13 Agosto 1935: il disastro dimenticato di Molare (Al)


Vi voglio raccontare una storia.....

La vicenda si svolge nel Basso Piemonte al confine con la Liguria presso l'alta Valle Orba (che qualche secolo fa il Manzoni definì 'ombrosa'...). Il torrente Orba ha origine dalle vette delle Alpi Liguri (M. Beigua - M. Rama) che costituiscono lo spartiacque Ligure/Adriatico e dopo un percorso circa S-N si immette del fiume Bormida (affluente di destra del bacino del Tànaro). Per alcune decine di chilometri il torrente Orba percorre longitudinalmente il territorio del Comune di Molare (in prov. di Alessandria), dopo il quale la valle da stretta e localmente inforrata si allarga improvvisamente per poi, all'altezza di Ovada, percorrere le propaggini sud-occidentali della pianura padana alessandrina.

0La storia ha origine nei primi anni del '900. Più precisamente siamo nel 1906 quando la Società "Forze Idrauliche della Liguria" chiese alla Regia Prefettura di Alessandria una concessione per erigere uno sbarramento sul torrente Orba in Località Ortiglieto circa 6 km a sud (quindi 'a monte') dell'abitato di Molare secondo il progetto redatto dall'lng. Zunini.
Nel 1916 tale concessione venne revocata e la stessa Prefettura di Alessandria la girò alla Società "Officine Elettriche Genovesi" (d'ora in poi, O.E.G.) alle stesse condizioni fissate dall'lng. Zunini.
La concessione fu decretata in via d'urgenza poichè le O.E.G. avevano motivato la richiesta con la necessità "di ovviare all'enorme rincaro del carbone" e si erano impegnate all'effettuazione dell'opera "nel minore tempo possibile" (vi ricorda qualcosa?...). La diga principale fu costruita tra Bric Zerbino e il monte Saccone in corrispondenza di uno dei tanti meandri incassati che il torrente percorre verso valle. I lavori iniziarono nel 1923.

Le O.E.G., una volta ottenuta la concessione sulla base del progetto originale ...decisero di aumentare la capacità dell'opera: da un'erogazione iniziale prevista di 2.000 l/sec. di acqua si passò a 2.500 l/sec. con una potenza nominale di 24.000 Hp (contro gli iniziali 2.411 Hp previsti dal progetto Zunini come forza motrice). Tale incremento risultò possibile con un aumento dell'altezza dello sbarramento pari a 13 m (per complessivi 47 m) purtroppo mantenendo invariati gli altri parametri, ed in particolare spessore e curvatura. La capacità di scarico dell'opera [non ricalcolata!] era complessivamente di 885 mc/sec.

La centrale elettrica era posizionata circa 3 km a valle dello sbarramento: l'acqua dal lago vi veniva convogliata a mezzo di una galleria scavata nella roccia (lunghezza circa 2.750 m - diametro 3 m) in un pozzo piezometrico verticale (diametro 10±16 m; h = 43 m) posizionato sulla sommità di un rilievo dominante la centrale elettrica. Dal fondo di tale pozzo partiva la condotta forzata in acciaio (lunghezza 412,50 m - diametro 2,5 m) che doveva alimentare n° 4 turbine.

Nel 1925 le opere furono ultimate. Il nuovo "Lago di Ortiglieto", formatosi a monte delle dighe, si estendeva per circa 3 km.
Ebbene sì... avete letto correttamente: le dighe erano diventate due !!!!
L'incremento in altezza dello sbarramento (ossia l'alterazione del progetto originale) causò infatti un grosso problema: in un punto del perimetro del bacino (lateralmente alla diga, in sinistra orografica ed a una distanza di circa 500 m) là dove l'avvallamento di due crinali (uno era Bric Zerbino) formava una sella (Sella Zerbino), l'acqua sarebbe "traboccata" per riversarsi sempre nel torrente Orba in corrispondenza del meandro immediatamente a valle della diga.
Si provvide dunque alla costruzione di uno sbarramento secondario costituito da un muro di lunghezza massima sommitale di 110 m. ed altezza massima 14 m. Tale sbarramento fu progettato e costruito in modo molto sbrigativo e senza il supporto di adeguate indagini geologiche (quanto odio sentire sempre le stesse cose!!).

