva di Arduini al convegno del 9 dicembre 1963 si trova nel volume da me curato, Solidarietà e ricostruzione nel Vajont, Comune di Longarone, Longarone 1998, pp. 13-17.

22 Cfr. «L'Amico del Popolo», 11 gennaio 1964.

23 Cfr. il periodico della DC provinciale, «Rinascita sociale», 10 novembre 1963: i comunisti erano ricordati come esempi di «amoralità», e di «sciacalli» per antonomasia: «Additiamo al disprezzo del Paese gli sciacalli comunisti».

24 L'arciprete di Longarone, don Pietro Bez, ha rilasciato una testimonianza pubblicata in Solidarietà e ricostruzione nel Vajont, cit., pp. 127-128. Quanto a monsignor Muccin, egli stava partecipando al Concilio Vaticano e fu ricevuto in udienza privata da Paolo vi il 30 novembre. Portò a Longarone una lettera di solidarietà del papa (datata 12 novembre); cfr. «L'Amico del Popolo», 14 dicembre 1963.

25 L'Associazione dei maestri cattolici, di cui a Longarone era presidente Gioachino Bratti, promosse in zona parecchi incontri, trattando problemi della famiglia, della salute e dell'educazione dei ragazzi. Furono coinvolte fra l'altro la professoressa Rosanna Colleselli, l'ispettrice Leonilde Costantini, Nerina Battistin, Adelma Mariotti, Flora Odorizzi, Albertina Crespan, Luisa Losso, Lilia Vazza, oltre che medici e psicologi e gli insegnanti superstiti di Longarone, Maria Pais e Renato Tormen; cfr. «L'Amico del Popolo», 7 marzo 1964. Un'altra maestra che insegnava a Longarone, Teresa D'Incà, ha scritto una memoria su quanto hanno fatto gli insegnanti nel «dopo Vajont»; cfr. Din don, le canpane di Longaron... Il Vajont raccontato dauna maestra ed i suoi alunni di quel tempo, Comune di Longarone, Longarone 2003.

26 Il rientro a Longarone della statua della Madonna fu salutato da 1.500 persone, tra lacrime e canti, scrisse «L'Amico del Popolo» del 30 maggio 1964. La visita di Lercaro, che concelebrò la messa con Muccin, ebbe luogo il 19 luglio 1964; cfr. «L'Amico del Popolo», 25luglio 1964. Va ricordato che alla vigilia del Natale 1963 la chiesa prefabbricata non era stata ancora ultimata; tuttavia, si riuscì a coprirla con un telone provvisorio e vi fu celebrata la messa di mezzanotte. Fu un evento che rimase nella mente di quanti vi parteciparono, tra cui Bruno Pradella, che ne ricorda diversi particolari. Sulla messa di mezzanotte del Natale 1963 cfr. anche Gianni Olivier, La Chiesa prefabbricata, in Longarone e la sua Chiesa, Pro loco, Longarone 2003, p. 33.

27 Cfr. Tina Merlin, La rabbia e la speranza. La montagna, l' emigrazione, il Vajont, Cierre, Verona 2004, pp. 70-75.

28 Cfr. «L'Amico del Popolo», 11 gennaio 1964. Anche secondo Franchini (conversazione del 15 febbrao 2008) «il blocco della strada fu spontaneo» e «senza interventi politici». Franchini mi ha fatto vedere il suo archivio privato riguardante il Vajont. Tra le sue carte ci sono i testi che egli pronunciò in varie occasioni, anche fuori Longarone. Inoltre, sono chiari i buoni rapporti che ha sempre mantenuto con il parroco don Bez.

29 Neppure «L'Unità» rivendicò l'organizzazione della protesta. Così scriveva Tina Merlin nell'articolo citato:

«Il popolo ha conquistato la democrazia e ora la esercita. Non vuole fare qui "la rivoluzione", e tanto meno creare disordini. Vuole giustizia, vuole sicurezza, vuole restare nel proprio paese perché sa che può restarci. E vuole essere ascoltato almeno ora, che qualcosa dovrebbe essere pur cambiato in Italia, visto che i socialisti sono al governo. C'è molta amarezza. E non sono i comunisti a provocarla. [...] "Longarone a Longarone" è una parola d'ordine che spicca in questi giorni su grandi cartelli, piantati sulle macerie del paese. Si deve svuotare il bacino della morte e allora non vi sarà più pericolo per la zona. Si deve rinforzare anche la diga, con opportuni sbarramenti di calcestruzzo disseminati lungo tutta la valle del Vajont. Nel malaugurato caso di un cedimento della diga, il materiale verrebbe frenato nella sua corsa lungo la valle e si fermerebbe nel Piave. Bisogna dare sicurezza alla zona e non abbandonarla, questo è il problema e la volontà precisa di tutti»; cfr. Merlin, La rabbia e la speranza, cit., p. 71).
Di parere opposto è Franco Tovanella: la sinistra (in particolare i comunisti) avrebbe orchestrato la manifestazione anche attraverso persone provenienti dall'Emilia Romagna (testimonianza scritta di Franco Tovanella). In un recente lavoro l'ex sindaco Arrigo Galli ha scritto: «Ci si chiede ora: ma questi atti " violenti" erano necessari? Purtroppo si dimostrarono «indispensabili» per smuovere governanti e opinione pubblica verso la soluzione dei problemi nei quali era stata coinvolta, suo malgrado, gente che aveva subito una tragedia per colpa dell'avidità di denaro di alcuni e dell'incapacità tecnica e morale di tanti tecnici, anche al serviziodello Stato» (Galli, 1963-1968, cit., p. 30). In questa pagina del libro è indicata la successione dei blocchi stradali che interessarono anche Erto e la Valcellina.

30 Dopo l'inchiesta amministrativa i prefetti di Belluno e di Udine furono sostituiti (spostati).

31 «L'Amico del Popolo» insinua che ci fossero dei provocatori venuti dall'esterno, ma si scrive altresì che il blocco era stato molto forte e l'isolamento totale. Il guaio era - secondo il foglio - che «fuori provincia» qualcuno si faceva l'idea che il longaronesi fossero «insaziabili, teste calde, facinorosi». Nella prima pagina del settimanale del 22 febbraio 1964 appare anche una foto con uomini che portano a spalla una trave per interrompere la viabilità. Vi si narra infine che fu il medico condotto di Longarone, Gianfranco Trevisan, a intervenire contro il blocco e facilitare il rientro della protesta.

32 Cfr. la relazione di Giacomo Sedati, 21 novembre 1963, pubblicata nel libro Solidarietà e ricostruzione, cit., pp. 19-36. L'opera del commissario di governo si chiuse nei primi mesi del 1964 e questo fu un altro motivo di dissenso perché una parte dell'opinione pubblica temeva che mancasse una «guida» sicura. Tornare al «regime normale», tramite le autorità ordinarie, si pensava fosse negativo anche per la ricostruzione. Da qui la proposta di creare un «organismo nuovo di coordinamento non burocratico»; cfr. «L'Amico del Popolo», 7 e 14 marzo 1964.

33 Cfr. «L'Amico del Popolo», 29 febbraio e 28 marzo 1964.

34 Il Consiglio comunale di Longarone, tramite il sindaco Arduini, il 14 marzo 1964 concesse la cittadinanza onoraria a Ciglieri.

35 Testimonianza scritta di Franco Tovanella: «Il collegio di difesa del comune di Longarone avrebbe forse dovuto inserirsi nelle attività in sede penale, in aiuto ai giudici, nella veste di parte civile, cosa che avvenne con la nuova amministrazione Protti». Tovanella è altresì del parere che va ascritto a merito dei nuovi difensori del Comune la svolta anche per l'accertamento della verità sul Vajont: l'autorità giudiziaria di Belluno aveva nominato una prima Commissione di esperti, presieduta dal professor Ardito Desio; vi faceva parte anche il professor Gortani. Il compito era di accertare le mancanze tecniche che fossero all'origine delle responsabilità. Questa Commissione non giunse a risultati significativi, anche perché, sempre secondo Tovanella, non sufficientemente stimolata dal collegio degli avvocati scelti dall'Amministrazione Arduini. Sarebbe stato con il cambio di maggioranza (alla fine del 1964) che, sostituiti i vecchi avvocati, furono trovati altri tecnici, soprattutto stranieri, che si rivelarono «preziosissimi» nell'appoggiare l'azione istruttoria del Tribunale di Belluno.

36 Per gli esiti elettorali in provincia di Belluno cfr. «Il Gazzettino», 24 e 25 novembre 1964. A Longarone questi furono i voti per l'Amministrazione provinciale: PCI 337, PSDI 129, PLI 66, MSI 43, DC 806, PSI 386, PSIUP 51.

