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centrale termica


impianto del Cellina

... parte idraulica ...


centrale idroelettrica


SADE 20

ASSOCIAZIONE ELETTROTECNICA ITALIANA

(Estratto dagli Atti)

L'IMPIANTO IDROELETTRICO DEL CELLINA
PARTE IDRAULICA

NOTIZIE
Comunicate dall'Ing. A. ZENARI all'Assemblea generale dell'anno 1904.

ROMA TIP. DELL'UNIONE C00PERATIVA
Via Federico Cesi, 45
1904





Il viaggiatore percorrente la via ferrata che da Venezia mena al confine orientale, passate le verdeggianti colline di Conegliano, che vanno smorzandosi tosto al di là di questa stazione, giunto in prossimità di Sacile vede balzare immediato dalla pianura, ergentesi per oltre 2000 metri su di essa, gigantesco nella sua massa cretacea, il monte Cavallo.

Dietro il velario di quelle creste che si profilano sul cielo in direzione sud-ovˇst-nord-est, lambendone il piede e ricevendone copioso contributo d'acqua, corre il fiume Cellina.

Altra quadruplice serie di catene montuose, quasi parallele alle prime, e spingentisi fin oltre i 2700 metri di altitudine, costituisce l'intero bacino del corso, che l'ultima catena divide da quello del Tagliamento, e che il Piave limita ad est, ed il Meduna all'ovest. Sono 453 chilometri quadrati di bacino imbrifero apparente che concorrono ad arricchire il fiume dall'origine sino al punto ove viene da noi imprigionato.

Dico di bacino imbrifero apparente, poiché la disposizione stratigrafica delle roccie costituenti l'alpe di questa valle, permette di credere che anche parte dell'acqua cadente sui bacini con termini concorra, permeando fra gli strati, ad aumentarne la portata. Anzi taluno ritenne che questa potesse essere la spiegazione dell'elevato coefficiente del tributo d'acqua fornito da ogni chilometro quadrato (circa 30 litri al 1") anche nelle massime magre, visto che pur esistendo nevai nelle altissime zone, tuttavia né sono molto estesi, né danno luogo a veri ghiacciai. Non escludendo il fatto, penso però che altre e più serie sieno le cause per le quali il Cellina ha le magre normali di circa 20 metri cubi, e magre eccezionali, che l'esperienza farebbe credere pressoché decennali, di circa mc. 13.

Salientissimo è il fatto dell'enorme quantità d'acqua cadente sul bacino in un anno. È notorio che il Friuli è la regione più piovosa d'Italia, ma fra le zone del Friuli piovosissirna è la nostra.

Un ventennio di osservazioni quasi, dal 1887, precisano a Maniago, che non sarebbe il punto più piovoso (che dovrebbe essere Claut, ma dove disgraziatamente non si hanno idrometri) una media nell'altezza annua della pioggia caduta in mm. 2351 con un massimo di 3040.

- La ragione di tanta pioggia è ovvia, quando si consideri che i cinque diaframmi costituiti dalle cinque catene parallele di monti che formano il bacino, sono immediatamente opposti ai venti caldi ed umidi che sorvolano l'Adriatico; e che vengono a precipitare le acque che tengono sospese, su quella serie di condensatori.

È questa stessa la causa per cui anche le medie delle pioggie mensili non differiscono fortemente nei diversi mesi, mentre infatti, salvo i mesi estremi di gennaio con mm. 117 ed ottobre con mm. 310, gli altri oscillano attorno a mm. 200 con 164 in agosto e 255 in maggio.

Ma questa regolare distribuzione delle pioggie è anche maggiormente ripartita dalle condizioni geologiche del terreno.
Sono montagne di rilevante altezza, tutte superiori, come ho detto, ai m. 2000, costituite da rocce calcari fortemente stratificate e largamente fessurate, presentanti in modo marcatissimo i fenomeni carsici, e perciò appunto come il Carso, ricche d'antri, di grotte, di caverne.