Si sbancarono e prepararono le spalle, e si gettarono direttamente le due pareti in cemento, mentre l'intercapedine tra queste fu riempita di materiali di recupero. Poichè il terreno su cui era stato eretto questo sbarramento presentava zone di permeabilità elevata, ben presto a bacino riempito si verificarono le prime infiltrazioni e perdite d'acqua, cui i tecnici delle O.E.G. fecero fronte (vanamente) mediante iniezioni supplementari di calcestruzzo. Sopra a questo sbarramento, le O.E.G. costruirono la strada di accesso alla diga, su cui fecero passare anche la linea telefonica che comunicava colla Centrale Elettrica di Molare [... e col resto del mondo].

Riassumendo, 2 dighe:

0•  DIGA PRINCIPALE, DI "BRIC ZERBINO":
- curvatura con raggio pari a 200 m.
- altezza massima sul livello di 'magra', circa 47 m.
- n° 12 scaricatori superficiali in cemento armato con portata complessiva di 500 mc/sec ad innesco automatico
- sfioratore di superficie a stramazzo in sponda destra (capacità 130 mc/sec )
- scaricatore di fondo e scaricatore semiprofondo (valvola a campana) con portata di 160 mc/sec.

•  DIGA SECONDARIA, DI "SELLA ZERBINO", posizionata "a fianco" (sul lato sinistro dell'invaso) a circa 500 m di distanza dalla diga principale, su una sella (basso morfologico).
- lunghezza massima 110 m.
- altezza massima 14 m.

A questo punto della storia è forse utile spendere due parole sul contesto geologico e morfologico dell'area dove sorgeva il lago di Ortiglieto (sarò molto breve per non annoiare). Questo settore delle Alpi Liguri è geologicamente molto differente dal Vajont. Le rocce che predominano non sono successioni calcaree bensì complessi metamorfici costituenti il Gruppo di Voltri. In parole molto povere trattasi di materiali provenienti da una crosta oceanica (e relative coperture sedimentarie) che era presente tra Africa ed Europa prima dell'orogenesi alpina. Il movimento convergente dei due continenti (Cretaceo-Eocene Inferiore), portò allo sprofondamento per alcuni chilometri di tale crosta. La successiva collisione continentale (Eocene medio) fece sì che tali materiali, profondamente modificati a causa delle elevatissime pressioni, vennero riesumati ("sputati in superficie") e successivamente dislocati dall'evoluzione orogenetica alpina (Eocene-Miocene). Le rocce sono quindi strutturate in modo molto complesso e le deformazioni che le caratterizzano sono prevalentemente fragili con un numero elevatissimo di faglie di diverso ordine, importanza ed orientamento.

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# Immagini #

 Queste immagini sono state cortesemente inviate da Vittorio Bonaria, che ringrazio.
Vittorio si definisce "... un geologo amante della Valle Orba e delle sue storie (alcune molto interessanti)".
L'INVASO DI ORTIGLIETO
  La carta riproduce (particolare) lo stato in essere nel 1930. Dalla strada per Fraz. Olbicella - che costeggia il lago - diparte la carrozzabile per Rossiglione che attraversa il torrente Orba in corrispondenza dei due sbarramenti.
Presso Loc. Cascina Castellonceto - pochi metri a valle della Diga secondaria - si ebbero le prime vittime "ufficiali".
  Qui la topografia estesa dell'area tra Molare e Ortiglieto (184 Kb).


La Diga Principale

  Cartolina d'epoca.
In primo piano la diga e la casetta del custode. Dietro il versante di Bric Zerbino (raffigurato in primo piano sulla parte di destra della cartolina) si trovava la diga secondaria di Sella Zerbino.