37 La sequenza degli eletti al Consiglio comunale in base alle preferenze e la seguente. La lista n. 2 «Ricostruzione»: Gian Pietro Protti, Franco Tasso, Marcello Sacchet, Franco Tovanella, Germano Accamilesi, Giacomo Bez, Bonaventura De Bona, Pietro De Bona, Tarcisio De Bona, Pietro De Cesero, Ado De Col, Gaetano De Nes, Guido Feltrin, Fernando Longoni, Valentino Salvador, Mario Zandomenego. La lista n. 1 «Ricostruiamo Longarone»: Terenzio Arduini, Franco Franchini, Silvano Salvador, Vincenzo De Villa. Va ricordato che le liste dovevano tenere conto dei rappresentanti delle varie frazioni del Comune.

38 Cfr. Solidarietà e ricostruzione, cit., pp. 281-283, relazione datata 2 aprile 1998.

39 Consiglio comunale del 16 gennaio 1965.

40 Deliberazione di Giunta del 22 gennaio 1965, ratificata dal Consiglio il 24 marzo successivo.

41 Cfr. «L'Amico del Popolo», 27 marzo 1965.

42 La nomina avvenne nel corso del Consiglio comunale tenutosi il 3 luglio 1965. I nominati furono Gian Pietro Protti e Franco Tovanella per la maggioranza e Franco Franchini per la minoranza. Fu Protti poi a essere scelto come presidente dell'assemblea comprensoriale dei 29 comuni.

43 Il Comune di Longarone votò la sua adesione al CONIB il 20 febbraio 1965. Avevano già dato l'adesione: l'Amministrazione provinciale, il Consorzio del BIM del Piave, la Camera di commercio, l'Associazione di operatori economici per lo sviluppo industriale della provincia di Belluno (ASIB), referente l'Assindustria. Lo statuto del CONIB fu poi modificato a livelloministeriale, per cui il Consiglio comunale fu chiamato a deliberare in merito una seconda volta nella seduta del 4 agosto 1965.

44 Sulla fondazione del CONIB, cfr. anche «L'Amico del Popolo», 27 febbraio 1965.

45 Uno studio sullo sviluppo economico sul «dopo Vajont» è stato elaborate da Renzo l'ant, Lo sviluppo industriale della provincia di Belluno nel dopoguerra, s.e. [Camera di commercio di Belluno], Belluno 1974. Cfr. anche Diego Cason, L'evoluzione socio economica nella montagna bellunese, «Venetica», xv, 3, 2001, pp. 145-174 (numero monografico Il nuovoVeneto). Si deve ricordare che le imprese di qualsiasi ramo e settore potevano avere titolo alle agevolazioni statali attraverso la compravendita dei diritti di titolarità relativi a quelle cessate; gli incentivi erano erogati non sulla base di quanto perduto ma in relazione ai capitali da investire nei nuovi progetti.

46 L'ordine del giorno fu presentato e discusso in Consiglio il 19 dicembre 1965. Tale istanza fu ripresa da una deliberazione di Giunta del 24 giugno 1966, attraverso la quale ci si rivolse alle massime autorità dello Stato perché fossero aiutate in primo luogo le comunità danneggiate dal Vajont.

47 Cfr. «L'Amico del Popolo», 28 agosto 1965.

48 Ciò ebbe a provocare polemiche, anche per le parcelle che gli avvocati estromessi presentarono, giudicate eccessive. Il punto di riferimento di questi avvocati era Emilio Rosini.

49 Cfr. «L'Amico del Popolo», 1° maggio 1965. Il Consiglio comunale ratificò anche una deliberazione della Giunta Protti che incaricava l'avvocato Alberto Scanferla di Padova per una consulenza legale riguardante la ricostruzione; deliberazione di Giunta del 23 ottobre e ratifica del 5 dicembre 1965. La delega all'avvocato Bettiol fu poi revocata nel 1969 per avere egli tenuto all'Aquila una difesa molto ambigua, contribuendo così alla deludente sentenza; la delega del Comune fu allora affidata a Odoardo Ascari.

50 Cfr. 9 Ottobre 196'). Discorso commemorative pronunciato dal Sindaco di Longarone, Tip. Piave, Belluno 1965, pp. 4-6.

51 Così ancora Protti: «Il culto che appartiene a ciascun uomo come patrimonio e valore più intimo, vale a dire la pietà dei defunti, per i superstiti del Vajont costituisce un vincolo generale che tutti ci lega a ricordare nei pensieri e nelle opere una popolazione annientata nel più drammatico dei modi. Persone e cose sono state cancellate in un attimo e ciascuno di noi si chiede come egli stesso non abbia subito la medesima sorte; come abbiamo vissuto insieme a loro, come insieme li abbiamo perduti, così tutti uniti li dobbiamo ricordare e commemorare. Da questa forza siamo legati, ripeto, al di là di ogni interesse personale, al di là di ogni ideologia, al di là di ogni convincimento e noi riteniamo che il primo dovere dei superstiti sia di contribuire con ogni sforzo e con qualsiasi mezzo ad accertare e illuminare le cause che hanno portato alla strage»; cfr. 9 Ottobre 1965, cit., pp. 1-2.

52 Questo è il testo dell'appello:

«Due anni sono ormai trascorsi dalla sciagura del Vajont che ricordiamo con immutato dolore. Permane ancora, per le popolazioni di Longarone e della Vallata del Piave, il problema della sicurezza a causa del mancato svuotamento del bacino del Vajont, che presenta caratteri di maggiore gravità per le Comunità di Erto e Casso edella Valle Cimoliana. La Commissione parlamentare d'inchiesta ha espresso a maggioranza un giudizio di non responsabilità della Sade, dell'Enel e degli organi dello Stato, mentre due relazioni di minoranza, una dei parlamentari del PSI e una dei parlamentari del Pci, ne hanno individuato chiaramente i gravi elementi di responsabilità. Inoltre non è stata realizzata la ricostruzione degli abitati e delle industrie che doveva assicurare lo sviluppo civile ed economico di tutta la zona. Per questo noi superstiti del Vajont rivolgiamo un caldo appello ai familiari delle vittime e ai superstiti di Mattmark e delle recenti alluvioni, a noi affrarellati da una comune tragedia, alle forze politiche di ogni corrente, ai sindacati, ai parlamentari, agli uomini di cultura, agli amministratori degli Enti Locali e a tutti coloro che ci hanno dimostrato con generosa partecipazione la loro solidarietà, perché aderiscano e partecipino compatti alla Manifestazione per la giustizia e la ricostruzione che avrà luogo domenica 10 ottobre in Longarone, con inizio alle ore 10. Sia la nostra e la vostra presenza espressione di fraterna solidarietà, di ferma volontà di giustizia e monito ai responsabili affinché ricordino che le promesse debbono trasformarsi in fatti»
(Archivio del Comune di Longarone [ACL], b. Anniversario Vajont, C/1. 1965, Foglio a stampa.
Sull'inchiesta parlamentare cfr. anche Franco Busetto, Ilcorridoio dei passi perduti, Il Poligrafo, Padova 2000, pp. 85-102).

55 Una relazione del sindaco contro il trasferimento del processo del Vajont fu presentata in Consiglio comunale il 5 giugno 1968.
Nella stessa occasione fu discussa anche una Lettera aperta al Popolo Italiano, un accorato appello per la giustizia; il documento fu proposto dalla minoranza ed ebbe l'unanimità dei consensi del Consiglio.

54 I due documenti sono riportati estesamente in Lucia Vastano, Vajont l'onda lunga. 19632003. Quarant'anni di tragedie e scandali, Simbad Press, Milano 2003, pp. 169-175 (nuova ed. Ponte alle Grazie, Firenze 2008).

55 Si tratta di una relazione del sindaco Arduini inviata al presidente del Consiglio dei ministri il 30 dicembre 1963 e approvata dalla Giunta il giorno precedente:

«I superstiti hanno atteso sino a oggi; sono debilitati perché materialmente e moralmente colpiti nei loro affetti,net loro beni, nelle loro proprietà». Essi erano «sfiduciati» a causa della «insensibilità governativa» che non si era ancora resa conto:
«a) della tragica situazione effettiva;
b) come fosse necessario intervenire subito ad anticipare la liquidazione dei danni anche sulla base di una stima sommaria (salvo liquidazione finale a conguaglio 'post causam') che l'Ufficio tecnico può immediatamente redigere (se non la ha già fatta);
c) come la nostra gente se ha bisogno ora, oggi, di sussidi non intende continuare a percepirli e gravare sullo Stato, quando ha dei crediti da parte della Sade-Enel di decine e decine e anche centinaia di milioni. I sussidi non risolvono il problema di fondo; è un palliativo, che non risponde al carattere costruttivo e dignitoso della nostra gente.
Quindi provvedere immediatamente ad anticipare la liquidazione dei danni ai danneggiati (con rivalsa sulla Sade-Enel)».
La popolazione aveva avuto la sensazione che il Governo fosse orientato a far passare la tragedia del Vajont come «calamità naturale»limitando quindi l'intervento ai contributi; si voleva invece che lo Stato anticipasse così da agevolare il ritorno dei longaronesi al loro paese.
Il documento della Giunta ha come oggetto: Tragedia del Vajont.

