Archivi e documentazione

Per un archivio diffuso del Vajont.

Inventari e documenti degli archivi del processo penale e della Commissione parlamentare d'inchiesta

Saggio di Maurizio Reberschak. Parte prima.

La documentazione processuale

In seguito all'autorizzazione concessa per la prima volta per motivi di ricerca storica da parte del Presidente del Tribunale de L'Aquila a consultare la documentazione processuale sul Vajont, nel settembre 2002 chi scrive ha provveduto ad effettuare direttamente un primo sopralluogo e una iniziale consultazione dei documenti. Si è potuta eseguire una ricognizione completa, necessariamente sommaria all'approccio, sull'intera mole delle carte, nonchè una serie di studi diretti sui documenti del processo: questo impatto ha confermato e avvalorato quanto già si poteva conoscere e intuire sull'eccezionale importanza della documentazione raccolta nelle fasi processuali.

L'intera documentazione si compone di cinque sezioni di archivio:

- 1) i documenti predisposti dal Giudice istruttore di Belluno Mario Fabbri nella fase istruttoria (l'istruttoria formale, seguita all'istruttoria sommaria apertasi subito dopo il disastro del 9 ottobre 1963, durò dal 15 febbraio 1964 al 21 febbraio 1968);

- 2) i documenti raccolti dal Tribunale de L'Aquila in sede di svolgimento processuale di primo grado (dal 25 novembre 1968 al 17 novembre 1969);

- 3) i documenti messi insieme dalla Corte di appello de L'Aquila per il processo di secondo grado (dal 20 luglio al 3 ottobre 1970);

- 4) la documentazione provenuta dai sequestri operati dal Procuratore della Repubblica di Belluno Arcangelo Mandarino e dal Giudice istruttore Fabbri presso la Sade, il Ministero dei lavori pubblici, il Genio civile di Belluno, l'Enel, ecc. (a partire dal 12 ottobre 1963);

- 5) i fascicoli delle procedure di riconoscimento delle vittime.

Manca ovviamente la documentazione prodotta in sede di Suprema Corte di Cassazione, dove si svolse il procedimento di terzo e ultimo grado dal 15 al 25 marzo 1971, data in cui venne emanata la sentenza definitiva: quest'ultimo insieme di documenti si trova conservato naturalmente a Roma.

Si tratta complessivamente di 234 pezzi numerati, costituiti in maggior parte da faldoni o scatole di archivio. La documentazione collocata nei faldoni e nelle scatole occupa in tutto circa 40 metri lineari di scaffalature; quella sparsa e posta sopra alcune file superiori degli scaffali o in scatoloni. Vi è poi un'ulteriore documentazione sfascicolata e fuori collocazione, comprensiva della sentenza originale manoscritta (conservata negli uffici della Cancelleria penale), e di rubriche, registri, schedari, elenchi, una valigia (perlopiù collocati nei ripiani superiori delle scaffalature), lucidi, disegni, fotografie (che si presentano in quantità assai rilevante, tutti sfascicolati e posti - sarebbe meglio dire 'accatastati' - in scatole di grandi dimensioni collocate sul pavimento).
L'archivio attualmente è conservato nella stanza di un ammezzato del Tribunale dell'Aquila.

Il processo penale connesso al disastro del Vajont (9 ottobre 1963) si svolse, come noto, presso il Tribunale de L'Aquila, dove era stato trasferito per motivi di "legittima suspicione" connessa a ragioni di "ordine pubblico" dichiarata dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 715 del 10 maggio 1968: il processo quindi venne sottratto al giudice naturale e "rimesso" in sede distante, «fuori della regione veneta e di quelle limitrofe». La fase istruttoria si era tenuta nella sede naturale della procedura, a Belluno, dove il procuratore della Repubblica e il giudice istruttore avevano raccolto una mole rilevantissima di documentazione: ben 143 faldoni di documenti sottoposti a sequestro giudiziario (documenti numerati da 1 a 5202 [nota 1] ) nei confronti della Società Adriatica di Elettricità, dell'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica, del Ministero dei Lavori Pubblici, degli Uffici del Genio Civile di Belluno e di Udine, delle Prefetture di Belluno e di Udine, dei Comuni di Longarone e di Erto Casso, della Provincia di Belluno, dell'Osservatorio Geofisico di Trieste, dell'Istituto di Idraulica e Costruzioni Idrauliche dell'Università di Padova, della Società Telefonica delle Venezie [nota 2].
37 furono i faldoni di atti prodotti durante il procedimento istruttorio [nota 3], cui va aggiunta una serie di documenti rilegati in registri o inseriti in appositi raccoglitori di deposizioni, schede delle vittime, disegni, grafici, carotaggi, fotografie, ecc.

