Tratto dal Capitolo VI° del libro mostrato (clicca sull'immagine per altre info)

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1967 - La TRANSAZIONE

La notte del VajontDopo un biennio di stasi, in cui tutto è bloccato e regna la più completa incertezza sul futuro di quelle popolazioni alpine, che nel frattempo hanno dovuto fronteggiare anche l'alluvione del 1966, il 1967 rappresenta un momento di svolta per la vicenda Vajont.

Nella primavera precedente, come è stato già documentato [nei precedenti capitoli del libro, n.d.r.], erano iniziati i primissimi contatti tra il Consorzio dei danneggiati dalla catastrofe del Vajont, da poco costituitosi, e la dirigenza dell'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica.

In gennaio la situazione riprende a muoversi, ma a porre vivacemente la questione sul tappeto è un'interrogazione dell'onorevole Franco Busetto, del Partito Comunista Italiano, che il 9 maggio chiede al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, di chiarire il comportamento dell'ENEL nei confronti dei disastrati, nonchè nei confronti della ex Società Adriatica di Elettricità. In quella sede il parlamentare veneto provocatoriamente chiede di sapere se:

- [...] è tollerabile che l'ENEL, prescindendo dalla parte di responsabilità che la magistratura in sede di giudizio potrà o meno contestargli, possa coprire la società SADE dalle sue presenti e fondamentali responsabilità per l'avvenuta catastrofe;

- per sapere inoltre se il Governo intende promuovere la sospensione da parte dell'ENEL del pagamento degli indennizzi alla SADE per l'avvenuta nazionalizzazione;

- per sapere, infine, quando il Governo sentito il parere dell'Avvocatura dello Stato, si decida a dare le opportune disposizioni perche l'amministrazione dello Stato, usando il diritto di rivalsa consentitole dall'articolo 5 della legge n. 357 per le provvidenze alle popolazioni del Vajont, provochi la chiamata in giudizio in sede penale e civile della predetta SADE e dell'ENEL quali responsabili dell'evento catastrofico.

chiesetta di PiragoDue giorni più tardi il presidente dell'ENEL, l'avvocato Vitantonio Di Cagno, si sarebbe dovuto presentare, perchè citato dal Comune di Longarone, davanti al giudice istruttore del tribunale di Belluno, Mario Fabbri, ma si presenta invece al suo posto il procuratore speciale, avvocato Giovanni Pavanini di Venezia, suo patrono. In quella sede l'avvocato Scanferla, patrocinatore del sindaco di Longarone Giampietro Protti, chiede inoltre la citazione quali responsabili civili del ministro dei Lavori Pubblici onorevole Giacomo Mancini, e dell'amministratore provvisorio dell'ENEL Feliciano Benvenuti; l'istanza è accolta dal dottor Fabbri.

Di Cagno, quale rappresentante dell'ENEL, deve rispondere in riferimento alle responsabilità civili in conseguenza del disastro ed è quindi chiamato a risarcire i danni patrimoniali e morali di tale evento. Come si legge da un articolo del «Gazzettino» del 27 dicembre 1966:

"[...] Il Consorzio ha chiesto tredici miliardi complessivi all'ENEL (sette per le persone, e sei per le cose) ma finora non ha trovato una base di accordo anche se l'Ente elettrico si è avvicinato a tale cifra (si parla di dieci miliardi). Finora, le perizie consegnate al magistrato inquirente sono quella d'ufficio chiesta dal giudice istruttore e, tra le altre, quella di parte presentata dal Comune di Longarone. Il dott. Fabbri inoltre ha chiesto la superperizia, che dovrà essere presentata tra qualche mese. In attesa della conclusione del procedimento penale, quello civile - che era stato aperto quasi contemporaneamente al primo - è stato sospeso. Con quella causa civile il comune di Longarone chiedeva all'ENEL-SADE un risarcimento di cinque miliardi."