56 Così Gian Pietro Protti:
«Questa è l'essenza della nostra fatica, che non sempre è stata compresa da chi antepone il regolamento alle esigenze della vita; e questo accade ovunque l'attività pubblica non ponga a propria base la solidarietà umana. In tal modo se taluno ha partecipato attivamente ai nostri sforzi, i buoni intenti si sono spesso dispersi lungo le scale della gerarchia esecutiva e di fatto una istanza che venga presentata per ottenere quanto serve all'inizio delle opere, abbisogna di mesi e mesi di paziente attesa quasi che non si trattasse di ridare una casa a chi l'ha perduta, consentendogli di riprendere a vivere. Lo stesso suolo torturato e devastate è stato sottoposto alla espropriazione e a distanza di tre anni non è stata ancora pagata la indennità agli aventi diritto»; cfr. 9 Ottobre 1966
Discorso commemorativo pronunciato dal Sindaco di Longarone, Tip. Piave, Belluno 1966, p. 6.

57 Il Consorzio fra i danneggiati della catastrofe fu costituito presso il notaio Isidoro Chiarelli il 29 maggio 1966. Erano soci di diritto i sindaci dei Comuni di Longarone, Castellavazzo, Erto e Casso. Nella segreteria tecnica c'erano gli avvocati Manlio Losso, Alberto Scanferla, Giorgio Tosi e l'impiegato comunale Giorgio Pioggia. Gli scopi si leggono nello statuto:

«a)formare una effettiva e concreta unione fra i danneggiati e i superstiti;
b) procedere all'accertamento dei danni ed alla quantificazione tanto per le perdite materiali che per la morte dellepersone. [...] Il Consorzio potrà quindi promuovere e incoraggiare qualsiasi iniziativa cheporti al concreto ristoro dei danni sofferti dalla popolazione»
(Statuto del Consorzio in ACL, b. Comitato superstiti).
L'animatore e il coordinatore del Consorzio era soprattutto l'avvocato Scanferla, che suggeriva al sindaco Protti il tenore delle deliberazioni da portare in Consiglio comunale; cfr. ACL, b. 46, deliberazioni di Giunta per l'anno 1966. Non va confuso il Consorzio con il Comitato dei superstiti e delle famiglie dei caduti del Vajont, sorto immediatamente dopo il disastro.

58 I tecnici che accertarono i danni furono in particolare il geometra Italo Savasta di Belluno e l'avvocato Luciano Altichieri di Padova; cfr. al proposito il verbale dell'assemblea del Consorzio tenutasi a Longarone il 27 maggio 1967, durante la quale si diede notizia ufficiale della transazione proposta dall'ENEL. Copia del verbale dell'assemblea (notaio Chiarelli) si trova in ACL, b. Comitato superstiti.
Sulla transazione cfr. anche Mario Passi, Vajont senza fine,Baldini Castoldi Dalai, Milano 2003, pp. 110-117.

59 Carte relative a questo nuovo Comitato si trovano in ACL, b. Comitato superstiti. La vicenda e raccontata anche in Peppino Zangrando, Dalla Resistenza al Vajont: memorie di un militante, ISBREC, Belluno 2007. L'argomento fu trattato nel corso del Consiglio comunale del 24 dicembre 1967. Protti espose la materia davanti a 16 consiglieri presenti, ribadendo che l'ENEL avrebbe pagato anche gli estranei al Consorzio, bastava che ne avessero diritto. La proposta di transazione con l'ENEL passò con soli 10 voti favorevoli, 4 contrari (la minoranza) e 2 astenuti (Fernando Longoni e Ado De Col).
La storia della transazione con l'ENEL, molto sofferta, dovrebbe essere oggetto di un'ampia trattazione che ancora non è stata fatta.

60 La conferenza stampa fu tenuta il 6 novembre 1968; il processo cominciò il 25 novembre.

61 Cfr. ACL, Deliberazione del Consiglio comunale sulla sentenza del Tribunale dell'Aquila e solidarietà dimostrata da vari comuni della provincia, 6 gennaio 1970. Sulla marcia di Belluno contro la sentenza dell'Aquila cfr. Fiorello Zangrando, Vajont, quella marcia contro la prescrizione, in Piazza dei Martiri - Campedel. La storia, le quinte, le scene, a cura di Ivano Alfaré,Stefano De Vecchi e Ferruccio Vendramini, Comune di Belluno, ISBREC, Belluno 1993, pp 9798.

62 Il dottor Trevisan fu una figura di spicco negli anni del «dopo Vajont», meritevole di unanime riconoscenza. L'alluvione trascinò via il ponte sul Maè dove precipitò Trevisan che sopraggiungeva con la sua auto in compagnia di Angelo De Valerio, nell'intento di portaresoccorso alla gente. A lui il Comune assegnò una medaglia d'argento per i soccorsi portati nel «dopo Vajont» e una medaglia d'oro alla memoria; gli fu anche intitolata la via che unisce la zona Fiera all'area industriale. Il medico Trevisan fu sostituito dal dottor Antonino Vicari, che,aderente al PSDI, fu poi eletto anche in Consiglio comunale.

63 L'architetto Giovanni Michelucci portò a termine la sua chiesa che è sostanzialmente l'unico monumento di grande impatto che a Longarone ricorda la grande tragedia. Un altro importante architetto che lavorò per la ricostruzione di Longarone, chiamato anch'esso da Protti, fu Edoardo Gellner. In precedenza, «la popolazione di Longarone si era espressa, agrande maggioranza, in favore di un altro progetto, richiesto dalla parrocchia e redatto dall'architetto Gurekian di Venezia»; testimonianza di Franco Tovanella. Secondo Tovanella, io stesso Michelucci, dopo avere «faticosamente elaborato e rivisto il progetto», non si ritenne soddisfatto dell'opera.

64 Le elezioni del giugno 1970 portarono a un avanzamento del PCI, a una delusione della DC e del PSU (socialisti e socialdemocratici avevano costituito un nuovo partito unitario senza ottenere neppure i voti che detenevano prima in provincia di Belluno).

65 Cfr. Solidarietà e ricostruzione, cit., pp. 284-285.

66 La relazione della Commissione e in ACL, b. 60. Consiglio comunale, 1971.

67 Sulla Landini cfr. almeno il lungo dibattito che ci fu nel corso del Consiglio comunale del 18 gennaio 1972 in due punti messi all'ordine del giorno: in merito all'industrializzazione di Longarone e all'insediamento siderurgico Landini. Furono nominati due rappresentanti del Comune, Gaetano De Nes e Silvano Salvador, che avrebbero dovuto partecipare a Roma, il successivo 20 gennaio, a una riunione interministeriale, aperta anche al CONIB, indetta per trattare la questione.

68 Consiglio comunale dell'8 gennaio 1972.

69 Consiglio comunale del 19 ottobre 1974. Bibliotecario era allora Gianni Olivier.

70 Consiglio comunale del 23 novembre 1974.

71 Consiglio comunale del 10 novembre 1973.

72 Discorso di Polla nel 10° anniversario del Vajont in ACL, b. Oggetti diversi, C/2, Anniversario Vajont. Polla fu molto convincente sia sui risultati della ricostruzione, sia sul tema della giustizia. Merita riportare qualche stralcio. Cos'era stato fatto a Longarone? La risposta di Polla: «In breve queste sono le cifre: - sono state costruite unità immobiliari per un importo pari a 4 miliardi e 600 milioni, cioè l'87%; - nel campo delle opere pubbliche: viabilità pubblica 2 miliardi e 150 milioni; acquedotto e fognature 880 milioni; cimiteri 230 milioni; edifici pubblici 1 miliardo e 100 milioni; opere varie di sistemazione e completamento 2 miliardi e 400 milioni. Resta ancora molto da fare, ma sarà fatto e questa affermazione viene garantita dall'Ente Regione con la nota 4 ottobre 1973 n. 2240 di protocollo essa assicura nel campo della sistemazione urbanistica, il rapido completamento del ponte sul torrente Maè per 120 milioni, la strada del parco a nord e sud del ponte Campelli per 70 milioni, la sistemazione dei lotti Malcolm per 30 milioni, di Via Roma per 50 milioni, della piazza a nord del mercatocoperto per 75 milioni, e nel campo di opere di enti pubblici: il completamento delle scuole elementari per 118 milioni, la costruzione del mattatoio per 120 milioni e del palazzetto dello sport per 450 milioni».
La conclusione di Polla: «Questo anniversario viene oggi celebrate conuna nota particolare: LA MARCIA DELLA VITA. Giovani e vecchi in cammino stretti per mano in un calore di perdono in una volontà di essere famiglia, con il coraggio di guardarsi negli occhi e nel silenzio comunicare una affermazione: - Tu che vivi con me sei mio fratello mio amico perché la mia casa è la tua - ».
Oltre alla marcia, quel giorno a Longarone fu inaugurata la nuovascuola media e nel Palazzo delle mostre fu aperta un'esposizione fotografica della Pro loco con la presentazione del libro di Fiorello Zangrando, Vajont, memoria di una distruzione, Tamari, Bologna 1973. Al Centro culturale fu invece presentato il libro di Giuseppe De Vecchi, Gente viva: ricordi di un paese scomparso, Tarantola, Belluno 1973.

