INDICE

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0 7 Istruzioni per l'uso
di Marco Paolini

* 13 Dopo quarant'anni

* 19 9 ottobre 1963

* 27 Chi sono gli sciacalli?


- 34 Il caso Rizzato

- 41 Il gioiello della SADE

- 49 Al limite estremo

- 58 Segni premonitori

- 64 Chi controlla chi?

- 72 Nasce l'ENEL, ma è sempre SADE

- 83 Il nuovo inganno

- 93 Il voltafaccia dell'Ente di Stato

102 L'ultimo tradimento

110 Il mercato del dolore

118 La giustizia presenta il conto

126 Il legittimo sospetto

132 Il suicidio di Pancini

140 Colpi di scena

150 «Che Dio ce la mandi buona»

171 Senza epilogo

0"Pochi istanti. E duemila persone morirono in una guerra che non seppero di avere combattuto". Così si conclude questo Vajont senza fine, di Mario Passi, per il quale Marco Paolini, il cantore teatrale del Vajont, ha scritto delle singolari «Istruzioni per l'uso».

A quarant'anni di distanza, un testimone che l'ha vissuta e ne è stato intimamente segnato torna a raccontare quella storia, densa di ricordi e di personaggi, che continua a proiettare la sua ombra sulla società italiana. La storia di un'esclusione di intere popolazioni da scelte che mettevano in gioco la loro vita. La costruzione di una diga, un bacino idroelettrico, una frana gigantesca che si apre sul fianco della montagna. E la decisione di correre un rischio calcolato, di andare avanti comunque: fino al disastro del 9 ottobre 1963 Con la subalterna acquiescenza degli apparati statali, la complicità di una scienza asservita, i compromessi colpevoli del potere politico, nel silenzio pressochè totale degli organi di informazione.

Un meccanismo impenetrabile, che nemmeno l'enormità della sciagura riesce a scalfire. E che si ricompatta dietro la tesi della «fatalità», dell'«imprevedibilità», la negazione proterva di ogni colpa, i tentativi di vanificare il processo.

Mario Passi è nato a Padova, nel 1929, da famiglia antifascista.
A 15 anni è impegnato nella Resistenza come staffetta, diventa giornalista nel 1951, a «l'Unità»: dapprima corrispondente provinciale e triveneto, sarà poi inviato nazionale per una trentina d'anni.
La tragedia del Vaiont è l'esperienza che lo segna più profondamente sul piano umano e professionale.

Nel 1968 scrive "Morire sul Vajont".

Nel 1983 è l'estensore di "Comandante Carlos", autobiografia di Vittorio Vidali.

Nel 1986 pubblica, in collaborazione con il «pittore del Po» Giuseppe Motti, "Il fiume e la terra".

"Vittorio Vidali" (1991) è un omaggio alla memoria del grande rivoluzionario triestino.

Dal 1985 al 1997 ha collaborato alle trasmissioni televisive di Enzo Biagi.



Istruzioni per l'uso

di Marco Paolini


Leggere attentamente questo foglietto illustrativo.

 

DENOMINAZIONE:

Vajont senza fine.
COMPOSIZIONE:
Parole, sofferte parole.
Il volume comprende diciotto capitoli per uso orale.
INDICAZIONI TERAPEUTICHE:
Trattamento sintomatico dei vuoti di memoria e delle illusioni.
CONTROINDICAZIONI:
Ipersensibilità tragica.
Queste parole sono controindicate nei lettori portati al fatalismo, al pessimismo cronico depressivo, a chi soffre di "indignatio brevis".
L'auspicio di Marco Paolini, 9 ottobre 1997

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L'assenza della "canzone" che Paolini sottolineava nel '97 è stata poi colmata nel 2006 da «Heavenly Lane», da A. Parisi e da Marino Baldissera.

OPPORTUNE PRECAUZIONI D'IMPIEGO:

Di Vajont ci si può ammalare. La malattia si presenta in vari stadi; il contagio può avvenire attraverso varie vie e anche questo volume rappresenta un potenziale veicolo d'infezione. Tuttavia la malattia non costituisce un pericolo nè per se', nè per gli altri. Si può guarire o si può scegliere di convivere con questa malattia.

Quando tra il 1994 e il 1998 mi sono occupato più attivamente di questa storia, raccontandola e raccontandola, per capirla io stesso a poco a poco mi sono ammalato; a un certo punto ho deciso di smettere di raccontarla, perchè ogni altra cosa rischiava di apparire meno importante al confronto. Le dimensioni della tragedia, il ruolo svolto dai vari protagonisti della storia, la gigantesca rimozione collettiva della stessa operata dalla società italiana nel suo insieme, con poche eccezioni, rischiavano di lasciare annichilito chi vi si avvicinava.