Le cose procedono con un'accelerazione improvvisa e in una direzione che certamente non fa piacere nè alla SADE, che nel frattempo si è oscurata, nè all'ENEL, il nuovo proprietario di quell'impianto tanto all'avanguardia quanto inutilizzabile e scomodo. Qualcuno poi ipotizza anche che vi possa essere, da parte dell'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica, un tentativo di far sì che l'intera vicenda si concluda in un nulla di fatto, visto che più di tre anni sono trascorsi da quel tragico 9 ottobre e che i reati di omicidio colposo si estinguono dopo sette anni e mezzo. Basterebbe allora giungere al 9 aprile del 1971 senza che il processo fosse celebrato, per veder cadere tutte le accuse a carico dei responsabili e questo sarebbe, come commenta «L'Unità»: [...] sarebbe una tragedia per la giustizia italiana se la morte di duemila innocenti restasse senza giudizio, senza una sentenza.

In un quadro così movimentato e confuso, l'INCA e la CdL di Belluno sono molto preoccupati di come si mettono le cose, soprattutto per le voci insistenti che, da più parti, spingono verso la transazione con l'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica; invitano infatti il direttore dell'INCA nazionale a considerare la reale possibilità di convocare a Roma, o ancor meglio a Belluno, una riunione dei rappresentanti della CGIL e dell'INCA per valutare la situazione e concordare eventuali azioni atte a stabilire una ferma posizione sulla possibilità di transazione da parte dei superstiti, che frantumerebbe la costituzione di parte civile. Arrivati al mese di maggio appare tutto piu' chiaro.
Spiega un articolo apparso sul «Gazzettino» di domenica 28:

L'assemblea dei sinistrati del Vajont che un anno fa si costituirono in consorzio, ha approvato all'unanimità la relazione del consiglio direttivo presentata oggi dal presidente dott. Protti, nella quale si rendeva noto che, dopo una lunga ed assai difficile trattativa, si era giunti ad una determinazione da parte dell'ENEL di compiere un atto completo di risarcimento, mettendo a disposizione del consorzio dieci miliardi da distribuirsi agli aventi diritto.

L'assemblea si è aperta alle 17 nella sala del municipio di Longarone, presenti oltre 400 dei 710 sinistrati che hanno aderito al consorzio. Il dott. Protti ha anche detto, polemizzando con coloro che hanno frapposto ostacoli all'attività del consorzio, che non è possibile imporre il rifiuto del risarcimento a chi ha bisogno, come non si può imporre il risarcimento a chi intende proseguire nell'azione processuale.[...].
Non occorre nemmeno ripetere che ciascuno sarà libero di accettare l'offerta che gli potrà venire proposta. Quanto al rumore che si vuole incomprensibilmente determinare sull'episodio, osserviamo che il gesto dell'ENEL altro non è che una proposta risarcitoria, sia pure tardiva, che l'Ente, quale custode del bacino all'atto della catastrofe e chiamato in causa come responsabile civile, ha inteso fare per una elementare esigenza umana, esigenza non condivisa dalla SADE.

Si può facilmente intuire come, leggendo tali affermazioni, il segretario camerale, Eliseo Dal Pont, intraveda la minaccia di una soluzione della vicenda ben diversa da quella prospettata dal sindacato che tanto si è battuto affinchè la giustizia prevalesse.
La Segreteria provinciale si lamenta anche di un articolo - apparso sul quotidiano «L'Unità» del 26 maggio - che a parer suo non facilita il compito di creare e mantenere un fronte unito contro i responsabili del disastro - nel quale si afferma che:
"[...]. Se la nostra ammirazione e la nostra solidarietà va agli Arduini, ai Santin, al sindaco dl Erto, a quantl non si piegheranno alla transazione, non per questo ci sentiamo di poter condannare coloro che la transazione riterranno di dover accogliere. Semmai ciò ribadisce ancor di più le responsabilità del governo, delle forze politiche dirigenti che dovevano provvedere alla ricostruzione e alla ripresa della vita economica della comunità longaronese."