  Lato a valle della Diga Principale (da "L'Energia Elettrica")


  Lato a monte - nella fase di inizio invaso - della Diga Principale (da "L'Energia Elettrica")


La Diga Secondaria

  Lato a valle della Diga Secondaria (da "L'Energia Elettrica")


LA CENTRALE ELETTRICA
(PRIMA, DURANTE E DOPO)

  A) - Così si presentava la centrale elettrica che era posizionata alcuni chilometri a valle dell'invaso. Da questo partiva la galleria che alimentava il pozzo piezometrico che si intravvede in alto a sinistra nella fotografia. Dal pozzo parte la condotta forzata che entra nell'edificio (da "L'Energia Elettrica")

  B) - La centrale investita dalle acque.
La nuvola d'acqua è generata dalla condotta che scaricava sulle macerie (tratta dalla rivista francese "Illustration" ed inserita nel libro "Molare - Gli Anni Lontani" di Ing. P. Albertelli e M. Gasparini)

  C) - I resti della centrale elettrica dopo il disastro. In primo piano, il tratto terminale della condotta forzata e le 4 turbine (da "Molare - Gli Anni Lontani" di Ing. P. Albertelli e M. Gasparini)


GLI EFFETTI

  Località Ghiaie.
In secondo piano, il Ponte di Molare (da "Molare - Gli Anni Lontani" di Ing. P. Albertelli e M. Gasparini)

  Il Ponte di Molare.
Sono evidenti (a tutt'oggi) gli effetti dell'erosione delle acque sulle pareti arenacee di altezza pari a circa 18 m. (da "Lungo la valle dell'Orba fino al crollo della diga di Molare" di G. De Luigi).


LA PIENA

  Spettacolare panoramica dall'abitato di Molare dell'ondata di piena che travolge completamente il ponte, posizionato in corrispondenza del "rigurgito" delle acque (da "Molare - Gli Anni Lontani" di Ing. P. Albertelli e M. Gasparini)


  Vai alle altre foto disponibili
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  11/11/04: aggiornamento
  Risvolti giuridici.

Dal punto di vista naturalistico invece, se qualcuno volesse visitare l'alta Valle Orba vedrebbe ampi settori boscati (castagni, roverelle, ecc..) con subordinate zone a prato stabile. Nella prima metà del '900 tali settori erano connotati da un'intensa attività agricola e vinicola, procedendo verso valle. La costruzione della diga diede per pochi anni lavoro a molte persone del luogo; in particolare fu molto complessa seppur spedita la realizzazione della galleria che dal lago portava l'acqua alle turbine della centrale elettrica; sono ancora visibili le discariche di materiale lapideo estratto degli scavi.
La maggioranza dei residenti - in numero decisamente superiore all'attuale - erano comunque contadini e nell'estate del 1935 erano molto preoccupati dalla siccità che stava compromettendo i raccolti e l'allevamento. Tale crisi idrica costrinse la Direzione Aziendale delle O.E.G. a programmare un drastico taglio della produzione elettrica (ma di "drastico taglio" non se ne potrà mai parlare...).
L'alba del 13 Agosto 1935 è tersa e calda. I contadini si accingono ad andare sui polverosi campi.
Alle 6.30 un lontano boato spezza la monotonia degli ultimi mesi. Un tuono!...
Dalle nostre parti, le perturbazioni arrivano dalle Alpi Liguri (io mi ostino a chiamare così i monti che separano in questo tratto Liguria e Piemonte perchè così mi hanno insegnato in Università... ma per tutti sono 'Appennini'...).
Chi si voltò verso Sud vide un enorme perturbazione di colore scurissimo che puntava spedita verso Molare ed Ovada. In Località Ortiglieto aveva già iniziato a piovere. "Finalmente... Dopo tanti mesi di siccità...", pensarono tutti...
Alle 7.30 si abbattè su Molare e Ovada un vero e proprio nubifragio. Adesso un po' di cifre:

•  (da "EVENTI ALLUVIONALI E FRANE NEL BACINO DELLA BORMIDA, STUDIO RETROSPETTIVO" di D. Tropeano - Ed. Ass. Min. Subalpina, 1989):
<<... Nel Bacino dell'Orba cadono 364 mm di pioggia in meno di 8 ore. A (Loc.) Lavagnina la precipitazione è di 554 mm (182 in 2 ore), superando «tutti gli analoghi eventi... nell'Europa... da oltre due secoli»>>.

