... «Mi vergogno di essere italiano


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E non ha potuto ancora cambiare idea.


Ascolta Teza Vincenzo nel brano di un film-documento poche settimane dopo la strage, nel dicembre 1963 (formato Quick Time, 304 kb).
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Teza Vincenzo: nato a Longarone l'11 Luglio del 1942.
Alla data del 9 ottobre 1963 la sua residenza era in frazione Pirago, al civico 55, dove viveva con la sua famiglia: il papà Giovanni (di 48 anni), la mamma Corinna (47), i fratelli Mario (19), Tullio (14), Luigi (10), la sorellina Maria Rosa (7) e la nonna, Luigia (78).
È poco più di un bambino quando suo padre ha un infarto, si salva ma ne rimane invalido. Vincenzo, il più grande dei figli, ha 14 anni ma questo non gli impedisce di prendere la valigia e recarsi in Germania (a Bayreuth) a lavorare stagionalmente per aiutare la propria famiglia.

All'alba del 10 ottobre 1963 la signora delle pulizie sveglia lui e il suo datore di lavoro raccontando di aver sentito alla radio che al loro paese era successa una cosa grave. Partono entrambi con il cuore in gola facendosi coraggio a vicenda (il datore di lavoro Luigino Paiola aveva moglie e figli a Longarone).

Arrivato a Pirago, quello che gli si presenta davanti agli occhi è qualcosa di indicibile. Solo il campanile sembra dire che in quella spianata di detriti impregnati dall'odore di morte fino a poco prima c'era un paese, il suo. Cerca tra il fango (assieme a pochi altri sopravvissuti) il luogo della sua casa. Trova solo pochi gradini, e sui gradini la vecchia bicicletta del fratello. Poi, il passaporto pieno di fango del fratello Mario, che da poco era rientrato anch'esso dalla Germania, un tema d'esame e due fotografie.
Capisce in quel momento che a 21 anni è rimasto solo, la sua famiglia è stata sterminata. E colla sua famiglia, tutti gli zii, i cugini, i parenti e gli amici.

FONTE: brevi note datemi da Teza Carolina, sua moglie. La coppia venne denunciata dal loro giovane sindaco (mafioso, bugiardo, colluso) per presunti "vandalismi" all'interno del Cimitero di Fortogna.
Denuncia STRUMENTALE, mafiosa e basata su prove FALSE che non avrebbero potuto reggere davanti a NESSUN GIUDICE.
Solo per evitare di essere smascherato da SE STESSO, il giovane DELINQUENTE si è tirato indietro all'ultimo momento, e non per altri motivi. Men che mai "morali".
Leggi il resoconto della IMMONDA FARSA qui.
Anch'io (Dal Farra Tiziano) sono stato denunciato da questo mafioso colluso bugiardo. Certe verità NON SI DEVONO DIRE, a Longarone paese di MAFIA. Dal dicembre 1964, almeno.

Il resto è chiacchiera.


Ne scrive nel dossier di NarcoMafie (2002) la giornalista e scrittrice Lucia Vastano:
0 La mattina del 5 ottobre 1968, due persone bussarono alla porta di casa di Vincenzo Teza. Per Vincenzo il tempo sembrava essersi fermato cinque anni prima, al giorno della catastrofe.
Di notte, appena chiudeva gli occhi e si rilassava, gli tornavano alla mente le immagini dei corpi straziati dei suoi cari. Avrebbe fatto di tutto per buttarsi alle spalle la disgrazia e dimenticare quello che era successo. Per questo aveva perso la voglia di urlare al mondo intero la sua rabbia. Da anni non parlava più del Vajont, nemmeno con la moglie Carolina. Del resto aveva già detto tutto quello che aveva da dire nei giorni successivi alla tragedia. Vi è ancora un filmato di allora in cui Vincenzo, intento a scavare, diceva a un giornalista: «Non ci aiutano neanche con una parola di conforto. Mi vergogno di essere italiano». Si era sentito più volte umiliato e offeso.

Risarcimenti per le vittime

 Per la perdita coniuge = 3 milioni di lire

 Per un figlio, unico = 2 milioni

 Con altri due figli, = 1,5 milioni

 Con altri tre figli, = 1 milione

 Al figlio minorenne, per la perdita di un genitore, = 1,5 milioni

 Al figlio maggiorenne, non convivente, per la perdita di un genitore = 1 milione

 Al fratello convivente = 800mila

 Al fratello, non convivente = 600mila

 Al nipote, nonno, zio,
  anche se convivente = 0 (zero)

 Cifre stabilite dall'ENEL il 1° Febbraio 1968

Quando diceva che era di Longarone c'era sempre qualcuno che gli buttava in faccia frasi come: «Beati voi che vi siete arricchiti con i vostri morti. Con le tasche piene si piange meglio». Lui, che per avere un paio di scarpe usate e arrivate come aiuti per i superstiti, aveva dovuto firmare [al nuovo prete di Longarone, oggi Monsignore, nota 2009 di T. Dal Farra] un foglio in cui dichiarava di avere preso dei soldi [di avere ricevuto i soldi del "sussidio" che qualcun altro si è INTASCATO]. O come altri superstiti a cui avevano dato un materasso per dormire per terra e glie lo avevano fatto pagare scalandolo da quel poco che diedero loro come sussidio per tirare avanti.
«A voi superstiti non spetta niente» gli dissero gli uomini venuti quella mattina di ottobre. «Per questo ti conviene accettare quello che ora ti si offre, altrimenti non avrai più niente. Prendere o lasciare».