73 Su 18 consiglieri presenti, 12 votarono per la fiducia a Polla e 6 contro.

74 Cfr. il Consiglio comunale del 22 febbraio 1972.

75 A Longarone la sinistra perse perché divisa, nonostante la forte avanzata del PCI in provincia. Mentre la lista di Bratti, «Impegno civico», ottenne 641 voti, «Alleanza democratica»ne ebbe 625 e «Socialismo e la giustizia» (psi) 431. Bratti fu il primo dei candidati eletti con 922 voti nella lista «Impegno civico»; per la medesima lista risultarono eletti Gioachino Bratti, Gian Pietro Protti, Franco Tovanella, Marcello Sacchet, Giambattista Polla, Pietro e Luigi Pillon, Gino Bez, Italio Brigo, Mariano e Mario De Bona, Gaetano De Nes, ( c Roberto Feltrin, Alfredo De Cesero, Marcello Stragà.
Gli eletti di «Alleanza democratica» furono Giorgio Galli, Giancarlo Stabile, Antonio Colotto e Piergiacomo De Luca. Cfr. «Il Gazzettino», 22 giugno 1975. I socialisti preferirono l'alleanza con Bratti e s'interruppe così l'esperienza di sinistra.

76 Bratti è stato presente nell'Amministrazione comunale di Longarone per ben 29 anni,dal 1970 al 1999. Assessore e vice sindaco dal 1970 al 1975; sindaco dal 1975 al 1980; consigliere (di minoranza) dal 1980 al 1985, periodo in cui fu anche consigliere provinciale; quindi ancora sindaco per successivi tre mandati: 1985-1990, 1990-1995, 1995-1999; in quest'ultimo periodo è anche vicepresidente del Parco nazionale Dolomiti bellunesi (1994-1996) e presidente del Consorzio BIM del Piave (1996-2000).

77 Una bella notizia, «Notiziario» del Comune di Longarone, n. 1, 1976: «Il 14 aprile 1976, la Commissione finanza e tesoro del Senato ha approvato in sede legislativa [...] una legge con la quale viene prorogata ai Comuni sinistrati dalla catastrofe del Vajont, Longarone, Castellavazzo, Erto e Casso e Vajont, l'integrazione ai bilanci comunali. Gli importi dello stanziamento sono di L. 350 milioni per il 1976, di L. 300, 250, 200, 150 milioni per gli anni successivi e fino al 1980. [...] Nello stesso tempo il criterio adottato, della forma scalare, spingerà gli amministratori al progressivo contenimento della spesa e all'incremento delle entrate, al finedi poter far rientrare anche il nostro Comune nella normalità. Ma ciò sarà possibile solo se Longarone tornera a essere un paese compiuto, con la realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche che ancora mancano. Ecco perché resdamo ora in attesa del provvedimentocon il quale verrà rifinanziata la ricostruzione pubblica, provvedimento che è ancora in fase di elaborazione. Se anche questo, come è auspicabile, verrà emanato al più presto, potremo bendire di aver ottenuto un successo notevole e insperato fino ad alcuni mesi fa, e che farà fare a Longarone un nuovo balzo in avanti». Una breve annotazione: dovendo impostare parecchi progetti edilizi, per alcuni anni lavorò all'Ufficio tecnico di Longarone l'ingegner Tito De Biasio.

78 L. n. 43 del 27 febbraio 1978 che modificava il DL del 29 dicembre 1977 (finanza locale); cfr. «Gazzetta Ufficiale» n. 58 del 1978.

79 Intervento di Bratti nel Consiglio comunale del 13 aprile 1978.

80 Per l'ordine del giorno sul bacino di Pontesei cfr. il Consiglio comunale del 7 settembre 1979. Quanto alla Fondazione Vajont, una delle ultime qualificanti iniziative fu presa nel 2007 (44° anniversario) con un convegno internazionale su «Conseguenze fisiche e psicologiche di traumi estremi» e con l'incontro «Vajont, Hiroshima, Cernobyl, World Trade Center New York: testimonianze a confronto».

81 Gli eletti di Alleanza democratica in Consiglio comunale furono 14: Giorgio Galli, Aldo Bez, Alvaro De Bona, Silvano Salvador, Nello De Bettio, Piergiacomo De Luca, Pier Giacomo e Alfio De Cesero, Marcello De Villa, Vittorio Sacchet, Agostino Pellizzari, Battista Fontanella, Ilario Venturoli, Mario Guarino; la lista «Progredire insieme» portò in Consiglio, oltrea Bratti, anche Gaetano Accamilesi, Gino Bez, Renato Bosa, Marcello Sacchet, Franco Tovanella, (DC e PSDI); Cfr «Il Gazzettino», 13 giugno 1980. Per quanto riguarda invece i risultati per il voto regionale del giugno 1980 in Comune di Longarone, i dati sono i seguenti: DC 940, PCI 710, PSI 381, PSDI 264, PRI 98, MSI 54, Demoproletari 40, PLI 26, PDUP 16; cfr. «Il Gazzettino», 10 giugno 1980.

82 Fu nella seduta consiliare del 30 luglio 1980, al momento di ratificare la nomina di Vittorio Sacchet, che l'avvocato Franco Tovanella propose a sindaco ancora Bratti, forse sperando in un ripensamento della maggioranza. Il suo intervento è particolarmente interessante perché si traccia l'idea di un sindaco ideale, corrispondente alla stessa figura di Bratti. Così Tovanella:

«Chi può essere eletto sindaco di Longarone? Mi appresto a tracciare un duplice profilo: 1) Profilo del sindaco necessario a Longarone; 2) Profilo di un sindaco che Longarone ha già avuto e che potrebbe ancor oggi ritrovarsi. A nostro giudizio - e non solo quali rappresentanti della minoranza, ma tenendo anche presenti i voti e le aspirazioni di larghi strati dellapopolazione - il sindaco di Longarone, oggi, con tutti i compiti, le funzioni, le mansioni che una guida dell'Amministrazione comunale deve svolgere, dovrebbe essere una persona con queste sei caratteristiche: 1) Seria, responsabile ed onesta; 2) Per sua natura dotata di qualità intellettive generalmente riconosciute dall'uomo comune; 3) Un uomo con una buona esperienza amministrativa; 4) Un uomo capace di rappresentare degnamente a tutti i livelli, specialmente di fronte agli organi dello Stato fuori di Longarone, le esigenze della nostra comunità; 5) Un uomo che abbia dimostrato di sapersi porre nei limiti del possibile (e cioè pur con il proprio patrimonio culturale e morale) al di sopra delle parti, riuscendo in tal modo ad essere il sindaco di tutti; 6) Un uomo appassionato della cosa pubblica e disponibile per essa a passare in secondo piano famiglia, lavoro, interessi personali, diritto al tempo libero».
La minoranza fu rappresentata da Gioachino Bratti, Gino Bez, Franco Tovanella (tutti e tre della DC), Renato Bosa e Germano Accamilesi (entrambi del PSDI).

83 Nel Consiglio comunale del 30 giugno 1980, al momento cioè dell'elezione del sindaco Sacchet, fu Ilario Venturoli a spiegare la scelta della maggioranza:

«Durante la campagna elettorale e dopo le votazioni, sia nelle frazioni che a Longarone, molti cittadini ci hanno chiesto chi sarebbe stato il sindaco in caso di vittoria di Alleanza Democratica. [...] Abbiamo affermato e spiegato che in quel caso avremmo dato una impostazione diversa al modo di governare l'Amministrazione comunale, in quanto eravamo e siamo ben coscienti che i problemi da affrontare sono molto ardui per cui occorre l'attività di tutto il consiglio comunale». Il sindaco doveya essere in grado di aggregare attorno a sè i collaboratori «nelle persone degli assessori e dei consiglien» e di «infondere in loro quella volontà morale, civile e politica, per lavorare tutti insieme alla soluzione dei problemi».
Si pensava anche all'avvio dei consigli di circoscrizione, che invece ebbero una vita travagliata tanto che l'Amministrazione successiva li lasciò cadere. Vittorio Sacchet ricevette 13 voti, Bratti 4, 3 le schede bianche. Sacchet, appena dopo il disastro, era stato presidente dell'ECA di Longarone.