Anche per questo la CGIL e l'INCA prospettano l'opportunità di costituire un collegio di difesa tra tutti quegli avvocati che non condividono la via della transazione, affinchè si venga in aiuto di quanti non intendano recedere dalla costituzione di parte civile e di coloro che vogliano nel frattempo aderire ad essa. In questo senso la Camera del Lavoro è sostenuta anche da una parte dei superstiti che, immediatamente dopo l'assemblea del Consorzio dei sinistrati, fanno sentire la loro protesta: sui muri delle abitazioni di Longarone si leggono scritte di condanna contro i legali e il sindaco di Longarone, responsabili, a parer loro, della trattativa con l'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica.
I TESTIMONI RACCONTANO:
MARIO MUNARO

Alcuni anni dopo la tragedia, con l'avvicinarsi della data del processo, iniziarono i tentativi dell'ENEL, attraverso un risarcimento in denaro offerto ai superstiti, di bloccare con una forte pressione il fronte della costituzione di parte civile e di conseguenza l'intero procedimento. La CGIL in merito alla transazione ebbe una posizione dichiaratamente contraria a questa soluzione.

Alcuni aderirono alla proposta dell'ENEL, accettando questo denaro, poi con l'avvicinarsi del processo ci fu ancora qualcuno che, incerto sull'esito dello stesso, preferì transare. Furono comunque abbastanza coloro che non accettarono l'offerta dell'ENEL e che preferirono mantenere la posizione indicata da sempre dalla CGIL, presentandosi quindi presso il tribunale dell'Aquila come parte civile.

La protesta contro la transazione e laconvinta difesa della necessità della costituzione di parte civile, la più numerosa possibile, vengono evidenziate da un gruppo di superstiti sul mensile diretto da Tina Merlin, «Cadore Democratico».
Intanto alla Camera dei deputati, gli onorevoli Busetto, Ingrao, Laconi, Lizzero e Vianello presentano al ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato un'interrogazione dai toni molto duri in merito alla questione che ha infiammato gli animi, vale a dire la transazione proposta dall'ENEL ed accolta da una parte dei disastrati.

In quella sede i parlamentari chiedono di sapere, tra le altre cose, se è ammissibile che l'ENEL, che gestisce i denari pubblici, possa farsi carico in modo completo di responsabilità che gravano in misura preponderante sulle spalle di un'impresa privata come la SADE, oggi divenuta "Montedison".
Il giudice istruttore Mario Fabbri intanto si trova innanzi al problema di reperire perizie che non siano insufficienti o tendenziose e periti neutrali e imparziali rispetto agli interessi in gioco. Non si arrende alle difficoltà e, trovati i tecnici qualificati, riesce ad ottenere gli elementi probatori per una impostazione del processo rispondente a verità e per l'accertamento delle responsabilità dell'accaduto.
Dopo il deposito della superperizia collegiale, il cui esperimento giudiziale viene effettuato a Nancy (Francia), e dopo che l'Avvocatura generale dello Stato ha dato parere favorevole per una transazione tra l'ENEL e i sinistrati del Vajont, nella CGIL, nell'INCA e in tutti coloro che sostengono che transare equivale ad indebolire la posizione accusatoria nel processo penale contro i responsabili del disastro, si rafforza la convinzione che bisogna fare molto in fretta e soprattutto rafforzare in modo sensibile la posizione delle parti civili.

L'Italia intera è in ferie, ma non la CGIL, che con l'INCA, gli avvocati di parte civile e i sindaci dei comuni distrutti dalla sciagura, il 5 agosto si ritrova presso la sede della Camera del Lavoro di Belluno per discutere la possibilità di costituire una difesa unitaria delle parti civili in modo da imprimere maggiore forza di opposizione contro le responsabilità della Societa Adriatica di Elettricità e dell'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica. In questa sede, gli intervenuti condividono la necessità di costituire un Comitato per l'assistenza legale alle vittime del disastro che, attraverso sottoscrizioni pubbliche e altre iniziative, abbia il compito di trovare i fondi utili a sostenere le spese processuali. In questa prospettiva lo stato d'animo all'interno del «gruppo dei contrari alla transazione» cambia totalmente: ritorna la fiducia, si percepisce che tra la popolazione vi è ancora voglia di giustizia, e l'obiettivo di giungere al processo con un numero discreto di parti civili si fa ora sempre più raggiungibile.

