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Costruzione? Ristrutturazioni? progetti a Longarone e Vajont?
Nulla di mai troppo osceno, troppo alieno, quando un architetto plana su questa valle e gli si dà mano libera.

Le buone tradizioni vanno seguite, coerentemente: 'o mona, o Samonà' (e uno non esclude l'altro). Gli architetti, dal disastro in poi, han fatto strame impunemente e col beneplacito di TUTTE le amministrazioni longaronesi di qualsivoglia fattore umano locale. Logico che questi stupri cementizi si riproducano e non si plachino nemmeno sul fronte cimiteriale. Vale la pena di riportare un passo dall'ottimo libro "L'onda lunga" di Lucia Vastano, che resta il miglior testo mai scritto sul "dopo Vajont" e ho la fortuna - chè di fortuna davvero si tratta - di possedere (grazie Micaela Coletti!):



" [...] La nuova cittadina di Longarone è venuta su negli anni in cui il cemento armato era ritenuto un dio che parlava di stabilità, efficienza, risparmio. Anche qui risuonano le parole del presidente Leone: «avrete una casa più bella di quella di prima, senza badare a spese».

Giuseppe Samonà, l'architetto incaricato di disegnare oltre al progetto di Vajont anche quello per la ricostruzione di Longarone, dal 1956 al 1963 aveva avuto proprio dall'ENEL l'incarico di progettare numerose sue sedi e centrali elettriche in Sicilia. Sembra sempre un affare di famiglia. L'ENEL che ha distrutto, poi assunto gli avvocati del "Consorzio dei danneggiati del Vajont" che avrebbero dovuto tutelare gli interessi dei superstiti, l'ENEL ha scelto anche chi doveva ricostruire i paesi distrutti. Il potere che aveva causato la disgrazia ribadiva la sua forza anche nel dopo.
I metodi erano gli stessi: salvaguardare per prima cosa gli interessi economici, e poi tutto il resto.

Un fiore all'occhiello di Longarone è la chiesa parrocchiale costruita da Giovanni Michelucci tra il 1975 e il 1978. Dal punto di vista architettonico non c'è nulla da dire. È un opera che, aldilà del gusto personale, manifesta una ricerca e uno studio avanzati. Il problema è che anche questa opera non ha nulla a che fare con il resto del paese e con la tradizione culturale della gente che lo abitava prima. È una chiesa 'd'avanguardia'. Al suo interno le panche sono disposte su una gradinata semicircolare, senza inginocchiatoi. Molta gente vorrebbe veder ricostruita la chiesetta di Pirago, quella del campanile che è rimasto in piedi. Non eratanto grande, non era niente di speciale, era solo una chiesetta di montagna che però piaceva tanto ai fedeli che la frequentavano. Per quella chiesa si dice siano già stati stanziati soldi per la ricostruzione che però, nel corso degli anni, abbiano preso altre destinazioni.

Sicuramente agli architetti che hanno contribuito alla ricostruzione di Longarone ha fatto difetto la sensibilità di capire che chi aveva perduto tutto avrebbe gradito recuperare abitudini e tradizioni passate anzichè essere oggetto di sperimentazioni a volte anche malriuscite.
cuor di Leone
(Giovanni)
" [...] Anche per il cimitero valgono le parole del presidente Leone: «avrete una casa più bella di quella di prima, senza badare a spese» [...]"

PierLuigiDeCeseroipocrita

(Parola di Presidente della "Fondazione Vajont ONLUS")