84 La Giunta fu eletta il 30 giugno 1980. Il 30 luglio fu invece rinnovata la Commissione edilizia, di particolare importanza a Longarone. Membri di diritto erano il sindaco e l'assessore ai Lavori pubblici, un rappresentante del Comando provinciale dei vigili del fuoco, l'ufficiale sanitario, il capo dell'Ufficio tecnico e inoltre quattro esperti del settore; tra questi ultimi furono nominati dal Consiglio Alvaro De Bona, Tullio Bettiol, Oscar De Bona, Gaetano Ciocci.

85 Cfr. Solidarietà e ricostruzione', cit., pp. 287-294.

Venturoli, originario di Ferrara, aveva sposato Caterina Olivier, originaria di Codissago, alcuni anni prima del disastro. È stato poi impiegato della fabbrica Procond di Longarone. L'assessore De Luca ha avuto la cortesia d'inviarmi alcune note sull'Amministrazione di sinistra. Queste sono le sue osservazioni: «Nel Consiglio comunale del 30 luglio 1980, appena insediata la maggioranza da un netto segnale di novità. Assumendo a principio il diritto-dovere di ciascun consigliere comunale di partecipare ai processi di formazione delle scelte amministrative, viene garantito alla minoranza consigliare un membro di diritto in tutte le commissioni comunali, anche dove non èspressamente previsto dalla legge (esempio Comitato gestione scuola materna Lauro - Commissione edilizia - CONIB, eec.). È un riconoscimento alla dignità e al ruolo di ciascun consigliere comunale e l'affermazione della preminenza del principio del dialogo, pur nel rispetto dei ruoli e delle appartenenze politiche. Il principio fu poi fatto proprio dalle successive giunte comunali e venne ufficializzato nei primi anni novanta sia nello statuto comunale che nel regolamento sul funzionamento del Consiglio comunale». Un problema prioritario fu il rifinanziamento della legge Vajont, oramai priva di fondi. Così ancora De Luca: «Con delibera 269 del 22 dicembre 1980 è approvata un'ipotesi di progetto di legge che viene poi inviato alle segreteriedei partiti politici e ai parlamentari della Provincia che lo fanno proprio con ulteriori emendamenti in particolare per interventi a favore della industrializzazione provinciale. La legge trova approvazione da parte del Parlamento solo il 10 maggio 1983 (legge 190) con uno stanziamento cli 12 miliardi e 200 milioni di vecchie lire così suddiviso: 6.503 milioni al Comune di Longarone, 2.451 a Castellavazzo, 1.320 a Ponte nelle Alpi, 601 a Belluno e 1.325 al Provveditorato opere pubbliche. Destinataria dei fondi là Regione del Veneto alla quale il Consiglio comunale, con delibera 137 del 23 settembre 1983, chiede di ottenere in concessione diretta la realizzazione delle OO.PP. di propria competenza. Pur con la fattiva collaborazione della Regione che, tra l'altro, si dichiarò disponibile ad anticipare con proprie disponibilità i fondi dello Stato, il relativo schema di convezione fu firmato solo alla fine del 1984 (delibera di approvazione del Consiglio comunale n. 167 del 29 ottobre 1984)».
Dal dicembre 1980all'effettiva disponibilità di fondi (fine 1984) passarono quattro anni, in un periodo in cui l'inflazione annua viaggiava a due cifre; tant'è che la successiva Giunta Bratti fu a sua voltacostretta a presentare ulteriore richiesta di rifinanziamento della L. 190.
«Dal punto di vistaamministrativo va ricordata la creazione dell'anagrafe tributaria del Comune che rispondevada un lato all'esigenza di realizzare un'effettiva giustizia fiscale fra i cittadini residenti e dall'altro alla necessità di assicurare al bilancio comunale certezza di entrate proprie a seguito delvenir meno del trasferimento straordinario a pareggio del bilancio comunale garantito dallalegislazione speciale sul Vajont fino alla fine degli anni settanta. Su iniziativa e input dellaGiunta Venturoli e grazie alla fattiva e convita collaborazione della Comunità montana longaronese-zoldano e dell'assessore Franco Tovanella in particolare, nacque in quegli anni un vivace dibattito sulla gestione associata della servizio raccolta rifiuti solidi urbani e delle discariche di Zoldo e Longarone che portò alla costituzione nel marzo 1985 della società Ecomont srl, partecipata dalla Comunità montana e dai Comuni dello Zoldano e del Longaronese con la sola eccezione all'epoca del Comune di Castellavazzo.
Si trattò di scelta sicuramente strategica e lungimirante: oggi Ecomont SRL si è allargata alla Comunità montana e ai Comuni del centro Cadore e rappresenta una società pubblica di comprovata efficienza operativa e di grande rilevanza economica nel quadro provinciale delle 'public utility'. Sul versante della politica urbanistica vanno ricordate la delibera 33 dell'11 marzo 1983, "Adozione del Piano direcupero particolareggiato di Roggia", primo esempio di intervento di recupero dei centri storici frazionali e soprattutto la delibera n. 69 del 20 maggio 1983 relativa all'adozione del Piano regolatore generale che, a dispetto dei venticinque anni trascorsi, è tuttora, pur con le numerose varianti nel tempo adottate, lo strumento urbanistico vigente. Un cenno finale sulla politica forestale adottata dalla Giunta Venturoli nel suo quinquennio di mandato, grazie anche e soprattutto all'appassionata azione dell'assessore Piergiacomo De Cesero. Furono progettate e realizzate in toto e/o per stralci funzionali numerose strade silvo-pastorali (Rizzapol-Grefa; Rizzapol-Gravina; strada Costa (strada Vedelei-Megna primo stralcio) grazie ai contributi regionali ma anche destinando a tal fine tutte le entrate rinvenienti dalla vendita deilotti boschivi».
Corrispondenza scritta tramite internet del 14 marzo 2008).

86 Consiglio comunale del 6 ottobre 1980.

87 Il Consiglio comunale diede parere favorevole alla proposta di legge sull'istituzione del Parco il 18 aprile 1986, durante la seconda Amministrazione Bratti, anche se le associazioni di caccia e pesca sportiva non volevano che fossero annesse al Parco aree del Comune di Longarone, mentre la sezione locale del CAI diede il suo assenso, suggerendo tuttavia delle correzioni e integrazioni alla proposta di legge.

88 Le leggi erano la n. 306 del 1978 e la n. 109 del 1983. Per accelerare l'attuazione della L. 109, furono presi accordi tra Comune di Longarone e Regione del Veneto; cfr. la testimonianza-relazione di Venturoli in Solidarietà e ricostruzione, cit., pp. 289-290.
Fu il presidente della Giunta regionale, il DC Bernini, a rassicurare i sindaci del Vajont: per non bloccare i lavori già in corso la Regione avrebbe anticipato i fondi in attesa dell'arrivo del denaro dello Stato.

89 Testimonianza-relazione di Venturoli in Solidarietà e ricostruzione, cit., p. 291. Sul «Progetto '83», approvato dal Consiglio il 18 dicembre 1981, ebbe una parte di primo piano l'assessore Mario Guarino. Fu lui a illustrarlo in quel Consiglio comunale e a dare informazioni in una precedente riunione pubblica, presenti le forze politiche e culturali, rappresentantidella Chiesa e della scuola (tra gli altri parteciparono il giudice Fabbri, il dottor Zampieri per l'Arte Centro, l'architetto Migotti, l'ingegner De Biasio, il professor Perusini). Ciò anche su suggerimento dell'opposizione che temeva che le iniziative calassero dall'alto e che quindi avessero meno efficacia. Per il XX anniversario del Vajont la Regione del Veneto aveva varatola L. n. 61 (23 dicembre 1983) nella quale figuravano 30 milioni di lire per finanziare un Museo di cultura popolare e 30 milioni per la parrocchia (conservazione di memoria delle strutture religiose). Era in programma un «Premio Longarone» con denaro da conferire annualmenteper dieci anni (concorso sul tema di difesa idrogeologica e di sviluppo dell'ambiente nelle zone montane del Veneto). Sul «Progetto '83», la visita di Pertini e il convegno sulla ricostruzione, cfr. i due volumi pubblicati dal Comune di Longarone, Longarone. Memoria, ricostruzione, partecipazione, e Ricostruzione e protezione civile, entrambi editi come «Quaderni di documentazione del Museo di Longarone» (n. 2 e n. 3) dalla Tipografia Commerciale di Venezia nel 1984 e nel 1985.

90 Soci fondatori furono il Comune di Longarone, la Pro loco, la Provincia e la Camera di commercio di Belluno. Lo statuto subì poi varie modifiche.

91 Marco Paolini recitò la sua Cronaca civile di un olocausto alla diga del Vajont il 9 ottobre del 1997, in collegamento con la RAI; l'aveva già presentata in precedenti occasioni. Renzo Martinelli espose il progetto cinematografico a Longarone il 24 settembre 1999, mentre il film fu proiettato alla diga in occasione dell'anniversario l'8 ottobre 2001.