Dunque la CGIL e l'INCA non mollano.
Negli ultimi anni hanno svolto un lavoro durissimo, elaborando progetti, svolgendo le pratiche burocratiche, assistendo la popolazione e sostenendola moralmente, preparando la costituzione di parte civile: cedere ora vorrebbe dire tradire quanti per anni hanno creduto nella condanna dei colpevoli e nel risarcimento prima morale e poi materiale, nella ricostruzione dei paesi e delle attività produttive che ridiano speranza e serenità a chi non ne ha più da quel tragico 9 ottobre.
I TESTIMONI RACCONTANO:
GIACOMO DE BETTIO

Ci furono molte persone che accettarono la proposta di risarcimento da parte dell'ENEL, ed altri che resistettero, tantte vero che alcuni di loro tuttora non hanno ricevuto alcun risarcimento del danno morale e materiale subito.
La CGIL rimase ferma al principio che nessuno avrebbe dovuto accettare la proposta delI'ENEL, purtroppo vi furono delle persone che per motivi di sopravvivenza dovettero accettare tale proposta. [Foto 1] - [Foto 2]

Continuano comunque le interrogazioni parlamentari, da parte degli onorevoli Busetto e Lizzero, che il 10 ottobre, giusto a quattro anni di distanza, chiedono al ministro interessato di:

[...] richiamare con la dovuta fermezza l'Ente elettrico a desistere dal compiere atti che hanno smarrito il loro iniziale carattere solidaristico per tendere, in definitiva, con il denaro della collettività, allo scopo di coprire le responsabilità primarie, in ordine della tragedia del Vajont, della SADE consegnataria all'ENEL, poco prima della catastrofe, dell'impianto del Vajont gravemente tarato non classificabile bene elettrico soggetto alla nazionalizzazione come ebbe a constatare lo stesso Presidente dell'ENEL avv. Di Cagno al Presidente della SADE, signor Cini, immediatamente dopo l'evento catastrofico, tant'è che il giudice, mentre è in corso l'istruttoria penale a carico di dirigenti dell'ENEL e di funzionari della pubblica amministrazione, ha recentemente incriminato penalmente tre rappresentanti della SADE ed ha citato come responsabile civile la stessa SADE nella persona del Presidente della Societa Montecatini-Edison ing. Valerio [...]

Il 23 di novembre il Pubblico Ministero, dottor Mandarino, richiede il rinvio a giudizio di tutti gli imputati nel caso Vajont e conferma quali responsabili civili l'ENEL, il ministro dei Lavori Pubblici e la SADE. A questo punto tutti i protagonisti della vicenda avvertono che il processo Vajont non è più molto distante, lo avvertono la CGIL e L'INCA che hanno interesse a spingere sull'acceleratore, lo avverte anche L'ENEL il cui interesse è ovviamente opposto.

In questo clima, mentre si sollevano da più parti richieste sempre più insistenti di vedere i responsabili della strage del Vajont sul banco degli imputati, il "Consorzio fra i danneggiati" accetta la transazione proposta dall'ENEL.
Ciò accade il 5 dicembre a Roma, dove il presidente del Consorzio, l'avvocato Alberto Scanferla, subentrato al dimissionario Giampietro Protti, e il presidente dell'ENEL, l'avvocato Antonio Di Cagno, suggellano con le loro firme l'avvenuto accordo (nelle pagine seguenti).

Dopo mesi di trattative tra le parti si conviene che l'ENEL mette a disposizione dei danneggiati la somma di 10 miliardi, che verrà ripartita in ragione dei danni subiti da ciascuno di essi, anche se estranei dal Consorzio medesimo, attraverso un piano approvato dallo stesso ente statale.
I TESTIMONI RACCONTANO:
MARIO BETTOLI

Dirò soltanto una cosa che riguarda il tentativo dell'ENEL, appena subentrato alla SADE di coprire le responsabilita di quest'ultima sapendo che tali responsabilita sarebbero ricadute su se stesso. Ci mantenemmo sempre sulla posizione di non accettare alcuna transazione perchè portata avanti nell'interesse dei responsabili.

Da parte sua il Consorzio si impegna a rimborsare, con quella somma, le spese per i giudizi già in corso e ad evitare ulteriori costituzioni di parte civile nei confronti dell'ente elettrico. Rivedendo anche, in tal caso, le precedenti prese di posizione proprie e dei comuni interessati. L'atto però, che porta la data del giorno precedente, avrà effetto soltanto nel caso in cui venga approvato da un numero di danneggiati tale da raggiungere i 9/10 dell'importo globale stabilito nel piano di ripartizione. Altre sono le clausole incluse nell'accordo, che dovrà andare ad effetto entro il 31 di marzo dell'anno seguente e che, per decisione delle parti, farà cadere ogni pretesa o pendenza tra l'ente e i sinistrati del Vajont.