In questo immane ammasso permeabilissimo, l'acqua s'infiltra e si raccoglie: e annida come in un'immensa spugna, e circola nel dedalo di tutte queste fessure e di questi meandri sino che viene restituita al collettore Cellina, nelle numerosissime e copiose sorgenti che popolano la valle, fortemente erosa nell'alta pila degli strati.

Non è dunque il solo bacino scolante superficiale che bisogna. considerare, ma un assai più importante bacino sotterraneo, il quale può anche essere più esteso di quello apparente. Ed un altro fenomeno concorre a mantenere la perennità di queste acque, fenomeno che io non saprei meglio descrivere che con le parole stesse con cui lo descrive l'illustre prof. Taramelli Torquato in un suo studio sui terreni alluvionali del Friuli.

"Nella parte più ampia della valle, che per tempo fu sgombra dai ghiacciai, esiste una larga zona d'alluvioni su cui sorgono Cimolais e Claut; e che per la regolarità e vastità, assai bene si distingue dalle morene rimestate, e per la profondità dei terrazzi e pel livellamento, dalle frane e dalle alluvioni postglaciali.

Limitata a valle dalla gola ristretta e profonda, scolpita in roccia calcare compatta, in cui si rinserra il Cellina, avvenne che nell'epoca delle abbondanti pioggie dell'epoca glaciale, quando la gola era ancora più ristretta e meno profonda che non al presente, ed ingombra ad ogni passo dalle deiezioni dei numerosi burroni, che vi confluiscono, le acque raccolte nel bacino a monte trovassero per essa meno facile deflusso.

Quel bacino pertanto fu in quell'epoca a più riprese e per periodi più 6 meno lunghi allagato ed interrato dai materiali convogliati, dai tre grossi affluenti del Cellina, che in quel bacino versano, cioè il Cellina propriamente detto, il Settimana ed il Cimoliana. L'alluvione fluvio-lacustre si accumulò potentissima, attingendo un livello assai superiore al pelo attuale delle acqua.

Nel periodo posteriore, quando le acque diminuirono, entrando nella fase terrazzante, quell'alluvione fu incisa, erosa, fino a raggiungere in qualche punto la roccia, e dappertutto mettendo allo scoperto strati argillosi impermeabili, dovuti alle fasi d'allagamento del bacino. La loro presenza ed il loro affioramento, per la praticata erosione, fa sì che in corrispondenza ad esse si hanno copiose scaturigini d'acqua, abbondantissima anche assai tempo dopo cessate le pioggie, cui sono dovute".

- Queste peculiari condizioni locali avevano attratta, sino da quasi 12 anni or fanno, la mia attenzione, e mi avevano fatta rivolgere la mente alla convenienza di approfittare di quel tesoro d'energia fino allora con quelle acque inutilmente disperso.

E nel vagliarne i modi e le convenienze, apparvemi chiaro che meno interessava approfittare della naturale cadente del fiume, di quello che disporre le opere in modo da aprire la via ad un più largo e più completo sfruttamento che felici disposizioni dei siti permettevano.

Durante l'epoca glaciale, il mare Adriatico si spingeva entro terra ove ora sorgono Udine, Pordenone e tutti i paesi della bassa regione friulana, e veniva a lambire le falde del masso del Cavallo. In esso sfociava direttamente il Cellina con una massa di acqua che doveva essere enorme, perché costituita da quelle sue proprie unite e quelle provenienti dal disgelo dei due ghiacciai del Piave e del Tagliamento che, soverchiati i displuvi limitanti i loro bacini, erano venuti a congiungersi al ghiacciaio del Cellina stesso.

Questa enorme massa d'acqua convogliò allora una stupefacente quantità di detriti con la quale eresse la gigantesca mole che costituisce la conoide alluvionale del fiume e che col vertice nel punto di sbocco della valle, ove oggi sorge Montereale si estende in lunghezza con ghiaie fin oltre Pordenone, raggiungendo lungo la falda del monte Cavallo le scaturigini del Livenza, che distano da Montereale km. 20.