Oggi vi è una diversa percezione dell'accaduto, la storia è stata raccontata in teatro, alla radio, in televisione, al cinema. È stato ripubblicato il libro di Tina Merlin 'Sulla pelle viva', lo scrittore Mauro Corona ha fatto conoscere la valle del Vajont e i suoi abitanti e ora Mario Passi ha completamente riscritto il suo libro che allora si chiamava 'Morire sul Vajont' ed era il primo libro italiano pubblicato sull'argomento, nel 1968 alla vigilia del processo che vergognosamente venne trasferito all'Aquila per il «legittimo sospetto» che la sede naturale di Belluno fosse troppo influenzata dalla sofferenza di tutte le popolazioni colpite dal disastro, dalla strage, dall'olocausto.
Mario Passi ha riscritto oggi il suo libro di allora facendone una sorta di diario.
Il diario di un giornalista che perde la distanza dalle cose che è chiamato a narrare. Il diario di una malattia che si sceglie o che ti sceglie e ti accompagna per tutta la vita. Leggendolo ho potuto misurare la mia febbre, mi son tornate domande legate al presente e non solo alla memoria, una fra tutte: perchè esiste ancora un muro ideologico sul Vajont?
Perchè da una parte la ricostruzione, le cronache fatte da giornalisti e artisti perlopiù di «sinistra» (anche se personalmente mi sento poco 'di' qualcosa e preferisco pensarmi 'per' qualcosa) e dall'altra parte le pubblicazioni gli studi geologici su cui ancora si formano gli universitari italiani che danno credito all'«imprevedibilità» dell'evento?
Nonostante le sentenze di colpevolezza dei tribunali la comunità scientifica tende sempre ad autoassolversi da ogni responsabilità in questa vicenda.
Deontologicamente non sarebbe male ammalarsi un po'; sarebbe una cura omeopatica per prevenire disastri prevedibili a condizione di non rassegnarsi al ruolo di comparse silenziose, di tecnici così neutrali da essere inutili. Questo libro può quindi essere controindicato per chi è soggetto a questo tipo di dubbi e malattia.
Oggi non sono più così malato di Vajont da non sentire l'importanza di tante altre piccole storie che si possono raccontare, ma credo che questa ne contenga molte e ne spieghi altre, basta saperla leggere.

Libro PASSI MarioAVVERTENZE SPECIALI:
L'autore - programmaticamente - a partire dal titolo avvisa il lettore che la vicenda non è conclusa.
Oltre alla valenza autobiografica per la condizione di testimone dei fatti narrati dall'autore credo che "Vajont senza fine" rimandi ad almeno altre due storie da raccontare: quella dell'odissea dei sopravvissuti di cui si trova testimonianza in alcuni racconti di Mauro Corona, e quella del disastro della ricostruzione, della compravendita delle licenze e della infinita lunghezza delle cause civili di indennizzo. Proprio l'incertezza e la sfiducia nella possibilità di avere giustizia sono alla base delle transazioni scelte da moltissime parti civili al processo. Lo stillicidio dei contributi elargiti in attesa di sentenze ha creato un equivoco pregiudizio verso gli aventi diritto, sospettati di godere di privilegi in virtù di disgrazia subita.
Quanti danni fanno questi comportamenti?
Quanto segnano una società, e come ci cambiano, ci hanno cambiati? Raccontarlo è l'unico modo per provare a capirlo. Servono altri narratori, altri tentativi, non è tempo perso.
POSOLOGIA:
Adulti: n. 1 capitolo al giorno con un bicchiere di vino, possibilmente di seguito, ma ognuno è libero di ammalarsi come vuole.
Ai bambini è meglio raccontarla che farla leggere.
0EFFETTI INDESIDERATI:
Provoca indignazione, ma normalmente agli italiani essa dura meno dell'orgasmo e dopo viene sonno. Se persiste, consultare il medico: se esso conferma che il polso c'è, il cuore batte, i polmoni respirano, allora forse anche il cervello non è del tutto andato e si è liberi di agire in conseguenza.
0 Nella regola riconoscete l'abuso, e dove l'avete riconosciuto procurate rimedio. 0
(Bertolt Brecht)

P.S.: Ma non è mica facile!
Lo so; ma per questo, a differenza dei farmaci, non c'è scadenza.

Marco Paolini, febbraio 2003



_ Alla memoria di TINA MERLIN _


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"TEMPUS VALET, VOLAT, VELAT "

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