A questo punto, dopo che i quotidiani, pur con ritardo, hanno dato la notizia dell'avvenuta convenzione, si scatena l'ira di tutti coloro che vedono in questa operazione una manovra, da tempo preparata, tesa a chiudere al più presto la questione e a nascondere le diverse responsabilità dei soggetti coinvolti nel disastro che ha distrutto interi paesi e ha provocato la morte di quasi 2000 persone.
I TESTIMONI RACCONTANO:
GIORGIO GRANZOTTO

L'unico rapporto che io ho avuto con la transazione è un rapporto politico, infatti uno degli esponenti del consorzio dei danneggiati che trattava con l'ENEL la transazione era l'avv. Manlio Losso, iscritto al PSIUP, di cui io ero segretario.

Vi era allora una forte pressione in quanto la maggioranza dei superstiti voleva ottenere il risarcimento dei danni non tanto materiali, perchè quelli materiali in fin dei conti erano risarciti dallo Stato, ma dei danni non coperti dalle leggi statali, e che prevedevano la ricostruzione e i danni morali. Alcuni superstiti resistettero fino in fondo, non transando e andando avanti come parti civili nel processo.

Vi fu, dicevo, questa marcata pressione per cui il "Consorzio dei danneggiati" ad un certo punto cedette e firmò la transazione con l'ENEL che fu sottoscritta personalmente anche dall'avvocato Losso.
Noi come PSIUP ritenemmo che non si dovesse firmare la transazione, che questa fosse una mossa politica di ulteriore sopraffazione nei riguardi delle genti del Vajont. In una riunione del direttivo, il partito, presente l'onorevole Luzzato, membro della direzione, decise l'espulsione dell'avvocato Manlio Losso, il quale peraltro mantenne personalmente fino alla fine del processo la costituzione di parte civile per la perdita del padre.

La CGIL, per quel che ricordo, prese una posizione decisa ma non oltre un certo limite in quanto la gente, di fronte alla franchezza con cui si prospettò la situazione dal punto di vista legale, vale a dire che si sarebbe andati avanti per anni nell'iter processuale come poi accadde, preferì transare, anche se questo indebolì le posizioni processuali di accusa.
Transare significò uscire dalla parte civile e quindi dal processo, non sostenendo più le posizioni della parte civile che erano di accusa nei confronti di ENEL e SADE. Questo influì indubbiamente sulla sentenza di primo grado del tribunale dell'Aquila, che assolse - praticamente - i responsabili.

Persino l'avvocato Giorgio Tosi, componente del Consiglio direttivo del Consorzio fra i danneggiati del Vajont, presente alla discussione del testo di accordo transattivo ma non alla firma, dimostra apertamente tutta la sua contrarietà. Proprio a questo proposito è possibile apprendere dalle pagine del quotidiano «L'Unità» che:

[...] l'avv. Tosi denuncia la «gravissima scorrettezza» compiuta e accusa apertamente di falso il verbale del 5 dicembre: «La notizia dell'avvenuta firma della convenzione proviene dall'ENEL.
È dell'ENEL la fotocopia firmata del documento di cui abbiamo potuto prendere visione.
Ebbene, esso rappresenta qualcosa di mostruoso. Pretende infatti che quanti accettano la transazione firmino una dichiarazione di «integrale tacitazione e pedissequa dichiarazione di rinuncia all'eventuale costituzione di parte civile, alle eventuali azioni civili già intraprese e, in ogni caso, ad ogni pretesa di risarcimento
». [...].
La ripartizione dei 10 miliardi, stanziati dall'ENEL, riguarda «tutti» i danneggiati della catastrofe del Vajont, aderenti o meno al consorzio. Essi dovranno essere avvicinati ad uno ad uno, e invitati a dichiarare se aderiscono o meno alla transazione. Se, alla fine, si scoprirà che quanti aderiscono non coprono i nove decimi della somma stanziata, tutto crollerà.
Ma intanto, tutti quelli che avranno firmato (e potranno magari essere gli otto decimi) si saranno ritirati dalla parte civile! L'ENEL ha cioè in mano la possibilità di ottenere il ritiro 'volontario' della maggioranza della parte civile del processo senza poi dover neanche pagare i 10 miliardi che oggi offre come pegno del baratto!»