•  (da dati disponibili di stazioni pluviometriche limitrofe):
- Loc. Pianpaludo (Comune di Tiglieto, Alta Valle Orba): 453 mm
- Masone (Alta Valle Stura, contigua alla Valle Orba): 377 mm

L'evento portò - nell'arco di meno di 24 ore - una precipitazione pari a quasi il 30% delle precipitazioni medie annue. Per dare un'idea della portata dell'evento, basti immaginare che piovvero più di 15 metri cubi al secondo ogni kmq. La pioggia diviene deflusso all'interno del Torrente Orba. Ancora un po' di cifre. Le portate di piena dei corsi d'acqua si calcolano in base ai 'tempi di ritorno'.
Faccio un esempio: il torrente Orba all'altezza di Molare ha portate di piena pari a circa 1500 mc/sec per tempi di ritorno pari a 500 anni. In parole povere vuol dire che, in 500 anni, almeno una volta si avrà una tale portata (la portata per un Tempo di ritorno = 500 anni è detta 'Portata di piena catastrofica'!). Una portata di piena "normale" per il torrente Orba, ogni 50 anni, ha portate di circa 1000 mc/sec (la relazione tempo-portate non è lineare).
È stata calcolata la portata di deflusso del 1935 all'altezza della diga (cioè 5 km a monte di Molare e quindi senza l'apporto di 2 rii abbastanza rilevanti): risulta compresa tra 2200 - 2300 mc/sec! Statisticamente, un evento di tale "portata" ha tempi di ritorno di ± 1000 anni! La diga di Bric Zerbino aveva una capacità di scarico complessiva 'A PROGETTO' compresa tra 800±900 mc/sec.

Dico 'a progetto', perchè durante la fatidica mattinata alcuni dei 12 'scaricatori' e lo 'scarico di alleggerimento' pare non funzionassero. È stato successivamente ipotizzato che la causa di tale disfunzionamento fosse imputabile all'incremento dell'altezza della diga. Col conseguente, esponenziale aumento delle pressioni idrauliche sulle guide delle chiuse.
Intorno alle 13.00, il guardiano della diga comunicava alla sede operativa di Ovada la criticità della situazione con il rischio crescente di tracimazione (cosa che avrebbe portato al crollo di una simile diga). Dopo alcune ulteriori concitate comunicazioni, la linea telefonica (ricordate?) a un tratto cadde...

Molte volte mi capita di discutere con persone anziane a proposito di alluvioni (oramai sono all'ordine dell'anno). Mi sento sempre dire che l'acqua è la peggiore di tutte: almeno il fuoco può essere spento, ma all'acqua non si comanda. La storia del disastro di Molare ha alcune analogie con il Vajont. In primis, l'acqua.
Essa è infida ed intelligente, dona vita e morte. Io penso che l'acqua del 1935 fosse un'antenata dell'acqua del 1963. In quest'ultimo caso vista l'impossibilità di sfondare la diga, pensò di saltarci oltre. Nel 1935, a Molare, scelse invece di aggirarla!
Alle 13.15 del 13 Agosto 1935 mi immagino il guardiano (il Sig. De Guz, che sarebbe morto molti anni dopo) sul tetto del fabbricato attiguo alla diga con la cornetta del telefono ormai muto in mano (questo accadde sul serio) ad osservare preoccupato il livello montante dell'acqua sulla diga: "Ma... come???... ma... sembra che si stia abbassando!!!". La Diga Secondaria di Sella Zerbino aveva ceduto di schianto, o meglio: l'intera sella aveva ceduto!

Per molti anni si pensò che la tracimazione dell'acqua al di sopra della diga secondaria avesse portato all'erosione della sella e allo 'scalzamento al piede' della diga secondaria. Negli anni '80 si riuscì a produrre un modello più convincente, grazie agli studi di geologia strutturale dell'Università di Genova sul Gruppo di Voltri.
La tracimazione dalla diga secondaria sicuramente determinò lo scalzamento della stessa, ma non di certo lo "sradicamento" di una sella di altezza pari a circa 25 metri e l'ulteriore approfondimento dell'alveo fluviale di circa 15 mt. Ciò ebbe come causa la presenza di rocce molto scistose che a contatto con l'acqua divenivano saponose. Tra queste, un orizzonte anfibolitico era (ed è) strutturalmente posizionato parallelamente alla spinta idrostatica dell'acqua. Quest'orizzonte, attualmente ben visibile nel settore "amputato", costituì il vero e proprio binario di scivolamento di tutta la sella.
In parole - molto povere - il fenomeno viene definito "Taglio di meandro fluviale"...