Spostato il processo a L'Aquila, il Tribunale e la Corte d'Appello produssero - per quanto di loro competenza - rispettivamente altri 18 e 9 faldoni di atti processuali. Passato il processo in terzo e definitivo grado, la sentenza della Corte di Cassazione del 25 marzo 1971 pose definitivamente fine al procedimento giudiziario in sede penale [nota 4]. Oltre il 90% della documentazione relativa al processo penale del Vajont quindi venne prodotta nella sede processuale originaria di Belluno.

Terminato l'iter giudiziario penale, la documentazione venne collocata in uno scantinato adibito ad archivio del Tribunale, in condizioni di precarietà conservativa. Molti faldoni subirono danneggiamenti provocati da umidità e infiltrazioni d'acqua, che arrecarono muffe e attecchimenti batterici e micotici. Finalmente tra il 1996 e il 1997 il cancelliere Guglielmo Grippo, che aveva seguito per dovere d'ufficio il procedimento Vajont, provvide a far trasferire la documentazione in un ammezzato del Tribunale stesso, dove tuttora si trova. Si tratta di documentazione tutta originale e in unica copia.

L'inventario sommario che si fornisce in questo saggio offre per la prima volta un quadro sullo stato della situazione dell'archivio processuale del Vajont.

La straordinaria rilevanza dei documenti è costituita dal fatto che ci si trova di fronte a un completo e integro corpo di archivio sul Vajont, costruito durante le fasi delle procedure processuali. Ma soprattutto va rilevato che la documentazione presenta un sorprendente valore sotto il profilo storico, sia perchè le carte si trovano direttamente in originale (non solo quindi nelle trascrizioni di parti di documenti inserite nelle sentenze delle varie fasi processuali), dunque con pregnanza di rilievo anche museale, sia perchè vi sono contenuti documenti che, pur costituendo evidenza sotto il profilo processuale, non confluirono nell'utilizzazione diretta delle carte fatta dai giudici per ragioni e finalità attinenti appunto alla intrinseca procedura del processo. Alcuni brevi esempi per chiarire tali aspetti:

- le migliaia di interrogatori delle parti offese, di esami dei testi, di rogatorie;
- 12 quaderni di lavoro manoscritti di Carlo Semenza sulla diga del Vajont dal 1941 al 1961;
- varie pellicole cinematografiche a passo 8 o 16 mm delle prove sul modello di Nove, delle prove della seconda perizia d'ufficio;
- le pratiche di riconoscimento delle vittime, le fotografie dei cadaveri o dei loro resti, ecc.
Tale corpo unitario e intatto di archivio è soggetto a deterioramento, a causa - come detto - della collocazione preesistente dell'archivio dalla fine dei processi (1971) sino al 1997. Risultano intaccate le carte di almeno 15 faldoni, con deperimento e parziale distruzione di alcuni documenti: questi faldoni andrebbero sottoposti a restauro il più presto possibile, pena l'irrimediabile perdita dei documenti. Per di più, le fotocopie prodotte negli anni sessanta del secolo scorso, con tecnica di riproduzione ad acido, stanno perdendo l'impressione, col conseguente pericolo di illeggibilità e progressivo dissolvimento totale della copiatura. Inoltre le immagini di copie uniche di film della Società adriatica di elettricità, di microfilm e lastre fotografiche prodotti dall'ufficio istruzione di Belluno per i lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul Vajont, di film delle prove sperimentali eseguite a Nancy dal secondo gruppo di periti giudiziali, nonchè di lastre realizzate dall'Ente nazionale per l'energia elettrica per perizie di parte, oltre ad essere rovinate, stanno perdendo l'incisione.

Tutti questi danneggiamenti non solo possono divenire irreversibili, ma presentano il pericolo di un ulteriore conseguente deperimento a catena, se non vi si ripara immediatamente per interromperne l'azione con un'adeguata opera di restauro e un idoneo intervento di salvaguardia. Si impone quindi un intervento urgente per rendere certa la conservazione di tutta la documentazione dell'archivio processuale del Vajont, ai fini della garanzia di salvezza e fruibilità storica, archivistica e museale, assicurando auspicabilmente anche il ritorno nella sede originaria di produzione dei documenti.