Il vertice, prima che il fiume si terrazzasse lungo la generatrice diretta a Pordenone, era sopraelevato dal mare circa 330 metri, come lo dimostra il piano limitante il terrazzo, mentre l'estremo della generatrice lungo il Cavallo non vi sovrasta che m. 35. Utilizzare tale dislivello, o almeno disporre le cose in modo che sia sempre facile il farlo, fu il concetto fondamentale d'onde partii.

Ciò che fu adunque fatto fin qui; e che descriverò tosto, non è che l'attuazione parziale dell'idea; ma contiene tutte quelle opere che la rendono in progresso di tempo completamente realizzabile.

In corrispondenza all'abitato di Grizzo, che è frazione di Montereale, il massiccio del Cavallo si allunga in uno sperone sottile, che separa la valle dal piano esterno. Si presentava ovvio di perforarlo trasversalmente, e di qui estrarre la corrente del fiume.

Ma perché il letto di questo è sensibilmente meno elevato della campagna esterna immediata alla falda del monte, e d'altronde conveniva così condurre le cose da ottenere un primo salto utilizzando anche la cadente interna del Cellina; così la galleria fu prolungata in un canale escavato in cornice nelle roccie erose quasi a picco della Rofla in cui il Cellina è serrato, e che venne spinto fin poco sotto l'ultimo importante influente del Cellina, il Molassa.

Fu opera faticosa e dura, poiché non un sentiero esisteva in quella stretta gola fino allora inaccessibile ed inaccessa; gola d'altissima ed orrida montagna, benché così poco elevata sul mare; ad ogni passo avanzato cogli escavi era passo guadagnato a spese di pericolo per gli operai, e per noi anche, sostenuti quasi sempre alle funi cui era forza assicurarsi, e a spese purtroppo qualche volta di vita.

In un punto ove la gola diventava più angusta, pur avendo a valle una strozzatura che determinando in un caso di piena un rigurgito sul piede della traversa permette una certa protezione contro l'azione corrodente dell'acqua soverchiante; e dove un grande masso roccioso affiorante concedeva un solido appoggio, fu eretta la diga di sbarramento.

Alta 14 metri sul pelo normale dell'acqua nelle condizioni naturali, ed in corrispondenza alla porzione destinata a sfioratore, ha una lunghezza complessiva di m. 32.68 fra vivo e vivo delle spalle estreme. Spessa in sommità m. 4, si mantiene tale per m. 3.10, poi la parete a valle si conforma ad arco di cerchio per un'altezza di m. 5, raccordandosi ad un piano inclinato e facente un angolo di 38° 27'coll'orizzonte. In corrispondenza al pelo normale del fiume ha uno spessore di m. 16.

Ha doppia funzione, di elevare l'acqua onde possasi immettere nel canale, la cui presa è immediatamente di fianco alla traversa, e ne forma in certo qual modo una continuazione, e di attuare mediante una sopraelevazione di m. 3.50 oltre il pelo abituale di sfioramento, un serbatoi per i periodi delle magre eccezionali.

Come manufatto destinato all'alimentazione del canale è diviso in due parti che tendono a scopi diversi. Sulla destra, in contatto coll'edificio di presa, è conformata a sfioratore su una lunghezza di m. 11.60 e delimita il livello dell'acqua nei periodi in cui la portata del fiume e del canale sono eguali, o prossimamente eguali, lasciando eventualmente sfuggire, senza ricorrere a manovre, le piccole eccedenze.

Sulla sinistra sono aperte quattro luci di m. 3.17 d'ampiezza, ciascuna, colla soglia, abbassata di m. 3.50 sotto il piano di sfioramento e destinate a fungere da scaricatori nei periodi d'acqua abbondanti.

Quattro grandi saracinesche, che abbassate hanno la sommità a livello del piano di sfioramento, servono a regolare lo scarico dell'acqua in eccesso, e vengono manovrate meccanicamente con motori elettrici disposti sul ponte che corona l'intero edifizio.