(La tradizione vuole che proprio negli istanti precedenti al cedimento di Sella Zerbino, sulla strada che percorreva il coronamento della Diga Secondaria "transitassero un vecchio uomo, un bambino ed un mulo".
Non so proprio chi li vide, di certo non furono mai conteggiati tra le vittime... )
È stato come togliere il tappo a un lavandino contenente circa 18 milioni di metri cubi d'acqua.
Questa non dovette fare molta strada per mietere le prime due vittime. Frontalmente alla Sella Zerbino, ma in sponda opposta e circa 300 metri a valle, era infatti posizionato (a circa 50 metri di quota sull'alveo fluviale) un ostello. I proprietari scapparono risalendo il versante (così raccontò il Poldo, morto circa 60 anni dopo) ma a nulla valsero le insistenze nei confronti di due turisti o viandanti forestieri appena arrivati a riposarsi dal viaggio: essi continuarono a dormire... per molto tempo. L'ostello fu "asportato", cancellato.
La massa d'acqua procedette verso valle sino a raggiungere la centrale elettrica posizionata sul greto del fiume. Molte foto scattate il giorno successivo mostrano le poche rovine che resistettero alla furia dell'acqua; le quattro grandi turbine di ghisa invece rimasero ancorate alla roccia.
Altre foto, scattate alcune ore dopo, mostrano una specie di geyser alto circa 30 mt costituito da una nube generata dalla condotta forzata che ormai scaricava l'acqua residua sul cadavere della centrale. Tale fenomeno durò circa 24 ore e fu visibile a distanza di svariati chilometri. Nelle vicinanze della centrale perì il padre del custode della sottostante diga di compensazione che, con un amico, andò a controllare se il figlio e famiglia fossero in pericolo.
Dal momento del "taglio di meandro", l'ondata ci mise poco meno di 15 minuti prima di arrivare a Molare e nel suo cammino asportò due dighe di compensazione (le cui rovine sono ancora visibili).
L'abitato di Molare è ubicato al di sopra di un terrazzo alluvionale di altezza variabile da 20 a 35 mt sul livello dell'alveo e non fu quindi interessato direttamente dall'ondata. Gli abitanti (tra cui mio nonno, che aveva 14 anni) andarono in Loc. Vignaccia, sovrastante il paese, per osservare l'inattesa piena del torrente Orba. Potremmo immaginare la loro faccia quando videro il "ponte di Molare" (della SS. N. 456 "del Turchino") venire inghiottito da un'ondata gigantesca. Del ponte, alto 18 mt e lungo 120 mt circa, rimasero i piloni ed alcuni brandelli di arcate. Fu ricostruito nel 1938.
Tra gli spettatori sgomenti doveva essercene uno con una macchina fotografica, poichè un mio amico e collezionista di foto è molto orgoglioso e geloso dello scatto in cui si vede il ponte sovrastato dalle acque. Purtroppo invece non esiste una ripresa degli ultimi istanti di vita del ponte ferroviario. Anch'esso, alto poco meno di 20 mt e lungo circa 150, fu asportato. I testimoni dissero che la sua struttura in ferro venne sottratta ai piloni e, come un tronco d'albero, rotolò via sopra le acque. Non fu mai più ritrovato, ed il treno locale Genova-Acqui Terme mancò all'appuntamento col destino per casuali 8 minuti di anticipo. Tra i due ponti distrutti, venne raso al suolo anche il mulino di Molare.
Una curiosità che voglio narrarvi è una testimonianza di molti Molaresi spettatori dell'ondata nefasta: in molti, infatti, sostennero di avere distintamente visto la Sella Zerbino con tanto di rovine della Diga Secondaria transitare nel torrente all'altezza di Molare. Ve la tramando così come mi è stato raccontato.
Ritornando all'ondata, essa lasciò il territorio di Molare con all'attivo 3 morti (non sono proprio sicuro sul numero esatto).
L'abitato di Ovada è posizionato a circa 3,5 km a NE di Molare. Tra i due, varie località come Ghiaia, Rebba, Carlovini Monteggio, posizionate tra i 10 ed i 15-20 mt sul livello dell'Orba furono distrutte dalle acque. Numerose testimonianze narrano di persone rifugiatesi sui tetti che venivano strappate via dai flutti. Una di esse venne ritrovata nuda (e viva) sopra a un albero circa 1,5 km più a valle. Era la nonna di un mio conoscente.
Altri perirono, ed altri riuscirono per un soffio a mettersi in salvo scappando sulle colline: fu il caso del compianto Sig. De Luigi, che 64 anni dopo avrebbe pubblicato un piccolo libro narrante la sua avventura. L'apoteosi finale stava per compiersi. L'ondata distrusse al passaggio altri due ponti.
La cittadina di Ovada, come Molare, sorge su un terrazzamento sopraelevato rispetto al fiume. Ma, al contrario del mio paese, alcune contrade erano posizionate poco sopra l'alveo: un'intera borgata (il Borgo di Ovada) venne completamente travolta. Per la maggior parte si trattava di abitazioni di contadini che, a causa delle avverse condizioni atmosferiche, non erano andati nei campi: perirono in 65. La furia dell'Orba fu talmente poderosa che giunto alla confluenza col torrente Stura (anch'esso in piena!) lo risalì per circa 2,5 km trovando la forza per danneggiare gravemente anche il ponte stradale di Belforte Monferrato. Poi - ancora gonfio di un lago - proseguì verso valle: vennero inondati campi e cascine per molti chilometri ancora sino a che l'Orba, nella sua peggiore giornata che l'uomo ricordi, si immise nel fiume Bormida ("... . A valle della confluenza dell'Orba ... la grande quantità di materiali trasportata dall'alluvionale ... ha profondamente alterato il regime del Bormida..." da D. Tropeano). In totale, il computo dei morti si attestò oltre le 100 unità.