La CGIL e l'INCA, immediatamente riunitisi, assieme ad alcuni parlamentari veneti, ai segretari camerali di Pordenone e Belluno e ad un gruppo di avvocati di parte civile, discutono della situazione creatasi dopo l'accordo di transazione per esaminare le linee da seguire per il prosieguo del procedimento giudiziario. In quella sede viene ribadito ancora una volta che verrà assicurata, a coloro che si sono già costituiti parte civile e a coloro che intendono farlo, tutta l'assistenza legale necessaria e che il Collegio Unitario, prospettato nella riunione di agosto dello stesso anno, a questo punto si rende indispensabile.

I fatti si susseguono con una tale velocità da rimanere storditi: infatti il 13 dicembre si riunisce il Consiglio Direttivo del Consorzio fra i danneggiati della catastrofe del Vajont per discutere di ciò che è accaduto a Roma pochi giorni prima. L'avvocato Tosi che, come abbiamo visto, è decisamente contrario per ragioni di principio e tecniche alla transazione firmata il 5 dicembre, sollecita caldamente i presenti a riflettere sulle gravi responsabilità che essi si assumono se decideranno di ratificare il documento in questione.
Il tentativo estremo dell'avvocato patavino non sortisce alcun risultato e la convenzione con l'Ente Elettrico viene ratificata da tutti gli altri membri del Consiglio.

CGIL CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL LAVORO

INCA ISTITUTO NAZIONALE CONFEDERALE DI ASSISTENZA

A quattro anni dalla tragedia del Vajont, la giustizia sta chiamando i responsabili del disastro a rendere conto del loro operato; il processo si celebrerà, probabilmente, nel prossimo marzo.

L'ENEL, nell'avviare la transazione con il Consorzio dei Superstiti, ha aperto un conto di 10 miliardi per liquidare i danni e con essi la costituzione delle parti civili.

«La transazione avrà luogo a condizione che ad essa aderiscano danneggiati in misura da raggiungere i nove decimi dell'importo globale, risultante dal piano di ripartizione», perciò rinunciando ad avere giustizia, ritirando la costituzione di parte civile, sulla base di una semplice promessa di liquidazione del danno subito.

La CGIL denuncia la grave posizione dell'ENEL che in questo modo copre le responsabilità dell'ex SADE, oggi Montecatini Edison, ed invita i superstiti a rifiutare il baratto.

La CGIL e l'INCA confermano la loro posizione di appoggio e di assistenza legale ai familiari delle Vittime costituiti parte civile o che intendano farlo per accertare le responsabilità, ottenere la condanna di tutti i responsabili ed il risarcimento dei danni morali e materiali e li invitano a rivolgersi, per questo, alle Camere del Lavoro e INCA provinciali di Belluno e Pordenone.

La CGIL e l'INCA adoperandosi per la costituzione di un Collegio Unitario di Difesa dei familiari delle vittime, invitano gli avvocati che dispongono di procure ad aderirvi per portare avanti l'azione legale sino alla condanna dei responsabili.

Roma 14 dicembre 1967

La Segreteria della CGIL - La Presidenza dell'INCA

I contrari alla transazione hanno timidamente sperato in un ribaltamento della situazione, ma ciò non accade e quindi la Segreteria della CGIL e la Presidenza dell'INCA si trovano costrette a fare una campagna di informazione capillare, affiggendo in tutta la zona circa 400 manifesti (nel box sopra, n.d.r.), affinchè i danneggiati possano decidere liberamente se transare o, come invece ci si augura, costituirsi uniti in parte civile al processo contro i responsabili.