Non esistendo scaricatori di fondo, è chiaro che il letto di ghiaie del fiume tenderà ad elevarsi sino alla soglia, degli scaricatori. Fu per ciò che questa venne tenuta più bassa che non la soglia all'incile del canale.

La differenza tuttavia sarebbe troppo piccola (cm. 50) per lasciar sperare che le ghiaie non si introducessero nel canale. L'acqua non entra perciò in questo dal fiume direttamente, ma soltanto soverchiando con stramazzo rigurgitato un diaframma in muro anteposto alle bocche di presa ed alto m. 1.40 sulla soglia degli scaricatori.

Fra il diaframma murario e la presa è interposto un pozzetto, profondo un metro sotto il piano inferiore del canale, nel quale l'acqua, che entrandovi perde ogni velocità, sarà costretta a depositare i materiali pesanti che eventualmente tenesse ancora sospesi, e che saranno immediatamente spazzati per un condotto che attraversa il corpo della diga, e che aperto in tempo di piena, viene da apposita saracinesca chiuso nei periodi normali.

La presa propriamente detta è costituita da due bocche rettangolari, larghe m. 2 ciascuna, ed alte m. 3, regolabili con saracinesche, ed incise in una parete muraria, soverchiante l'altezza delle massime piene e che impedisce a queste d'invadere il canale.

Ho già accennato che la traversa può agire anche per creare un serbatoio nei periodi delle massime magre. Ciò si ottiene assai semplicemente sovrapponendo un'opportuna panconata alle porte metalliche degli scaricatori, e disponendo altre panconate al di sopra dello sfioratore, sul quale appunto per ciò vennero erette due pile murarie coi necessari gargami.

La valle deserta a monte può essere senza inconvenienti invasa dall'acqua, e questo semplice mezzo permette di immagazzinare oltre 300,000 metri cubi. Non è certamente una ingente quantità; ma poiché nelle ore notturne il lavoro si ridurrà a poca cosa, ed è prevedibile che il consumo sarà appena di 6 o 7 metri cubi al secondo, ragguagliati all'intera notte, così il serbatoio permetterà di conservare gli altri sei o sette nelle massime magre per utilizzarli di giorno talché anche in quei periodi nelle ore diurne potrà essere conservata al canale la portata integrale per cui venne costruito, cioè metri cubi 20.

Come costituzione il canale può venire considerato diviso in due parti: quella interna, alla Rofla, e quella esterna prospettante la pianura.

Intagliata la prima, e ne fu già cenno, in cornice nella roccia sostenuta da un seguito ininterrotto di muraglioni, di archi, di acquedotti, di gallerie, contenuta verso il fiume da un muro a sezione trapezia con scarpa esterna sviluppantesi su una superficie liscia rivestito all'interno contro la roccia, e sul fondo, onde impedire le permeazioni e le perdite, procede costituendo veramente un unico manufatto dalla presa fino all'imbocco della grande galleria di deviazione, percorrendo nella gola m. 4328.10.

L'acqua fluirà in questo tronco sempre con moto uniforme in sezione e pendenza invariabili con velocità costante e pari a m. 1.8 al 1". La sezione che ha m. 4 di base e m. 2.70 di altezza e la pendenza, che è di cent. 60 per ogni chilometro, non si modificano che in due punti del canale per dar luogo a due scaricatori destinati all'eventuale pulizia dello stesso, dalle ghiaie o detriti che vi penetrassero.

Perché il materiale non possa facilmente procedere lungi l'acquedotto in corrispondenza agli sghiaiatori il fondo del canale è spezzato e ribassato, mentre la soglia del manufatto si raccorda col rapido pendio al fondo normale. Tanto l'edificio di scarico, quanto il canale subito a valle di quello, sono interclusi e regolati da paratoie metalliche, cosicché anche l'intero volume d'acqua potrebbe essere smaltito dallo scaricatore.