STRAZIATI E INGANNATI

Quello che si offriva ai superstiti erano davvero quattro soldi: un milione e mezzo per la perdita dei genitori, ottocentomila lire per i fratelli (vedi tabella). Per i nonni non era inteso nessun risarcimento grazie a un cavillo legale. La transazione era ineccepibile dal punto di vista formale: nessuno avrebbe mai potuto avanzare altre rivendicazioni. Per i sette familiari morti, Vincenzo ebbe poco più di 6 milioni di allora, equivalenti a circa 90 milioni di lire attuali. Una miseria economica e morale, soprattutto se si considera lo stato psicologico dei superstiti e il contesto nel quale vennero fatte firmare loro le transazioni. Ancora una volta i superstiti erano stati lasciati soli, senza aiuto legale, senza qualcuno che spiegasse loro cosa significava firmare quel pezzo di carta e quali rinunce implicava.

«È stata un'operazione davvero vergognosa» spiega Italo Filippin, nel 1969 consigliere di minoranza del comune di Erto, poi commissario straordinario e sindaco. «Quando l'Enel si è resa conto che se al processo fossero state riconosciute le sue responsabilità, un migliaio di persone le avrebbero fatto causa per ottenere un risarcimento, pensò di proporre questa transazione. C'era un pool di avvocati che andava di casa in casa a convincere la gente ad accettare l'offerta: "Se volete fare causa all'Enel dovete tenere presente che avete a che fare con un colosso. Perderete senz'altro. Ma possiamo metterci d'accordo". Il 94% dei superstiti accettò, molti avevano il mutuo per la casa da pagare. La maggior parte di quel 6% che rifiutò l'accordo aveva una situazione economica meno disperata degli altri e poteva permettersi di aspettare o aveva alle spalle un partito politico o una parrocchia disposti ad accollarsi l'onere per le spese legali.
Di queste circa 100 persone che non firmarono, alcune hanno ottenuto in seguito più di chi aveva accettato, ma altri devono ancora concludere la causa e altri ancora, come mia zia, per errori formali dei giudici che hanno trascritto male qualche dato sono perfino stati condannati al pagamento delle perizie e delle spese legali. Mia zia è morta la scorsa notte senza aver avuto alcun risarcimento.
Per ogni transazione che facevano loro firmare, gli avvocati presero cinque milioni dall'Enel: più di quello che ottennero molti dei superstiti con le "transazioni". Ma ci sono anche stati dei morti per i quali l'Enel, lo Stato e la Montedison - le tre persone giuridiche coinvolte - non hanno versato nemmeno un soldo. 0 Si tratta dei circa 600 morti che non avevano eredi diretti» 
[ Filippin si riferisce alle famiglie totalmente estinte nella strage, nota di T. Dal Farra]0

(Leggi il dossier Vastano QUI).

Prima parte di un raro e quindi SCONOSCIUTO film del gennaio 1964. Sulla destra della pagina di YouTube c'è il resto.
Nel secondo spezzone di «2000 condanne» c'è Vincenzo Teza. A distanza di oltre 46 anni, aveva ragione da vendere. Ed anche la moglie Carolina, ha ragione da vendere.
Come ne escono, le "istituzioni"??

Anno domini 2006.

LA «COMPAGNIA DEGLI A(g)NELLI» (scuoiati).
Vincenzo Teza, dopo un'odissea personale più che quarantennale, meschinamente e vigliaccamente denunciato dal suo sindaco per « vandalismo » mi vedrà come testimone e sostenitore al suo infame «processo» (26 Aprile 2006).
Un'azione giudiziale che il mafioso e vendicativo De Cesero Pierluigi - ben nascosto dietro alle sue carte bollate e alla sua 'caricà - vorrebbe far concludere come per lo sventurato Gino Mazzorana, costretto suo malgrado dalla sproporzione di forze in campo ad umiliarsi pubblicamente a vantaggio di una coppia di pubblici infingardi apparentemente «perbene» perché ... troppo scomodo, pensante e dissenziente, E per questo antipatico/antitetico al sindaco medesimo.

Io stesso sono oggetto da tempo di analoghe «attenzioni».
Dopo aver fatto sparire per pudore tardivo e lacune tecnologiche nel febbraio 2005, dopo lo sfratto, il mellifluo «forum» del sito "www.vajont.net", invece di chiamarmi in causa direttamente e alla luce del sole a rispondere delle mie affermazioni, il mafioso sindaco e gli altrettanto mafiosi e collusi sodali me la 'mandano a dire' attraverso un loro ascaro, ottantenne e tirapiedi, per vedere di nascosto l'effetto che fa.
Un attacco che mi giunge, a mio giudizio come Storia insegna, dal piu' noto e longevo degli inutili parassiti storico-istituzionali del Vajont. Valido partner del suo succedaneo nel propalare indegne falsità ai bellunesi e al mondo, e a nascondere loro determinate verità. Una stagionata e stracollaudata 'foglia di Fico' insomma (vedi caso, ancora, democristiana!) alla mafia del Vajont di Longarone, a LongarOne.

Che dire???
La butto lì: «Semenza» senile... da parte del vecchio Merlino di questa Compagnia (infame) degli Agnelli; «come agnelli scuoiati», descrive le salme del Vajont il giornalista de L'Unità Mario Passi nel suo libro, che vi invito a cercare e leggere. Poi tornate qui e considerate attentamente questa iniziativa ... «querela»


Tiziano Dal Farra