Va posto in evidenza che la normativa sugli archivi, comprendente anche quella degli organi giudiziari, prevede che la documentazione di merito venga versata agli archivi di Stato, che l'acquisiscono dopo 40 anni dall'esaurimento degli affari (nel nostro caso dal compimento di tutto l'iter giudiziario penale segnato dalla sentenza definitiva della Corte di cassazione del marzo 1971); tale scadenza può essere anticipata qualora «vi sia pericolo di dispersione o di danneggiamento», come si esprime l'art. 41 del Codice dei beni culturali (Dlgs 24 gennaio 2002, n. 41) recependo la precedente disposizione dell'art. 23 della Legge sugli archivi (DPR 30 settembre 1963, n. 1409, e art. 30 del testo unico sui beni culturali Dlgs 20 ottobre 1999, n. 490).

Date quindi la situazione reale e obiettiva di danno dei documenti e la straordinarietà della vicenda Vajont, non è ipotesi irreale pensare che potrebbero essere avviate iniziative idonee da un lato a fare tornare l'archivio processuale del Vajont nella sua sede "naturale" di origine - alla quale appunto era stato sottratto con la "remissione" del processo da Belluno a L'Aquila, come detto - e dall'altro lato ad anticipare i tempi previsti dalla normativa, magari con il versamento o il deposito dell'archivio in una sede appropriata e prevista istituzionalmente: in questo caso l'Archivio di Stato di Belluno potrebbe esercitare la sua competenza, fornendo tutte le garanzie per la conservazione, tutela, salvaguardia e fruibilità della documentazione.

L'archivio processuale del Vajont dunque, una volta riacquisito nella sua "sede naturale", potrebbe essere sottoposto ad opera di restauro e inventariazione, mettendo così i documenti a disposizione degli studiosi: storici, giuristi, geologi, ingegneri, geofisici, economisti, ecologisti, ecc., potrebbero accedere a carte preziosissime per la conoscenza non solo della vicenda Vajont, ma anche per tipologie di studi generali in cui il Vajont si inquadra.

Tutti i documenti poi andrebbero inseriti in supporto informatico ai fini di una completa sicurezza di conservazione, di un'ulteriore garanzia di intangibilità delle carte, di migliore fruibilità nelle consultazioni.

Si dovrebbe infine recuperare la documentazione processuale in sede di Corte di cassazione, che, data la configurazione di questo organo della Magistratura, non potrebbe essere acquisita altro che su supporto informatico, poichè istituzionalmente la documentazione della Cassazione non può essere versata che all'Archivio centrale dello Stato che ha sede a Roma: difficilmente potrebbero essere concesse deroghe a questa disposizione normativa, in quanto costituirebbero una violazione dell'integrità e dell'unitarietà archivistica della documentazione della Cassazione stessa. Mentre infatti in sede di Tribunale de L'Aquila l'archivio processuale del Vajont rappresenta un corpo archivistico unitario e a sè stante, come si è detto, in sede di Cassazione la documentazione relativa al Vajont si presenta come una parte di un diverso corpo archivistico unitario di sezione nell'ambito dell'intero Archivio della Cassazione.

La mancata valorizzazione di questa documentazione e, ancor più, la deprecabile possibile perdita anche di una sola parte di essa dovuta ai danni subìti, i cui effetti però potrebbero moltiplicarsi, costituirebbe un'irrimediabile smarrimento della memoria e della cultura storica del Vajont, testimoniate in modo esclusivo da questa documentazione.

Recupero, salvaguardia, conservazione, valorizzazione dell'archivio processuale del Vajont significherebbe un doveroso e dovuto risarcimento alla memoria storica delle popolazioni colpite dal disastro che provocò 1.910 vittime.