92 In questi ultimi anni ci si è dati da fare nella ricerca dei fondi cartacei documentari, compresi quelli depositati al Tribunale dell'Aquila. Molti enti e associazioni (vanno compresi anche i sindacati e la Curia) hanno altri fondi che, pure rimanendo nella loro sede naturale, potrebbero essere catalogati per una loro migliore conoscenza e accessibilità. Ci sono anche dei privati (professionisti, avvocati, periti e altri ancora) che conservano documentazione particolare e che potrebbero forse versarla se ci fosse appunto un centro di raccordo.

93 Un saggio di Giuseppe Sebesta, Struttura-evoluzione della zattera, e nel volume Zattere, zattieri e menadàs. La fluitazione del legname lungo il Piave, a cura di Daniela Perco, Comune di Castellavazzo, Castellavazzo, 1988, pp. 177-215.

94 Il Museo della pietra e degli scalpellini è stato curato da Alessandro Soranzo e si trova a Castellavazzo, aperto a scuole, ricercatori e turisti. A Codissago c'è invece la sede del Museo degli zattieri.

95 Tra le altre attività amministrative, Venturoli ricorda una variante del piano regolatore generale di Longarone, un piano decennale economico forestale, il proseguimento dei lavori relativi al palazzetto dello sport e alla piscina, il completamento delle infrastrutture della scuola alberghiera. Ci fu poi l'incontro fraterno con le popolazioni del Comune di Tramonti, una località terremotata nel 1980.

96 Cfr. la testimonianza-relazione di Venturoli in Solidarietà e ricostruzione, cit., p. 293. Sulla Faesite cfr. Franco Cadore, Note per una storia dell'azienda Faesite, in Disastro e ricostruzione nell'area del Vajont, Comune di Longarone, Longarone 1994, pp. 212-221.

97 Cfr. il dibattito consiliare del 4 maggio 1981. Per l'occupazione il Consiglio fu informato anche il 30 dicembre 1981: Faesite e Procond davano sempre preoccupazioni. In quell'occasione il sindaco mise al corrente i consiglieri anche sulla causa Consorzio dei danneggiati (Scanferla) con l'ENEL, e sulla causa Comune di Longarone e Montedison avanti la Corte d'Assise di Firenze. Un altro articolato dibatto sull'occupazione e l'attività del CONIB (esposizione dell'assessore Walter Bez, intervento del sindacalista Severino Speranza a nome della FLM unitaria, intervento dei consiglieri di minoranza Franco Tovanella e Gioachino Bratti, conclusioni del sindaco Venturoli) si tenne nel corso del Consiglio comunale del 13 dicembre 1982.

98 Seduta consiliare del 20 gennaio 1981.

99 Di Sandro Canestrini cfr. Vajont: genocidio di poveri, Cultura Editrice, Firenze 1969 (n.e. Cierre, Verona 2003).

100 La nuova Giunta Bratti era così composta: Franco Tovanella (vicesindaco), Fabrizio Bosa (sport e turismo), Renzo Bristot (economia, lavoro), Pietro Moro (bilancio e programmazione), Luigino Olivier (assistenza, sanità, ecologia, ambiente), Fabio Smaniotto (personale e trasporti), Giuseppe De Bona (consigliere incaricato per agricoltura e boschi), Bruno DeMichiel (consigliere incaricato per scuola, cultura, tempo libero); da Longarone 1986, a cura dell'Ufficio cultura di Longarone, Sommavilla, Belluno 1986.

101 La L. 190, rifinanziata con il concorso degli amministratori dei Comuni disastrati e dei parlamentari delle due Province, fu uno strumento fondamentale per la rinascita della zona. Fu ripescata attraverso la legge finanziaria del 22 dicembre 1986 e si ebbe un nuovo gettito di denaro per la ricostruzione delle opere pubbliche e per l'avvio di nuove attività industriali nella zona del Vajont. In sintesi: «10 miliardi (di cui 7 al Veneto) per le opere pubbliche e 5 miliardi per le attività industriali, scrisse il «Notiziario» di Longarone nel numero dell'aprile 1987. Tra le opere da realizzare c'erano le seguenti: «1. Completamento Palazzetto delloSport, ai fini di adeguarlo alle norme sul contenimento dei consumi energetici (riscaldamento) e sui portatori di handicap. 2. Sistemazione del Capoluogo - 9° lotto: Murazzi (ripristino dei Murazzi, viabilità a monte delle case a schiera di Via Manzoni, piazzetta terminale di Via Ciglieri, collegamenti tra questa, Via Sartori, Via S. Chiara, con ripristino viabilità pedonalepreesistente al disastro, completamento scarpate a sud di Via Sartori); 10° lotto: completamento marciapiedi lungo la Statale 51 di Alemagna a Roggia, a Longarone, e tra Longarone e la zona industriale. 3. Protezione dell'abitato del capoluogo dalla caduta di massi, nella zona di Pians e di Pirago. 4. Sistemazione a verde del parco: rinverdimento e canalizzazione delleacque meteoriche delle scarpate tra la Statale 51 e la zona artigianale, a sud di Longarone. 5. Restauro palazzo Mazzolà (a integrazione dei fondi già stanziati con la 190). 6. Completamento scuola alberghiera: 4° lotto: adeguamento norme antincendio; 5° lotto: completamento di una nuova ala, con costruzione della palestra, di nuove aule, di posti letto per il convitto e la zona albergo. 7. Infrastrutture di Provagna: 2° lotto: strade, fognature, illuminazione. 8. Completamento magazzini comunali. 9. Viabilità del parco, con recinzione dello stesso, della scuola media e dell'Istituto Alberghiero. Seguono altre opere già previste nei programmi precedenti e mai realizzate (collegamento Roggia-Parco Malcolm, marciapiedi a monte diVia Rivalta, sovrappassi e sottopassi vari)».

102 Lo statuto per la costituzione dell'Ente Fiera fu riapprovato dal Consiglio comunale il 22 dicembre 1986.

103 Il Consiglio comunale del 22 dicembre 1986 approvò anche gli interventi di bonifica e di recupero ambientale di discariche non controllate e abusive.

104 Si discusse della L. n. 190.

105 In Consiglio comunale si faceva periodicamente il punto sulla cause civili in corso (risarcimento dei danni e spese processuali). Bratti aggiornò su ENEL e Montedison nel Consiglio comunale del 27 maggio 1987. Il Comune di Longarone aveva avuto ragione su tutti i fronti; ci si interrogò poi sulla sede per definire le ultime diatribe, indicando Belluno come quella più naturale. La sentenza favorevole a Longarone contro ENEL, Consorzio dei danneggiati, Scanferla e altri era stata emessa dal Tribunale civile di Belluno il 30 marzo 1987. La sentenza obbligava, fra l'altro, di rendere documentazione dei conti, dei modi di pagamento e delle persone beneficate attraverso la transazione dei 10 miliardi; inoltre l'ENEL e Scanferla avrebbero dovuto corrispondere «le spese anticipate e sborsate dal Comune di Longarone per la proposizione della azione civile, per le preliminari fasi istruttorie e pratiche amministrative e per il sostentamento della domanda volta a conseguire sia nei riguardi della spa Sade (poi Montedison) il risarcimento dei danni tutti, materiali e morali, subìti dal Comune di Longarone e dai suoi cittadini».
Nella stessa riunione di Consiglio Bratti espose la proposta dell'ENEL di captare le acque del residue bacino del Vajont per utilizzarle per la centrale di Sovérzene. Contro tale progetto avevano già preso posizione contraria le associazioni naturalistiche, la Comunità montana Cadore-Longaronese-Zoldano, nonché la Giunta comunale di Longarone. Il Consiglio ratificò unanime la decisione della Giunta perché ne sarebbero venuti «danni all'ambiente» (ulteriore impoverimento della portata del Piave a valle di Longarone) e perché la cosapoteva essere considerata «offensiva» nei confronti dei superstiti.

106 Consiglio comunale del 30 giugno 1986. Per agevolare l'accordo sarebbe stata di supporto anche la Cooperativa Nuova Faesite. Oltre al sindaco, in queste vertenze si dimostrò ben documentato e attivo l'assessore Renzo Bristot.