«Sicuramente il progetto Samonà non ha tenuto in nessuna considerazione la volontà della gente» dice Renato Migotti che, oltre ad essere un superstite è anche architetto. «E questo ha contribuito in maniera massiccia alla disgregazione del paese e dei superstiti. Longarone andava ricostruita in modo da recuperare il suo ruolo storico. Invece è rinata e basta, come Erto e Vajont, senza tornare mai più ad essere una comunità. Nei giorni immediatamente successivi al disastro, di fronte alla drammatica distruzione e disperazione dei superstiti, venne affrontato dai pianificatori la problematica di ricostruire Longarone sul posto o ricostruirla altrove in aree più sicure dal pericolo. La popolazione si oppose violentemente alla seconda ipotesi con manifestazioni, cortei, blocchi stradali, avvertendo il pericolo di un madornale errore sociologico e urbanistico. L'allontanamento dei superstiti avrebbe causato una disgregazione sociale degli stessi senza rimedio. Anche gli altri paesi limitrofi, Castellavazzo, Ospitale, Perarolo, Soverzene, Valle Zoldana, trovandosi improvvisamente senza il sostegno economico del nucleo principale delle attività produttive avrebbero potuto rapidamente decadere. Così Longarone venne ricostruita nell'identico luogo dove si trovava prima, anche se purtroppo con tipologie architettoniche diverse da quelle tradizionali dei paesi di montagna, più di importazione urbana, e per questo da molti criticata e mal accettata dagli stessi longaronesi».
A peggiorare il risultato finale della ricostruzione urbanistica di Longarone ci sono state inoltre le continue modifiche fatte da numerosi architetti al progetto originale di Samonà. Come capita spesso, questo pasticcio edilizio di progetti e ritocchi fatti a più mani permise a tutti gli architetti e urbanisti coinvolti di scaricare sugli altri le responsabilità per i pessimi risultati ottenuti. Nessuno di essi ha rivendicato la paternità di un paese senza un centro, senza luoghi di ritrovo, senza un passeggio.

Longarone ha smesso di essere quel paese che poteva attirare, in una giornata di festa, anche chi abitava nei comuni circostanti per una passeggiata sul corso con il gelato in mano. Longarone è soltanto uno dei tanti paesi dai quali si passa per andare altrove.

«Ma vedrai, fra tre quattro anni» mi dice De Cesero (nella foto, nota mia). «Vedrai, con il nostro progetto Longarone diventerà completamente diversa, tornerà ad essere quel punto di riferimento che era una volta».

Tornerò certamente a Longarone, nel 2007 sarò qui a vedere cosa sarà diventata... [...]



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Già . . .

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Nell'immagine, noto una stranezza. La tettoia mostra un pezzo mancante, e sei colonne orfane. Che dipendesse da calcoli sbagliati o da che? E invece no - caspita - è proprio come da progetto originale APPROVATO. Cosa dovrebbero rappresentare sei mozziconi in cemento? I corpi mai ritrovati e quindi "senza ricopertura", o i sei neuroni di chi permette questi obbrobri?
Sullo sfondo dietro la tettoia, si vedono due pezzetti orizzontali di materiale bianco. Costituiscono il basamento del monumento ora mancante, ma cos'altro inventarsi per il prossimo Ottobre? che dovrebbe essere un omaggio ai "bambini mai nati", soccorritori, eccetera: una fava per tre piccioni?
In sintesi, a lavori apparentemente e ufficialmente terminati, questo (im)memoriale si mostra come un cantiere abbandonato, con diversi "buchi" sconcertanti. Manca completamente l'acqua, a conferma che qui i fiori non hanno cittadinanza. Ci sono solo idranti (non certo ad uso del visitatore). Non un posto ove sedersi, favorendo la propensione ad andarsene prima possibile.
Tra l'altro, il modellino ed il progetto a suo tempo approvato prevedevano e mostravano un vero e proprio bosco. Una foresta di balle semoventi, insomma: non se ne scorge traccia (se non in una dozzina di piante di creanza). Ma, si sa, gli architetti NON sopportano gli alberi e il verde in genere: madre natura ha il difetto innato di voler crescere per conto suo e non in progressione e forme rigorosamente geometriche (vedere 'siepi'). Inoltre, d'autunno le piante sporcano e richiedono cure quindi la tradizione delle tre carte, mai come in questa amministrazione, viene seguita ed esasperata.

Un esempio? La piazza "rinnovata" di Longarone ha perso i pochi alberi che ancora possedeva lungo i marciapiedi. Sostituiti - a spese di contribuenti e longaronesi - da orrendi lampioni neri tubolari (nel senso di "tubi, veri") infitti nel selciato.
Che dire?? La Vastano e tutti gli altri troveranno sì Longarone cambiata e 'punto di riferimento', come no: dell'alienazione.

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