Le condizioni orografiche della valle orrida sono tali da rendere assai facili i distacchi di massi, gli scoscendimenti franosi, e le valanghe di neve, queste benché non grossissime poiché l'eccessivo pendìo rende impossibile il soffermarsi di quella in alti strati, tuttavia in cambio assai numerose.

Era ovvia la necessità d'impedire che da tali fenomeni potessero derivare interruzioni all'esercizio, che sarebbero disastrose. Buona parte, oltre due terzi, si dovettero perciò ricoprire, ciò che fu fatto o con vere gallerie artificiali, o voltando sopra il canale delle volte a vela costrutte in calcestruzzo di cemento armato.

E poiché si veniva così a costruire un piano assai comodamente praticabile, si chiamarono i Comuni della valle interna fino ad oggi serrati fra quelle balze, segregati dal mondo, a concorrere nella spesa di adattamento a strada della copertura stessa, che raccordata nei tronchi mancanti, con tratti sviluppati sulle falde superiormente od inferiormente al canale, e collegata alla prima via di servizio già costrutta per la necessità del lavoro ed ampliata allo scopo, svelerà domani una regione d'Italia fino a ieri quasi inesplorata e semi-inaccessibile.

La grande galleria di deviazione, lunga in. 1073, conserva la sezione e la pendenza del canale interno, potrà però essere invasa dall'acqua di rigurgito per un ristagno che verrà prodotto a valle, ad uno scopo e coi modi di cui farò parola avanti. È tutta ricavata in roccia calcare compatta, ma al solito assai stratificata, permeabilissima per ciò all'acqua, che fu incontrata infatti discretamente abbondante.

Si dovettero quindi, onde impedire dispersioni, rivestire anche in questa il fondo ed i fianchi, mentre la calotta poté in buona parte essere mantenuta nuda. Solo qualche tratto più fessurato o infranto dovette essere voltato.

Allo sbocco della galleria, presentandosi al piano, l'acqua in condizione di regime, tocca la quota 338.96. Da questo punto adunque fino a dove la generatrice della conoide del Cellina lambente il Cavallo incontra lo specchio d'acqua della palude della Santissima ove sono le scaturigini del Livenza, è disponibile un dislivello di m. 304 in cifra rotonda.

Il tronco esterno di canale non è, nella sezione e nelle pendenze, così regolare come il tronco interno, e ciò pei diversi manufatti destinati ai diversi scopi, che vi sono interpolati. Ricavato anche questo a mezza costa sulla falda montana, è però in condizioni ben più facili di quelle interne. È sempre tuttavia contenuto da muraglione all'esterno, e rivestito sul fianco internamente e sul fondo.

Dallo sbocco della galleria il canale mantiene la larghezza e la pendenza solite per m. 294.40, quindi si allarga, si spande come in un piccolo lago, col fondo depresso un metro sotto il fondo del canale.

E'uno specchio d'acqua di circa mq. 240, ed è l'ultimo provvedimento diretto ad ottenere che l'acqua giunga alle turbine senza materiale in sospensione, od almeno soltanto con materie leggerissime. Se ad onta delle precauzioni assunte alla presa e lungo il canale, l'acqua trascinasse ancora ghiaiette o detriti, la velocità fortemente ridotta, l'obbligherebbe a depositarli sul fondo del bacino. Ad impedire poi che troppo materiale possa accumularsi, è disposto prima della ripresa del canale uno scaricatore verso il quale è declive la platea dell'espansione.

Tosto ripreso il canale, che qui cambia larghezza e pendenza (fu quella portata a m. 6 e questa ridotta a cent. 23 per chilometro onde far giungere più placide le acque alle bocche d'erogazione e carica) è disposto lo sfioratore regolatore.

Lungo m. 93 potrebbe smaltire, dato un arresto subitaneo di tutte le macchine, tutta la portata del canale con una lama fluente di cent. 24, restando ancora un franco sui muri del canale di centimetri 26.