107 Sul Centro del lavoro c'è un articolo pubblicato nel «Notiziario Longarone» del 1986. Questi gli scopi:

«1) Conoscere in generale e singolarmente i disoccupati locali. Questi saranno avvicinati e sentiti, nonché coinvolti in tutte le iniziative del Centro. 2) Creare movimentodi informazione e di opinione sulla grave situazione occupazionale, attraverso convegni, dibattiti, documenti a sostegno dell'occupazione. 3) Inserirsi nel mercato del lavoro locale, cercando di accogliere e di aggiornare i dati sui posti di lavoro via via disponibili e di metterii a conoscenza dell'interessato. 4) Essere il centro di informazione, di consulenza, di orientamento perottenere posti di lavoro; informare sui concorsi pubblici e aiutare gli interessati nella compilazione delle domande; segnalare opportunità di lavoro nel settore privato. Ogni lavoratore - soprattutto se disoccupato e alla ricerca di lavoro - si rivolga al Centro con fiducia. Vi troveràdelle persone disposte ad aiutarlo, dandogli le necessarie informazioni e mantenendo per lui i contatti con il mercato del lavoro».
108 Su Gonzaga e il suo tempo a Longarone si tenne un convegno di studi e fu allestita una mostra con opere provenienti da San Pietroburgo. Sul tema cfr. Omaggio a Pietro Gonzaga, a cura di Carlo Manfio, Comune di Longarone, Castaldi, Feltre 1986, e La musica degli occhi. Scritti di Pietro Gonzaga, a cura di Maria Ida Biggi, Olschki, Fondazione Giorgio Cini di Venezia, Firenze 2006.

109 Sui programmi culturali del periodo cfr. Bruno De Michiel, La cultura nella nostra comunità, nel «Notiziario» a cura dell'Amministrazione comunale di Longarone, numero unico, ottobre 1986. Vi si legge del successo avuto dall'iniziativa sullo scenografo Gonzaga, del «censimento delle arti musicali nella provincia di Belluno», delle iniziative del «GruppoZed» costituito da artisti (poesia e pittura) e della «Schola cantorum».

110 Il gemellaggio con Urussanga fu deliberato all'unanimità nel Consiglio comunale del 9 febbraio 1990; tra Longarone e Urussanga (Stato di Santa Catarina in Brasile), ci furono reciproci scambi di visite. Per la cittadinanza onoraria alla Brigata Alpina cfr. il «Notiziario Longarone» del marzo 1989; all'iniziativa aderirono anche i comuni di Castellavazzo, Erto e Casso e Vajont.

111 Una forte presa di posizione a favore della Mostra internazionale del gelato di Longarone fu votata all'unanimità durante il Consiglio comunale del 25 novembre 1988. Il sostegno era venuto anche da altri enti locali (Provincia e Comunità montana comprese) e associazioni varie. Nel documento votato in Consiglio si fa anche la storia dell'Ente Fiera di Longarone.

112 Si tratta della legge regionale n. 29 del 28 giugno 1988; la deliberazione consiliare di Longarone porta la data del 4 dicembre 1989: «Approvazione progetto obiettivo per iniziative a favore dei giovani».

113 Ci fu un solo voto di astensione, quello di Piergiacomo De Luca.
A suo giudizio il programma del 25° non rispondeva a un solido impianto progettuale, ma metteva insieme le proposte che erano scaturite in Commissione. Avrebbe preferito che si promuovesse un convegno da tenersi «fra città disastrate» in cui amministratori, legislatori, giuristi, tecnici potessero valutare «le esperienze fatte nelle diverse realtà post-calamità». La Commissione avevacomunque pensato già a un convegno di giuristi sui tema «Difesa del suolo e prevenzione». De Luca propose inoltre d'istituire un «Premio solidarietà» (magari tramite una fondazione) per riconoscere «quegli enti, associazioni e istituzioni che nei più diversi campi dell'attività umana» si fossero particolarmente distinti «in azioni umanitàrie, solidaristiche o comunque rivolte al miglioramento della condizione umana».

114 Un esempio. Nel Consiglio comunale del 15 febbraio 1988, i quattro rappresentanti dell'opposizione avevano avanzato alcune richieste. In primo luogo l'opposizione aveva il diritto-dovere di svolgere al meglio il suo lavoro, e cioè disporre per tempo dei documenti necessari per prepararsi al dibattito consiliare. Una seconda interrogazione faceva riferimento alla Cajada (Parco delle Dolomiti). Bratti rispose che l'inserimento di «una o due piste di fondo in Cajada» non avrebbe comportato la costruzione di manufatti stabili; esse sarebbero servite solo allo sport e al tempo libero locale. La terza interrogazione riguardava la pulizia e il decoro del centro storico.

115 La relazione è stata portata in Consiglio comunale il 9 giugno 1989.

116 Così ancora la relazione al bilancio di previsione 1989: «E sarebbe infatti sommamente ingiusto, ed anche controproducente, che in una zona come la nostra, ove finalmente si è avviata una forte economia imprenditoriale che sta beneficamente contagiando anche i locali, si abbatta cieca un'azione intesa a reperire comunque e dovunque risorse, né d'altro canto si dimentichi che permangono categorie e persone socialmente deboli anche nel nostro Comune, sulle quali ogni nuovo aggravamento fiscale è fonte di pesanti e talvolta insopportabili sacrifici».

117 Di fronte allo sviluppo della zona industriale si pensava che andasse chiusa la pure positiva esperienza del Centro di promozione e informazione lavoro, che ormai aveva raggiunto i suoi scopi, e che era riuscito a veder collocati, «nel suo pur limitato periodo di attività», parecchi lavoratori, dimostrando così che «l'opera del volontariato, se bene utilizzata, è proficua».

118 La relazione s'intrattiene anche sui settore dei Lavori pubblici, attraverso il rifinanziamento della legge 190; l'attenzione era rivolta ormai in gran parte alle frazioni, ma anche ai raccordi con l'autostrada e il metanodotto. Non era neppure dimenticato il settore forestale, un patrimonio che un tempo dava da vivere a parecchi longaronesi. Esso aveva perso peso economico, ma non si poteva abbandonare a sè stesso con pericolo di degrade e quindi di frane e dissesto idrogeologico.

119 Testimonianza scritta di Gioachino Bratti, 1 febbraio 2008; il documento e in mio possesso.

120 Queste le altre considerazioni di Padrin pubblicate a p. 1 del notiziario comunale «Longarone» del 1993: «Il Consiglio comunale ha approvato il suo bravo bilancio di previsione per il 1993, ma non ha certezza di risorse che vadano più in la dei contributi che lo Stato ha assegnato nel 1992. Incertezza, mancanza di direttive ministeriali e restrizione della spesa pubblica, con le sempre minori risorse che lo Stato destina agli enti locali, ormai costretti a una gestione che è al limite del dissesto, fanno sì che ogni previsione programmatica diventi sostanzialmente priva di significato concreto. E ciò sempre in attesa della legge delega che il Governo dovrebbe emanare per la riforma della finanza locale da attuarsi entro il 1993. In questa dubbia situazione la scelta è stata quella di impostare un bilancio che preveda trasferimenti erariali ordinali e perequativi nello stesso ammontare dell'esercizio passato. Sono state preventivate entrate in leggero aumento per quanto attiene l'imposta sulla pubblicita e della tassa sull'occupazione di aree pubbliche. Nel quadro di incertezza accennato, si è inoltre ritenuto di mantenere l'INVIM, che tuttavia dovrebbe essere abolita. Sono stati previsti contributi statali ordinari per 2 miliardi e 100 milioni circa, con 850 milioni abbondanti per lo sviluppo degli investimenti. Le entrate destinate ad investimenti prevedono anche per il 1993 la vendita di alcuni relitti stradali, l'alienazione delle case del "Corriere della Sera" e la ex latteria di Igne. Tra i contributi regionali si fa affidamento su quello per il completamento della Casa per anziani. È prevista per il prossimo anno l'assunzione di mutui per un importo di poco inferiore ai 1.400 milioni, il che comporterà un onere per l'anno successivo di 210 milioni. Nelcomplesso il bilancio in generale riflette una condizione di stasi rispetto ai bilanci precedenti. Inizia un periodo di difficoltà e di austerità che non va taciuto e del quale la collettività deve rendersi conto».

121 Cfr. Testimonianza scritta di Gioachino Bratti.

122 Attuale presidente del Certottica è Floriano Pra, direttore Luigino Boito.

123 Fu un'idea caldeggiata in particolare dal giudice Mario Fabbri fin dai primi anni del «dopo Vajont».

124 Il Centro regionale di studio e formazione per la previsione e la prevenzione in materia di protezione civile è un'associazione di diritto privato fra enti pubblici. L'atto notarile costitutivo porta la data dell'8 agosto 1994, presente Ettore Beggiato, allora assessore regionale della Regione del Veneto per il Dipartimento di protezione civile, Parchitetto Oscar De Bona,presidente della Provincia di Belluno, Luigi Olivier, presidente della Comunità montana, Bruno Palma per il Comune di Belluno e Gioachino Bratti per Longarone. Il Centre dispone di un periodico informativo, «Centroprociv. Press».

125 Nel Consiglio di amministrazione, oltre ai soci fondatori, ci sono i rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni d'Italia e dei vigili del fuoco, nonché dell'ANA. Quest'ultima associazione e particolarmente attiva a Longarone dati i rapporti che dopo il disastro ci furono con le truppe alpine.