Si vanno evidenziando nel frattempo altre situazioni poco chiare o che comunque pongono interrogativi su tutta quanta la vicenda, come ad esempio le rivelazioni apparse sul quotidiano «L'Unità» del 13 dicembre e riprese poi in un successivo articolo del 19 dicembre, dove in apertura si legge:

"Il comune di Longarone ha speso, nel giro di un paio di anni, oltre 106 milioni per «spese legali» relative al procedimento istruttorio per la catastrofe del Vajont: ma non ha svolto in realtà nessuna attività processuale. Si è limitato, al più, a finanziare le spese legali di un privato. Nel caso specifico: il sindaco".

La notte del VajontLa CGIL e l'INCA in un comunicato stampa inviato alle redazioni dei giornali, mantengono la posizione più volte ribadita e dichiarano che questa:
[...] Scaturisce dalla convinzione che non può essere sollevato alcuno dalle proprie responsabilità civili e penali - tanto meno la SADE - sulla base di una semplice 'promessa di indennizzo'. È immorale proporre di dimenticare che oltre duemila persone hanno perso la vita per l'operato della SADE, che ora la giustizia sta chiamando alla resa dei conti, poichè un simile atteggiamento significherebbe lasciare la possibilità a chicchessia per il futuro di agire allo stesso modo, solo che realizzi il proprio profitto.

Il clima si fa molto pesante: vi è in atto uno scontro politico durissimo fra le forze di centro e di destra, favorevoli alla transazione, e le forze di sinistra, ferme nella loro convinzione che la transazione sia soltanto un mezzo per disintegrare la costituzione di parte civile e mascherare quindi le reali responsabilità della SADE e dell'ENEL.

Tale scontro si consuma soprattutto sulle pagine dei giornali.
Un esempio evidentissimo, oltre a quelli già citati in precedenza, è un articolo del «Resto del Carlino» del 17 dicembre, contenente un attacco preciso all'operato della CGIL e dell'INCA e precisamente al comunicato stampa sopra citato.
Sono significativi alcuni passaggi:

"... In merito alla transazione e al consiglio del Consorzio, un quotidiano comunista con una serie di articoli ha sbavato veleno a non finire, ma la risposta è già stata fornita dagli interessati e non ci risulta che vi siano state smentite. Il comunicato stampa della Camera del Lavoro non metterebbe conto di un commento, tuttavia questo si rende necessario per disincantare quanti amano bere grosso.
Da quanto ci risulta, ogni atto prima di essere sottoposto all'approvazione dl un consenso, deve essere redatto e sottoscritto dalle parti in causa onde evitare sempre possibili recriminazioni o errate interpretazioni [...]. Inoltre in ogni causa penale quando vi è una costituzione di parte civile per indennizzi, ecc. è consuetudine vengano avanzate offerte per evitare la costituzione di parte civile. L'ENEL chiamato in giudizio quale responsabile civile ha fatto la sua offerta: i rappresentanti del Consorzio avevano il dovere di esaminarla e sottoporla ai loro rappresentati. È logico che chi accetta l'offerta non può costituirsi parte civile. In tal senso gli interessati si sono liberamente pronunciati. È stato detto e ribadito che la transazione riguarda solamente l'ENEL e non la SADE nei confronti della quale, secondo le risultanze del giudice penale potrà rivalersi l'ENEL, se lo vorrà (e questa decisione non interessa minimamente i sinistrati) [.. ].
Per quanto concerne le responsabilità, è la giustizia che si deve pronunciare in merito e il fatto che l'ENEL indennizzi il sinistro, non infirma quello che sarà il verdetto dei giudici.

0Le diverse posizioni sono chiarissime e la battaglia è accanita sia sul piano dei princìpii sia su quello della tutela dei diritti dei sinistrati.

Per questa piccolissima porzione di anno che rimane da raccontare prima di passare al 1968, in cui si svolgerà l'atteso processo, è utile riferire ulteriormente lo sforzo profuso dalla Camera Confederale del Lavoro di Belluno che, attraverso riunioni pubbliche, come quella indetta a Codissago il 19 dicembre, e per mezzo di una lettera ai familiari delle vittime del Vajont (alle pagine 92-93), unitamente ai compagni della Camera Confederale del Lavoro di Pordenone, informa la popolazione delle convinzioni del sindacato, non indietreggiando di un solo passo dalle posizioni prese fin dagli inizi di questa tristissima vicenda.

Leggi la scheda del libro da cui questo capitolo è stato tratto.

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