Non fu preso alcun provvedimento per impedire la formazione del pulviscolo dovuto all'acqua stramazzante, poiché l'edificio delle macchine, già sufficentemente lontano, è per di più collocato sull'altro versante d'uno sperone montuoso che si attraversa col canale.

Lo sfioratore però non è disposto colla soglia al pelo d'acqua di regime, ma ad un metro sopra. Conseguentemente tutte le murature del tronco esterno del canale sono sopraelevate d'un metro da quelle che dovrebbero essere le condizioni normali; e dacché la sezione del corpo del muro non fu variata da quella del canale interno, a robustarlo convenientemente furono disposti degli speroni che ne modificano l'aspetto esteriore.

Questo sovralzamento generale delle murature esterne ha avuto origine dal concetto di poter disporre, oltre che dei 20 mc. normali di una certa scorta d'acqua disponibile in eccesso nei momenti d massimo consumo, così come avverrà la sera, specialmente nella stagione invernale, quando pur tutti gli opifici delle varie industrie essendo ancora attivi, si verificherà la maggior richiesta dovuta all'illuminazione. Il rigurgito prodotto dall'acqua insaccata nel tronco inferiore, si estende ancora sensibile fino alquanto oltre l'imbocco della galleria grande e permette di disporre di circa mc. 9000, vale a dire permette per circa due ore di portare l'erogazione dell'acqua a mc. 22.5 quanti possono smaltirsi dai cinque gruppi destinati come vedremo, ad essere attivi.

Con questo invaso, l'acqua si dispone all'estremo del canale alle quota 339.64, ed è chiaro che poiché dopo le suaccennate ore del massimo consumo sopravviene la notte, cioè il periodo di minimo consumo, durante il quale l'invasamento può essere rapidamente rifatto, tale quota potrà ritenersi quella dell'acqua in carico pel normale esercizio.

Siamo così giunti al punto ov'è attuata la prima parziale utilizzazione e dove l'acqua si ripartisce, distribuendosi ai diversi gruppi generatori. Sono sei grandi camere di carica pel macchinario principale, oltre ad una settima suddivisa in due per le minori turbine d'eccitazione; e nello stesso edificio altre due sezioni corrispondono a due camere filtranti, ad ambienti sovrapposti.

All'aspetto esteriore l'edificio presenta nove grandi arcate identiche d'onde si distaccano dieci tubazioni, sei maggiori, di m. 1.50 di diametro, in acciaio, fortemente amarrate al piede, scorrevoli su robusti supporti in muratura e fornite di giunto di dilatazione nella parte superiore; due medie di m. 0.70 aventi gli stessi requisiti delle sorelle maggiori e destinate all'eccitazione; e due piccole in ghisa del diametro di m. 0.20 traducenti l'acqua filtrata.

Sotto tutte le camere corre un cunicolo collettore che comunica con quelle a mezzo di valvole in bronzo e permette in caso di pulizia, o riparazioni, di mettere completamente all'asciutto una qualsiasi delle camere.

Il cunicolo stesso è chiuso abitualmente da una saracinesca disposta in un pozzetto collocato lateralmente all'edificio. Ogni camera ha, naturalmente, una paratoia metallica, manovrabile a mano onde possa essere eventualmente isolata.

L'acqua tracimante dallo sfioratore, viene raccolta in un torrentello sistemato ed imbrigliato allo scopo, il Cesarile, e di qui tradotta a valle dell'edificio centrale nel canale di scarico, canale che alla sua volta servirà di canale adduttore ad una seconda centrale, di là da venire, e di cui l'ubicazione sarebbe già designata a circa tre chilometri e mezzo sotto la prima. Non però fino a questo punto giunge il canale costrutto, ché anzi si arresta circa due chilometri indietro, e scarica in altro torrente nominato Caprezza, il quale alla sua volta giunge sotto alla futura centrale.