126 Una spia della distanza che potrebbe crearsi tra amministratori e cittadinanza è stata segnalata nel 1998 dallo stesso gruppo di minoranza. Esso pubblicamente lamentava la scarsa partecipazione dei longaronesi alle sedute consiliari; err. «Longarone», notiziario a cura dell'Amministrazione comunale, luglio 1998, p. 14.

127 I consiglieri eletti nel 1995 furono i seguenti: Claudio Barzan, Vittorio Bez, Viviana Capraro Bristot, Fiorenzo De Col, Roberto Feltrin, Danilo Fistarol, Ornella D'Incà, Sergio Salvador, Adriano Feltrin, Marina Ramazzotti, Ginetta Santin, Vittorio Bez per la lista «Comunità attiva» collegata a Bratti; Gustavo Pradella, Michele Zaia, Raffaello Meneghet, Celeste Levis, Piero Sacchet per la lista «Insieme per Longarone».

128 Questa la nuova Giunta votata il 12 maggio 1995: vicesindaco Claudio Barzan, assessore preposto alle aree «industria, energia, tutela ambiente e protezione civile»; Fiorenzo De Col, «bilancio, lavori pubblici e partecipazione popolare»; assessori esterni: Manlio OlIVottoper «urbanistica, viabilità e ambiente, edilizia abitativa»; Massimo Ottone per i servizi sociali. Ad altri consiglieri venero affidati alcuni settori per «sgravare il lavoro del sindaco e quello degli assessori»: per l'agricoltura, foreste, economia montana Ornella D'Incà; per l'artigianato Danilo Fistarol; per il commercio Adriano Feltrin; per la cultura Viviana Capraro; per la scuola Roberto Feltrin; per lo sport Vittorio Bez; per il turismo e tempo libero Marina Ramazzotti. Nella riunione del 12 maggio Gioachino Bratti ebbe a riflettere anche sul nuovo Consiglio comunale, e in particolare sulla «presenza di molti giovani» e sulla «numerosa componente femminile». Si augurò che il gruppo di minoranza desse un apporto costruttivo all'attività amministrativa del Comune e fece presente l'importanza dell'immagine e del ruolo del Comune di Longarone, importanza assegnatagli dalla storia e in particolare dalla sciagura del Vajont. Diede infine lettura degli indirizzi generali sui rapporti con la minoranza, sulla trasparenza, sul potenziamento dei servizi sociali, sulla partecipazione popolare. C'era un'accentuazione verso l'associazionismo, nonché il settore industriale inserito in un progetto di «sviluppo armonico» compatibile con un territorio inserito tra due parchi naturali (quello delle Dolomiti bellunesi e quello regionale del Friuli). Si riteneva infine vincolante il ruolo della Comunità montana come centro per l'erogazione dei servizi comprensoriali, così da superare le barriere comunali e procedere «ad una graduale unione dei comuni vicini».

129 La cittadinanza onoraria di Longarone a Fabbri e Orsini porta la data del 9 ottobre 1998. In precedenza era stata assegnata al generale Carlo Ciglieri (19 aprile 1964), al commendatore Armando Furlanis il 29 aprile 1965, ai dottori Giovanna e James Mourton il 3 luglio 1965, alla Brigata Alpina Cadore il 22 ottobre 1988. Longarone strinse poi gemellaggi epatti d'amicizia. Ad esempio, il 6 ottobre 1991, a Longarone fu stretto un patto d'amicizia con le città europee di Bad Gottleuba e di Aulendorf (Germania), di Conches (Francia) e di Jilove (Repubblica Ceca), con la seguente motivazione: «Noi, sindaci dei Comuni sotto indicati, riuniti a Longarone in occasione del gemellaggio di Longarone ed Urussanga, ci impegniamo amantenere vincoli di amicizia e di collaborazione tra le nostre comunità al fine di diffondere e di consoliare nel mondo il sentimento della fraternità universale e l'ideale della pace».

150 Cfr. l'articolo Conclusioni della commissione ambiente, «Longarone», 15, luglio 1998, p. 6. Così ha precisato Bratti: «Il Comune, primo in provincia, adotta un piano di zonizzazione del territorio in base al rumore, con le relative prescrizioni. Continua il risanamento del territorio di discariche abusive, opera questa soprattutto di aziende private. Grande attenzione viene posta all'assetto geologico e idraulico del territorio, con ripetuti interventi sulle pendici dei monti e sui corsi d'acqua (Piave, Maè, Desedan, Rui Provagna, eec.). Grandissimo impulso riceve la squadra di Protezione civile, presente in una continua opera di monitoraggio e di prevenzione, nonché in interventi di soccorso tra cui in Umbria e nelle Marche, a seguito del terremoto del 1996, dove il Comune, insieme alla Provincia, realizza degli alloggi di emergenza» (testimonianza scritta di Gioachino Bratti).

151 La stampa locale diede notizia degli incidenti e delle inchieste con grande evidenza grafica e continuità. Si vedano «Il Gazzettino» e il «Corriere delle Alpi» nella primavera del 1997 e quella del 1999. La Biblioteca civica conserva la rassegna stampa dell'epoca.

152 Così si legge nel notiziario comunale «Longarone», 15, luglio 1998: «Tra le proprietà del Comune di Longarone spicca per la sua consistenza il patrimonio boschivo, il quale rappresenta oltre che per quantità e qualità un importante valore di storia locale. Il bosco con isuoi ritmi è stato infatti al centro del vivere come fonte di reddito e con la produzione di quanto serviva alla comunità. Per rappresentare la valenza di questo patrimonio in modo semplice dobbiamo ricorrere a dei numeri. Il territorio comunale ha un'estensione di 104 kmq., dei quali 72 destinati a bosco e 59 bosco di proprietà comunale. L'Amministrazione comunale diLongarone, forte di questa posizione di responsabilità economica ed ambientale, si è data negli anni un progetto di gestione Il "piano economico forestale", redatto dal dott. Orazio Andrich, prevede l'utilizzo del patrimonio boschivo nel suo periodo di validità (dieci anni), precisando che l'intervento di taglio non ha il solo scopo di prelevare il legname per venderlo, ma essenzialmente quello di coltivare il bosco per preservarlo e darne sviluppo» (p. 11).

153 Cfr. Giuliano Dal Mas, Come nasce un parco: Il Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Storia di un idea, ISBREC, Belluno 2007.

154 È da ricordare che la Giunta Bratti ancora nel 1995 aveva elaborato il progetto «salute e territorio» in collaborazione con il Centro di solidarietà di Belluno (CEIS) e con la cooperativa sociale «Mani intrecciate» per combattere il disagio specie giovanile, la tossicodipendenza e lo smodato uso dell'alcool, un male storico della provincia. La relazione che accompagna la delibera di Giunta del 30 ottobre 1995 (n. 584) e accompagnata da un'analisi acuta della situazione sociale del territorio, delle famiglie e dei giovani.

155 Nel 1998 erano in corso lavori per 650 milioni di lire per nuovi posti per gli anziani non autosufficienti. Era stato poi redatto un nuovo regolamento della casa di riposo, mentre s'era iniziato a sperimentare il servizio anche come «centro diurno»; cfr. il notiziario «Longarone»,15 luglio 1998, p. 9.

136 La «Stella Alpina» nel 1998 aveva raggiunto la quota di ben 660 tesserati. È nata e si è sviluppata con scopi esclusivamente sociali e pone al primo punto dei suoi obiettivi «la socializzazione dei suoi aderenti». L'attività deve pertanto «svilupparsi in forme e momenti di aggregazione con lo scopo di proseguire una vita attiva, non finalizzata al raggiungimento di un ricavato economico ma che, viceversa, abbia l'obiettivo di stimolare un più profondo senso di solidarietà e di aiuto reciproco unitamente ad un piacevole trascorrere del tempo libero»; cfr. il notiziario «Longarone», 15, luglio 1998, pp. 24-25.

137 L'Amministrazione di Ilario Venturoli promosse un incontro-dibattito su «Un museo per Longarone» il 29 aprile 1982.

138 L'idea di un concorso internazionale per il Museo di Longarone è condivisa da varie persone, compreso l'architetto Renato Migotti.

139 Il progetto del restauro è dell'architetto Migotti, che ha collaborato anche alla pubblicazione del fascicolo 'Storia ed arte del Palazzo Mazzolà sede municipale', Tip. Tiziano, Pieve di Cadore, 1999.

140 I risultati elettorali si leggono nel «Gazzettino» del 15 giugno 1999. Nel numero del 17 giugno dello stesso giornale si trovano i nomi degli assessori e delegati di De Cesero (pianificazione e personale): Viviana Capraro (cultura), Luigino Olivier (territorio e manutenzione), Alvaro De Bona (lavori pubblici e urbanistica), Bruno Pradella (assessore esterno, economiae bilancio).




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