Il disastro di Molare (EPILOGO)

Se Voi percorrete la strada provinciale che da Molare porta a Frazione Olbicella, e dopo circa 10 km immersi negli splendidi boschi di castagni e querce vi voltate verso le gole del Torrente Orba, vedrete un "rilievo mozzato": il Bric Zerbino. Lasciando la macchina in uno spiazzo scenderete verso il greto del fiume, e vi troverete al cospetto di quello che un tempo era la Sella Zerbino. Verso monte vedrete invece una nuova piccola diga a scivolo che consente una limitatissima produzione energetica ad opera della ricostruita centrale elettrica. Guaderete invece il fiume per risalire il tratto di meandro ormai amputato. In esso un ruscello, il Rio delle Brigne, svogliatamente lo percorre in senso opposto rispetto ad un tempo, per raggiungere l'attuale corso del torrente Orba. Dopo qualche centinaio di metri lascerete l'ex alveo fluviale e per mezzo di un sentierino raggiungerete (alcune decine di metri più in alto) la vecchia strada che dalla provinciale, passando sopra la diga secondaria di Sella Zerbino, raggiungeva la Diga di Bric Zerbino. Ne percorrerete l'ultimo centinaio di metri per arrivare alla casa del custode, e dopo poche altre decine di metri, ecco la Diga. Immersa nel verde, è lì, colla stessa espressione inebetita di un'altra diga ben più tragicamente famosa, come a dire: "Ma dove è finito il fiume?".
Mi fa più pena, la Diga di Molare: rimane nascosta nel meandro ormai tagliato, nascosta nel passato, "surgelata" nel tempo. Ma a pensar bene, la natura umana tende ad eliminare qualsiasi brutto ricordo. Poco importa se a perire sono 120 o 2000 persone. Siamo fatti così (discendenti delle scimmie).