Per condizioni imposte nella concessione, l'acqua è ripresa nel Caprezza, e per un canale che non presenta alcuna particolarità, escavato nei magri prati formatisi sulle ghiaie della conoide del Cellina, ritorna a questo torrente dopo un percorso di m. 6716 dalla ripresa.

In prossimità del piccolo borgo di Malnisio e dominato dai bacini di distribuzione e carica sorge l'edificio centrale delle macchine, vasto fabbricato improntato ai ricordi del nostro primo rinnovamento romanzo. È costituito da un'corpo centrale con due ali avanzate e di un altro locale annesso, quasi adiacenza che si allunga sul fianco a ponente.

L'ala di levante contiene un'officina di riparazioni, dei magazzini; gli uffici e le abitazioni per i meccanici e per gli operai.

Il corpo centrale è tutto occupato dalla sala principale delle macchine; nell'ala a ponente, in parte aperta sulla sala principale, trovano posto i quadri, i locali degli interruttori, degli scaricafulmini e simili, e nel locale a parte è ricavata la sala dei trasformatori elevatori. Meno quest'ultimo corpo, tutto il resto dell'edificio è a tre piani, ma la sala centrale con un piano occupa tutta l'altezza dei tre piani dei fianchi, mentre gli altri due sono sotterranei, e servono, quello più elevato alle disposizioni e sviluppo dei cavi, e quello più profondo allo scarico dell'acqua dalle turbine.

In corrispondenza a questo scarico il pelo dell'acqua è alla quota a valle 281, e poiché abbiamo detto che ai bacini di carica il pelo d'esercizio sarà a 339.64, il dislivello è di m. 58.64. Con l'erogazione di 20 mc. si hanno disponibili quindi in cifra rotonda 15,600 cavalli dinamici, e nei momenti del massimo consumo (e cioè coi mc. 22 e mezzo), salva la variazione del carico, 18,900.

A sviluppare questa potenza sono state scelte turbine a reazione, centripete assiali, ad una sola ruota mobile ad asse orizzontale e due scarichi laterali simmetrici per le maggiori turbine ed uno scarico solo per quelle d'eccitazione fornite dalla ditta Riva e Monneret, di Milano.

Le maggiori sono collegate ognuna al proprio tubo indipendente; saranno sei insieme, di cui una in riserva, ma attualmente ne sono disposte solo quattro. Ricevono infer“ormente l'acqua, che il tubo entrato nei sotterranei della centrale porta, ripiegando a sifone e risalendo nella grande sala principale, alla chiocciola del distributore, che costituito a palette mobili funziona anche da otturatore.

Questo è azionato da un regolatore servo-motore a pressione idraulica, che riceve l'acqua necessaria al suo funzionamento dalle tubazioni dei filtri. Ogni turbina è destinata ad assorbire litri 4500 d'acqua e dovrà, sull'asse sviluppare 2600 HP effettivi, con 315 giri al minuto.

Le minori turbine d'eccitazione, non dissimili nella costituzione complessiva dalle precedenti, sviluppano ciascuna 200 HP sotto 500 giri al minuto; sono tre, ed anziché essere dotate ciascuna di un tubo unico sono alimentate, assieme dai due tubi medi, ognuno dei quali può essere sufficiente allo scopo, e con ciascuno dei quali può in conseguenza essere data o tolta la comunicazione.

Tutte le turbine hanno poi naturalmente una farfalla all'ingresso dell'acqua ed uno scarico per l'eventuale ripulitura. Tale è nelle sue generalità l'ambiente, ed il lavoro nella sua essenza, per ciò che riguarda la parte idraulica; ed io m'arresterò là dove il ferreo manicotto solidamente e rigidamente saldando gli assi delle turbine a quelli delle eccitatrici e degli alternatori, trascinerà le pesanti moli delle armature e degli elettromagneti, comunicando ad essi quella energia che convertita in corrente volerà sui cuprei fili altrove, lontano, nella ridda meravigliosa e misteriosa dei vortici elettrici. .

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Last updated 19.2.2005