Maurizio Reberschak

[Documentazione] [Commissione] [Inventario] [Verb. Cini] [Audiz. Sullo] [Protagonisti]

[consultazione facilitata Note (doc. integrale), aprendo questa finestra]

NOTE

Nota 1. Si riscontrano alcune interruzioni nella numerazione dei documenti, dovute probabilmente da una parte alla necessità della cancelleria istruttrice di predisporre serie numeriche compatte per acquisizioni archivistiche sequestrate, dall'altra al riaccorpamento di alcuni blocchi di documenti in buste diverse da quelle originali: dal 2480 si passa al 4000, dal 4672 al 4700, dal 4757 al 4800, dal 4914 al 4950, dal 4982 al 5000.
Per le medesime ragioni si verifica un salto nella numerazione delle buste, che passa dal numero 85 al 100. Vi sono altresì alcune buste numerate prive di contenuto (buste 64, 65, 74, 75): la documentazione venne accorpata in altre buste (buste 1, 5) per finalità processuali.

Nota 2. Molte di queste buste risultano essere quelle originali di istituzioni, enti, società presso cui vennero operati i sequestri; in tali casi anche le etichette e le indicazioni scritte sui dorsi sono quelle originali di provenienza. Per l'utilizzazione processuale di questi documenti si veda l'indice compilato dal giudice istruttore Fabbri: ARCHIVIO DEL TRIBUNALE DE L'AQUILA (ATLA), Processo Vajont (PV). Ufficio istruzione, Indice atti istruttoria.

Nota 3. Manca la busta 10.IV, concessa in deposito al Comune di Longarone.

Nota 4. Sull'iter giudiziario del processo penale del Vajont cfr. F. ZANGRANDO, Il lungo viaggio attraverso la colpa, in M. REBERSCHAK, Il Grande Vajont, Verona 2003, pp. 209-250. Le tappe sono scandite dalle sentenze:

PROCURA DELLA REPUBBLICA. BELLUNO, Requisitoria nel procedimento penale contro Biadene Alberico, Pancini Mario, Frosini Pietro, Sensidoni Francesco, Batini Curzio, Penta Francesco, Greco Luigi, Violin Almo, Tonini Dino, Marin Roberto, Ghetti Augusto, Il pubblico ministero Arcangelo Mandarino, Belluno 22 novembre 1963, n. 818/63 P.M., n. 85/64 G.I.;

REPUBBLICA ITALIANA. Sentenza del giudice istruttore presso il Tribunale di Belluno nel procedimento penale contro Biadene Alberico, Pancini Mario, Frosini Pietro, Sensidoni Francesco, Batini Curzio, Penta Francesco, Greco Luigi, Violin Almo, Tonini Dino, Marin Roberto, Ghetti Augusto, Il giudice istruttore Mario Fabbri, Belluno 20 febbraio 1968, n. 85/64 R.G.;

REPUBBLICA ITALIANA. TRIBUNALE DELL'AQUILA, Sentenza nella causa penale contro Biadene Alberico, Frosini Pietro, Sensidoni Francesco, Batini Curzio, Violin Almo, Tonini Dino, Marin Roberto, Ghetti Augusto, Presidente Marcello Del Forno, L'Aquila 17 dicembre 1969, depositata 20 aprile 1970, n. 104/68 Reg. Gen.;

REPUBBLICA ITALIANA. CORTE DI APPELLO DE L'AQUILA. SEZIONE PENALE, Sentenza nella causa penale a carico di Biadene Alberico, Violin Almo, Sensidoni Francesco, Frosini Pietro, Tonini Dino, Marin Roberto, Ghetti Augusto, Presidente Bruno Fracassi, L'Aquila 3 ottobre 1970, depositata 5 gennaio 1971, n. 288/70;

REPUBBLICA ITALIANA. LA CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE. SEZIONE IV PENALE, Sentenza nel ricorso proposto da Biadene Alberico, Frosini Pietro, Sensidoni Francesco, Violin Almo, Pubbblico Ministero, Ente nazionale per l'energia elettrica (E.N.E.L.), Avvocatura generale dello Stato, Presidente Giovanni Rosso, Roma 25 marzo 1971, depositata 20 luglio 1971, n. 31/1971.

Nota 5. SENATO DELLA REPUBBLICA. ARCHIVIO STORICO, Guida all'Archivio storico del Senato, Roma-Soveria Mannelli 2003; Repertorio delle Commissioni parlamentari d'inchiesta (1948-2001), Roma-Soveria Mannelli 2001 n.e., www.senato.it/ArchivioStorico/index.htm

6. SENATO DELLA REPUBBLICA. ARCHIVIO STORICO, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont. Inventario e documenti, Roma-Soveria Mannelli 2004.