Dopo pochi giorni, nelle aree devastate dall'alluvione arrivarono in parata le massime cariche dello stato: Vittorio Emanuele II ed il Segretario del Partito (Storace). I funerali avvennero d'innanzi ad un corteo di 40.000 persone e le 70 salme furono vegliate dai non più "Giovani Fascisti".
Per quanto attiene alla vicende giudiziarie che seguirono la tragedia posso spendere poche parole, già troppe volte sentite in queste occasioni. In più, la guerra incombeva e quindi c'era altro a cui pensare.

Ho notato che in molti casi l'entità della portata di un evento calamitoso è direttamente proporzionale alle fortune giudiziarie degli imputati! Più è grande la sciagura e meglio è per i colpevoli! Sembra un paradosso eppure è proprio così!
Tre esempi: il Disastro di Molare, il Disastro del Vajont e l'alluvione del '94 nel Piemonte. In tutti i tre casi, la portata dell'evento sembrò essere avulsa dall'arbitrio dell'uomo.

- Nel 1994 ci furono nel Basso Piemonte più di 60 morti per le inondazioni nel bacino del fiume Tànaro. Non mi risultano particolari cronache giudiziarie. Ciò perchè la portata dell'evento alluvionale fu troppo elevata. Poco importava se zone urbanizzate erano presenti in aree esondabili. Per chi aveva la coscienza sporca è stato meglio così. Mal comune...
- Stessa cosa nel Vajont. Un monte è caduto nel lago? E chi poteva aspettarselo!!! I colpevoli avrebbero avuto più problemi se fosse avvenuta una frana di minore entità che avesse causato magari una decina di morti sulle rive del lago.
L'entità delle precipitazioni del 1935, oggettivamente elevatissime, salvò le O.E.G.. Scarichi funzionanti o meno, comunque si sarebbe verificata la tragedia. L'incremento dell'altezza dello sbarramento 'non fu rilevante', secondo la sentenza del 1938 (al Tribunale di Torino)! Il disastro di Sella Zerbino fece però "scuola" nella giurisprudenza idraulica finalizzata alla progettazione degli scarichi per sbarramenti.
Una cosa a mio (e di Oscar Wilde) modo di vedere è sicura: «L'esperienza è il nome che si dà ai propri errori». Ma un conto è parlare di errori, e un conto è parlare dell'ABC delle 'Grandi Opere' (Avidità, Bramosia e Cupidigia).

Si parla talvolta del riutilizzo dell'invaso del Vajont (tecnicamente anti-economico e moralmente fuori luogo... così sapete cosa ne penso).
Già negli anni '80 fu redatto dagli Ing. Calvino ed Ing. Siccardi un progetto di fattibilità per il riutilizzo della diga di Bric Zerbino per mezzo della realizzazione di una diga di terra a sbarramento dell'ex-Sella Zerbino. Noto che i tempi di proposta di tali riutilizzi sono all'incirca costanti: 35 ± 40 anni dall'evento calamitoso. Forse ciò è dovuto a "ragioni biologiche": attendere insomma che le persone che sopravvissero al disastro divengano vecchie e si passi alla generazione successiva!

Per chi fosse interessato all'argomento trattato, la bibliografia dedicata è solo lontanamente comparabile a quella sul Vajont:

•  Giovanni De Luigi, "Lungo la Valle dell'Orba fino al crollo della Diga di Molare", Ed. Accademia Urbense, 1999, pp. 152, illustrazioni in b.n.

•  "MOLARE, GLI ANNI LONTANI" di Paolo Albertelli e Magda Gasparini - Ed. Pro Loco di Molare, Molare, 2002

•  "L'ENERGIA ELETTRICA", Fascicolo XII Volume II, Milano, 1925

Per quanto riguarda il materiale fotografico, essendo un evento accaduto in ore diurne esiste un ricco patrimonio di fotografie, di cui molte sono pubblicate nei libri che ho citato ed altre affiorano casualmente e saltuariamente tra la popolazione locale.

Narrata la storia e speranzoso che qualche interessato voglia fare un'escursione nel luogo del disastro, ecco alcune indicazioni (di viabilità e non).