7. P. CARUCCI, Le fonti archivistiche. Ordinamento e conservazione, Roma 1983, pp. 171-172, 194-195.

8. E. LODOLINI, Archivistica. Principi e problemi, Milano 2002 1°, p. 248.9. L'assenza di tale apparato storiografico costituisce forse un limite dell'inventario dell'archivio della Commissione parlamentare d'inchiesta sul Vajont, che privilegia l'aspetto tecnico archivistico su quello di inquadramento storico.

10. Fecero parte della Commissione 30 parlamentari, oltre al senatore democristiano Leopoldo Rubinacci, che venne nominato extra numero congiuntamente dai presidenti delle Camere: i senatori Ajroldi, De Luca, De Unterrichter, Genco, Oliva (sostituito poi da Lo Giudice), Vecellio per la Democrazia cristiana, Scoccimarro (nominato vicepresidente), Gaiani, Gianquinto, Vidali per il Partito comunista italiano, Bonacina, Ferroni per il Partito socialista italiano, Basso (poi sostituito da Zannier) per il Partito socialdemocratico italiano, Veronesi (nominato segretario) per il Partito liberale italiano, di Crollalanza per il Movimento sociale italiano, e i deputati Fortini (nominato vicepresidente), Bressani, Corona (sostituito poi da Baroni), Degan, Dell'Andro, Foderaro per la Dc, Alicata, Busetto, Vianello per il Pci, Mosca (nominato segretario) per il Psi, Luzzatto (poi sostituito da Curti) per il Partito socialista italiano di Unità proletaria, Zuccalli per il Psi-Psdi unificato, Biaggi (sostituito poi da Catella) per il Pli, Covelli per il Movimento sociale - Alleanza nazionale.
L'ufficio di segreteria venne assegnato a Gaetano Gifuni.
(ARCHIVIO STORICO DEL SENATO [ASS], Commissione parlamentare d'inchzesta sul disastro del Vayont [CPIDV, b. 1, fasc. 1.2., sfasc. 1.2.1.;
SENATO DELLA REPUBBLICA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont, Legge 22 maggio 1964, n. 370. Relazione finale. Comunicata alla Presidenza delle Camere il 15 luglio 1965, Documento n. 76-bis, Roma 1965, pp. 1, 17, 21;
CAMERA DEI DEPUTATI IV LEGISLATURA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont, Legge 22 maggio 1964, n. 370. Relazione finale. Comunicata alla Presidenza delle Camere il 15 luglio 1965, Documento XVII n. 1-bis, Roma 1965, pp. 1, 17, 21;
SENATO DELLA REPUBBLICA. ARCHIVIO STORICO, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont).

11. SENATO DELLA REPUBBLICA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont, p. 9.

12. Le precedenti commissioni bicamerali erano state istituite per le inchieste sul comportamento degli organi della pubblica amministrazione in ordine alla "Anonima banchieri" (1. 18 ottobre 1958, n. 943) e sulla mafia in Sicilia (1. 20 dicembre 1962, n. 1720).

13. SENATO DELLA REPUBBLICA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont, p. 10.

14. Ordinanza del giudice istruttore Mario Fabbri, Belluno 8 settembre 1964 (ASS, CPIDV, b. 1, fasc. 1.2., sfasc. 1.2.22.; SENATO DELLA REPUBBLICA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vayont, p. 14; M. FABBRI, Processo penale e inchiesta parlamentare. Rapporti, interferenze, conflitti tra autorità giudiziaria e commissione, in REBERSCHAK, Il Grande Vajont, p. 177).

15. Ivi, pp. 168-207.

16. SENATO DELLA REPUBBLICA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont, pp. 17-20.

17. Ivi, p.24.

18. SENATO DELLA REPUBBLICA. IV LEGISLATURA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont. Prima relazione. Comunicata alle Presidenze delle Camere l'11 maggio 1965, Documento n. 76, Roma 1965.