Come raggiungere Loc. Ortiglieto:

- prendere la A26 (GENOVA - GRAVELLONA TOCE), uscire a OVADA e raggiungere l'abitato;
- procedere per MOLARE via la S.S. N. 456 (circa 4 km);
- lasciare la S.S. N. 456 (svoltando a sinistra) e prendere la S.P. per Ponzone-Morbello percorrendo un breve tratto di circa 2,5 km;
- prendere la deviazione (altra svolta a sinistra) per Fraz. Madonna delle Rocche/Fraz. San Luca/Fraz. Olbicella;
- seguire sempre tale strada (la S.P. N.207) e risalire la Valle Orba sino al bivio per Fraz. San Luca (circa 5-6 km);
- dal bivio per Fraz. San Luca procedere per poco meno di 1,5 km SEMPRE in direzione Fraz. Olbicella (NON x Fraz. San Luca... che pure è una bella località dove per la cronaca vivevano i genitori di Renzo Piano e dove lui ha una delle sue abitazioni...)
- A questo punto troverete sulla sinistra della strada un fabbricato dell'Enel o Telecom ed una mulattiera che scende verso il fiume;
- lasciate la macchina in uno spiazzo a bordo strada (proseguendo lungo la S.P. per un centinaio di metri ancora, potrete scorgere il 'nuovo' sbarramento).

Il tempo stimato dal casello autostradale alla mulattiera è di circa 40-50 min. Il percorso a piedi - di difficoltà molto contenuta - prevede:
- raggiungimento tramite la mulattiera del torrente Orba (durante la breve discesa noterete l'imbocco della galleria ancora attualmente in uso la quale raggiunge le condotte forzate della centrale elettrica che avete attraversato in macchina, poco dopo Fraz. Madonna delle Rocche);
- guado del fiume pochi metri a monte del taglio di Sella Zerbino (potrete anche andare a toccare con mano le "rocce amputate"): il guado non è complesso (vedere 'consigli');
- risalita di un breve tratto del meandro ormai inutilizzato dal torrente Orba: questo tratto potrebbe risultare vegetato (non in maniera insostenibile o impraticabile) e potrete seguire la traccia di un sentiero che dopo qualche centinaio di metri sale a raccordarsi colla vecchia strada che portava alla diga (la vedrete distintamente a mezza altezza di Bric Zerbino). Raggiungimento della vecchia strada, ed arrivo alla casa del custode ed alla diga.

•  CONSIGLI: scegliete i periodi dell'autunno inoltrato (Ottobre/Novembre) e della prima primavera (Marzo/Aprile, inizio Maggio) perchè come si può immaginare, l'area è molto vegetata. Inoltre il raggiungimento della diga comporta il guado a piedi del torrente Orba: ciò risulta facile (ma non andateci con mocassini o i tacchi...), compatibilmente con il regime idrico del torrente. La durata della scarpinata è di circa 30-35 minuti. Alla fine se ne andranno un paio d'orette, tra una sosta e l'altra.
Una volta rientrati alla vettura, potrete decidere se ritornarvene da dove siete venuti, oppure continuare a risalire la Valle Orba. Frazione Olbicella è una località immersa in una natura ancora incontaminata (e c'è pure un'ottima locanda!). Per chi proviene dalla direzione Genova, consiglio di procedere oltre Fraz. Olbicella sino ad arrivare (3-4 km a monte) a Tiglieto dove sorge la prima abbazia cistercense italiana. Da Tiglieto potrete raggiungere l'autostrada A26 all'altezza di Masone procedendo in direzione Rossiglione.

          •  Un saluto, Vittorio Bonaria, Molare (Al)


Il racconto di questa pagina è di Vittorio Bonaria, un cittadino Molarese

Racconto postato originariamente in tre "puntate" sul forum (oggi scomparso, censurato) di http://www.vajont.net il 29-07-2004 e da me ripreso volentierissimo su questo sito «VAJONT», col consenso e la collaborazione attiva di Vittorio, che ringrazio.
Puoi vedere il nuovo sito che questo racconto ha fatto nascere, cliccando qui:

www.molare.net

Tiziano dal Farra, 08 Ottobre 2004 (webmaster).


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