19. Erano stati ascoltati Giuseppe Samonà, incaricato dal Ministero dei lavori pubblici di redigere il piano comprensoriale del Vajont, Danilo De' Cocci sottosegretario ai lavori pubblici, i sindaci di Longarone, Erto Casso, Castellavazzo e di altri comuni della vallata del Piave, della val Belluna, della val Cellina e della piana friulana sottostante tale valle interessati dal piano comprensoriale; i presidenti delle amministrazioni provinciali di Belluno e di Udine, il presidente e l'assessore all'urbanistica della Regione Friuli-Venezia Giulia, i prefetti di Belluno e di Udine, il responsabile dell'Ufficio per il coordinamento degli interventi nell'area del Vajont, il presidente del Magistrato alle acque di Venezia, il responsabile del Provveditorato alle opere pubbliche di Trieste, gli ingegneri capo del Genio civile, i responsabili degli Uffici tecnico-erariali e gli intendenti di finanza di Belluno e di Udine, il dirigente dell'Ispettorato dipartimentale delle foreste di Udine, il dirigente del Centro di progettazione e costruzioni del Compartimento Enel delle Venezie (ASS, CPIDV, b. 1, fasc. 1.9.; SENATO DELLA REPUBBLICA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont, p. 20).

20. ASS, CPIDV, b. 4, fasc. 4.15., Processo verbale 7 maggio 1965, n. 17, p. 8-11.

21. Ivi, b. 4, fasc. 4.18., Processo verbale 18 maggio 1965, n. 20, p. 2.

22. Ivi, b. 4, fasc. 4.19., Processo verbale 20 maggio 1965, n. 21.

23. Rispettivamente Terenzio Arduini, Rino Zoldan, Giovanni De Damiani.

24. Domenico Caruso e Francesco Vecchi.

25. Giovanni Padoan.

26. Roberto Marin. Questi non risutava ancora formalmente inquisito.

27. Giacomo Baroncini.

28. Ivi, b. 4, fascc. 4.19.-4.24., Processi verbali 20, 25, 26, 28 maggio 1965, nn. 21-26; SENATO DELLA Repubblica, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont, pp. 22-24. La Commissione invece rinunciò per ragioni di indisponibilità a procedere alle audizioni del ministro dei lavori pubblici in carica Giuseppe Mancini e dei presidenti delle amministrazioni provinciali di Belluno e di Udine.

- 29. 19 voti favorevoli e 8 contrari (i comunisti Busetto, Gaiani, Gianquinto, Lizzero, Scoccimarro, Vianello, Vidali, e il socialista Bonacina) (ASS, CPIDV, b. 4, fasc. 4.29., Processo verbale 13 luglio 1965, n.32, pp. 14-15; SENATO DELLA REPUBBLICA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont, p. 26).

30. Ivi, Allegato 1. Relazione di minoranza presentata dagli onorevoli Busetto, Vianello, Gaiani, Lizzero, Gianquinto, Vidali e Alicata, pp. 1-33;
Allegato 2. Relazione di minoranza presentata dagli onorevoli Bonacina e Ferroni intorno alle cause e alle responsabilita del disastro, pp. 1-10.

31. Ivi, pp. 178-180.

32. Ivi, Allegato 1, pp. 24, 27.

33. L'elenco completo dei documenti acquisiti agli atti della Commissione e riportato nella relazione finale: SENATO DELLA REPUBBLICA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont, pp. 27-44.

34. Ivi, p. 26.

35. A tale proposito va notato che l'on. Busetto dichiarò «di non sentirsi vincolato alla segretezza della documentazione in suo possesso e di assumersi la completa responsabilità dell'uso che egli riterrà di fare della documentazione stessa» (ASS, CPIDV, b. 4, fasc. 4.29., Processo verbale 13 luglio 1965, n. 32, p. 16).

36. Riunioni del 14 e 31 luglio, 16 settembre 1964 (cfr. SENATO DELLA REPUBBLICA, Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont, pp 9, 17).

37. Riunione dell'8 luglio 1965 (cfr. Ivi, p. 25).

38. Va corretta quindi l'indicazione riportata nell'inventario dell'archivio della Commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro del Vajont (p. 15-16) di verbali di riunioni della Commissione, in quanto si tratta appunto di verbali dei gruppi di lavoro indicati.

39. Mancano quelli della prima (25 settembre 1964) e della maggior parte delle ultime riunioni (28 gennaio; 3, 11, 12 febbraio; 17 marzo 1965).

40. L'ipotesi è avvalorata dal fatto che i verbali esistenti del terzo e quarto gruppo sono tutti stenografici e non sommari.

41. ASS, CPIDV, b. 11, fascc. 11.3, 11.4.